È una fatica del Diavolo far stare zitto il Papa emerito
Articolo tratto dal numero di febbraio 2020 di Tempi. Questo contenuto è riservato agli abbonati: grazie al tuo abbonamento puoi scegliere se sfogliare la versione digitale del mensile o accedere online ai singoli contenuti del numero.
Mio caro Malacoda, questa volta abbiamo perso. Non dico che di tutto il polverone che abbiamo sollevato non rimarrà nulla. Però agli atti per chi volesse mai controllarli, resterà registrata la nostra sconfitta. So che sono pochi coloro che si interessano ai fatti, che andranno a vedere le carte, ma lì, nero su bianco, scripta manent.
Di che cosa parlo? Del libro sul sacerdozio cattolico scritto a quattro mani dal cardinale Robert Sarah e da Benedetto XVI, alias Joseph Ratzinger. E dire che ci eravamo impegnati sul serio questa volta, usando teste di legno insospettabili.
Un po’ di cronaca per rinfrescarti la memoria. Su un quotidiano francese, Le Figaro, esce un’anticipazione del libro in questione. I due autori, è la tesi dell’articolo, o quantomeno dei resoconti dei giornali italiani che lo rilanciano, sono preoccupati per il recente Sinodo sull’Amazzonia e per la proposta di ordinare sacerdoti uomini sposati pur se di provata fede e moralità, fanno uscire allora questo libro che sostiene a spada tratta la necessità del celibato per i preti, ma lo fanno – dicono i critici e i sospettosi – con tempismo sospetto, per far pressione cioè su papa Francesco che deve ancora pubblicare la sua esortazione apostolica post-sinodale, il documento che farà testo. A questo punto entriamo in azione noi: bisogna distogliere l’attenzione dal contenuto del libro e concentrarla sulla sua forma e sui due autori.
Per uno, il cardinale Sarah, il gioco è facile: conservatore, antibergogliano, complottista.
Per il secondo la questione è più difficile e delicata. Qui agiamo su due fronti: scateniamo gli antiratzingeriani storici e la bassa manovalanza. E questi ci vanno giù duro: il Papa emerito deve stare zitto, anche perché ha passato i novanta e non ci sta più con la testa, non siamo neanche sicuri che il testo sia suo. Ovviamente scateniamo anche i pasdaran tradizionalisti che arrivano a titolare che Benedetto XVI con il suo contributo alla discussione sul sacerdozio non dà un consiglio ma “un ordine” a papa Francesco.
A questo punto la miccia è innescata. Tutti parlano di “due papi”, incuranti di quanto scrivono i due autori sull’«atteggiamento di filiale obbedienza a papa Francesco», anche se è chiaro che il Papa è uno solo (nessuno ha mai detto che Milano o Torino hanno due arcivescovi perché i rispettivi emeriti sono ancora vivi), si parla dell’impossibile convivenza tra i due e della necessità di ridurne uno (il più anziano) al silenzio.
C’è chi lo fa con la stessa raffinatezza con cui dava del «pastore tedesco» a Benedetto XVI il giorno della sua elezione e chi, con apparente distacco, solleva la questione teologico-pastorale-canonica, cioè di normare, di fissare precisi paletti, per la libertà di espressione del Papa emerito. Insomma, bisogna trovare i modi per farlo stare zitto come d’altronde aveva promesso all’atto della sua rinuncia.
A parte la singolare concezione di libertà d’espressione che traspare da queste posizioni, libertà che è in stretta connessione con quella di coscienza e con la libertà religiosa solennemente proclamata dal Concilio Vaticano II, stupisce come nessuno, anzi pochi, abbia ricordato che cosa disse veramente Benedetto XVI in quell’occasione. Non parlò affatto di “silenzio”, disse invece: «Continuerò ad accompagnare il cammino della Chiesa con la preghiera e la riflessione».
E già qui cade la prima accusa di incoerenza: «Aveva promesso che sarebbe stato zitto», abbiamo fatto dire ai suoi detrattori. No, ha appurato chi ha ancora il vizio di andare alle fonti, ha detto che ci avrebbe ancora fatti partecipi delle sue riflessioni sulla Chiesa. Sta tenendo fede alla parola data.
Ma i grandi giornali, evidentemente imbeccati dalla medesima fonte, non ci stanno e non potendo insistere sul concetto di testo apocrifo e sulla demenza senile di Benedetto XVI attaccano l’anello debole della catena: il cardinale Sarah. Ha ingannato l’emerito, ha preso un suo testo, l’ha infilato in un suo libro e ha firmato il tutto a quattro mani senza farlo rivedere al coautore. Sarah non ci sta, pubblica la corrispondenza avuta con Benedetto in merito, ma gli credono in pochi, anche perché una fonte autorevolissima, il segretario di Benedetto XVI, nonché prefetto della casa pontificia, monsignor Georg Gänswein, dichiara che sì il contributo di Benedetto è effettivamente di Benedetto, che sì sapevamo che sarebbe finito in un libro, ma di quel libro non avevamo visto la copertina a doppia firma e quindi quella del Papa emerito verrà ritirata.
Tutti ci hanno creduto, anche se, io che ho visto le bozze dell’edizione italiana, e nelle bozze c’è il frontespizio che riporta esattamente quanto scritto in copertina, la doppia firma l’ho vista, c’è anche sotto l’introduzione e la conclusione, ed è difficile credere che un professore come Joseph Ratzinger, così attento ai suoi scritti tanto da averne rifiutato uno quando ha saputo che faceva da prefazione a un libro tra i cui autori ne appariva uno a lui non gradito, non abbia rivisto le bozze.
Comunque, ed è qui la nostra sconfitta, prima ci ha pensato Benedetto XVI ricevendo in udienza il presunto ingannatore, Robert Sarah; poi l’editore italiano ha mandato alle agenzie un comunicato stampa: «L’Introduzione e la Conclusione sono state scritte dal Cardinale Robert Sarah e sono state lette e condivise dal Papa emerito Benedetto XVI», il libro uscirà con i due nomi in copertina. Non cercate questo annuncio sui grandi giornali, non l’hanno pubblicato. Almeno questo risultato l’abbiamo ottenuto.
Detto tutto ciò: qualcuno sa che cosa ha detto Benedetto XVI sul sacerdozio e sul celibato? No. Io sì, ma nessuno mi strapperà una parola. Non resta che comprare il libro, certo arrivare a cinque milioni di tiratura dei quotidiani italiani sarà difficile, ma chi vuole la verità deve sudarsela.
Tuo affezionatissimo zio
Berlicche
Foto Ansa
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