«Se fosse introdotto il reato di tortura allora dovremmo abrogare il 41 bis, il cosiddetto carcere duro: come la mettiamo?». Inizia così oggi sulla prima pagina di Libero un articolo di Filippo Facci. Il giornalista rileva come l’ampio schieramento che ha applaudito alla decisione della Corte Europea di condannare l’Italia faccia poi passare sotto silenzio la più macroscopica delle situazioni di tortura oggi presenti nel nostro paese: quella che si verifica nelle nostre carceri, da anni malate di sovraffollamento. E, infatti, ricorda Facci, la stessa Corte ha già condannato l’Italia per il 41 bis e ormai non si contano più le denunce che da diverse parti si levano per la tragica situazione dei nostri penitenziari, dove, si ricordi, ai detenuti dovrebbe essere proposto un percorso di riabilitazione, non inflitta una pena aggiuntiva a quella stabilite dal tribunale.
CUSTODIA CAUTELARE. Da quando nel 1988 l’Italia firmò la Convenzione Onu contro la tortura si parla di una legge che la definisca e la regolamenti (anche in questi giorni si parla di un testo all’esame del parlamento, l’ennesimo, che forse farà la fine degli 87 precedenti). Che l’Italia arrivi a una legge è auspicabile, ma che non sia solo «una legge contro la polizia», come titola oggi Il Foglio, è un’accortezza che deve essere tenuta ben presente. Perché oggi, sebbene sia sotto gli occhi di tutti, nessuno vuole ammettere che le forme più consuete di «tortura legalizzata» avvengono all’interno delle carceri italiane e attraverso l’uso sistematico della carcerazione preventiva che, in verità, dovrebbe essere un rimedio straordinario e raro nei confronti degli indagati. Invece, dai tempi di Mani pulite ad oggi, la custodia cautelare – soprattutto nei casi che destano clamore mediatico – è sempre più stata utilizzata come una forma di pressione per estorcere confessioni e informazioni. E non è tortura, questa?
Foto carcere da Shutterstock