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Due saggi sulla bellezza e su come difenderla

Riflessioni sul nostro Paese come «civiltà della bellezza» e «patrimonium». I contributi di Aldino Cazzago e Tiziana Zanetti

Giuseppe Reguzzoni
19/11/2022 - 6:23
Cultura
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Piazza del Campo a Siena

Sarà che i due saggi sono arrivati lo stesso giorno, sarà che i temi trattati sono «contigui» –  dato che nell’uno e nell’altro ne va della bellezza come necessità: sul piano dei principi il primo, su quello della sua difesa normativa, il secondo – mi è venuto quasi spontaneo riprenderli insieme in questo invito alla lettura.

Brevi itinerari nella bellezza

Il primo volumetto (Brevi itinerari nella bellezza, Archa, Trento 2022, 100 pp, euro 9) ha come autore Aldino Cazzago, esperto di teologia orientale, e raccoglie alcuni brevi contributi, tutti intessuti di colte e finissime di citazioni, tenute insieme dalla constatazione, riflessa e costante, che l’essere umano ha bisogno della bellezza, in tutte le sue forme. Così, sin dalle prime pagine, all’umanità profonda di un canto Navajo, segue l’affermazione di Nikolaj Berdjaev: «La bellezza non è solo lo scopo dell’arte, essa è anche lo scopo della vita. E il fine ultimo non è la bellezza come valore culturale, ma la bellezza come essere realmente esistente, cioè la trasformazione belle brutture caotiche del mondo nella bellezza del cosmo…».

Non poteva quindi mancare, subito dopo un riferimento all’arte delle icone, nello specifico alla «Trinità» di Andrej Rublëv e, nell’ultima parte del saggio, alla tradizione artistica del Carmelo, su cui l’Autore ha pubblicato in passato pregevoli saggi.  D’altra parte, poiché la bellezza ha sempre una connotazione storica, l’osservazione, riportata dalla testimonianza di artisti stranieri viventi in Italia, sul nostro paese come «civiltà della bellezza», ma già esposta nel Viaggio in Italia di Simone Weil, porta ad andare oltre la semplice eredità del passato e a interrogarsi sulla situazione presente.

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Brevemente, ma non senza che passi inosservato, l’Autore ne cita una delle condizioni: «Agli inizi del XV secolo a Siena, quando un nuovo edificio veniva ad affiancarsi a uno di più antica costruzione, gli “ufficiali dell’ornato” avevano il compito di valutare il decoro estetico, civile e urbano che sarebbe risultato all’insieme del paesaggio una volta terminata la nuova costruzione».  Ancora all’inizio degli anni Trenta del secolo scorso, Marc Chagall «fu colpito dalla “virtù armonica” che lega arte e paesaggio italiano». Qualcosa qui è venuto meno, prima nella coscienza culturale, poi in quella normativa, anche se, di recente, non sono mancate proposte, in parte accolte, di modifica dei fondamenti costituzionali della tutela del patrimonio artistico e paesaggistico, come unità inseparabile.

Il Diritto e il Rovescio dell’arte

Ed è qui che arriva il secondo saggio, interamente dedicato alla tutela del patrimonio culturale sul piano normativo: Il Diritto e il Rovescio dell’arte. Come una premessa (Trararitipi, Varese 2020, 115 pp, euro 18) la cui autrice, Tiziana Zanetti, è una studiosa di diritto dell’arte e dei beni culturali, con importanti collaborazioni con magistrati e studi legali nella tutela del patrimonio culturale.

La «premessa», pre-giuridica, è che «l’arte è responsabilità. Verso il passato, il nostro, quello dei nostri antenati ma anche quello dei nostri cari più vicini (…): un complesso non solo di beni materiali, ma di valori, ideali, sentimenti, spesso inesauribili, che in essi si condensano e li accompagnano resistendo ai traumi del tempo, del reale. Come se ci fosse una possibilità di sopravvivenza. Non riesco a pensare a nulla di più potente». Il concetto giuridico cui può richiamarsi questo «complesso» è quello, antichissimo, di «patrimonium», che è uno dei fondamenti del diritto romano, con una lunga tradizione di riflessione normativa che, peraltro, necessita di adeguarsi alle specifiche e nuove esigenze di questa problematica.

Nei capitoli successivi, rigorosi e pur scritti in uno stile accattivante, sono affrontati alcuni snodi giuridici essenziali del diritto dei beni culturali: i fondamenti costituzionali, la necessità di un albo di periti, la valutazione – anche economica – delle opere d’arte, la loro trasferibilità, la figura del «collezionista», gli aspetti penali (con un’interessante intervista al magistrato Annalisa Palomba), e tanto altro. Arricchiscono il testo passi significativi di autori che hanno accostato il diritto dei beni culturali in una prospettiva interdisciplinare (la stessa che attraversa tutto il saggio), come l’importante intervento di Fabio Perrone, esperto di strumenti musicali e “cacciatore” di Stradivari rubati.

Soprattutto, e sempre con un pizzico di ironia, non manca mai il richiamo al nesso tra diritto ed esperienza, che aiuta il lettore a cogliere il «perché» il patrimonio della bellezza artistica debba e possa essere difeso e promosso. E, qui, leggiamo con commozione il volto più personale della «premessa», quando l’Autrice ricorda la sua scoperta che il mondo dei pescatori del lago di Varese, a cui appartiene la sua famiglia, è anch’esso «patrimonium», bene culturale, dato che quest’ultimo «non è costituito solo da opere “maggiori”, ma da “testimonianze aventi valore di civiltà”», dove le generazioni si incontrano e il presente può ritrovare una sua armonia con il passato e la tradizione. Insomma, anche il diritto ha bisogno di ragioni, e di ragioni vive.

E a me, che leggo queste pagine «giuridiche», dopo quelle «teologiche» di Aldino Cazzago, tornano alla mente le parole di Berdjaev, e con esse la necessità di rifondare continuamente la «civiltà della bellezza», perché essa non rimanga un tema solo erudito e museale, ma torni a parlarci e a conferire un suo «ordine», in senso agostiniano, al nostro modo di vivere, come persone e come società.

Tags: andrej rublevMarc ChagallSimone Weil
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