La preghiera del mattino

Draghi non si muove da Palazzo Chigi. Il centrodestra cosa dice?

Il presidente del Consiglio, Mario Draghi

Il presidente del Consiglio, Mario Draghi

Su Atlantico quotidiano Federico Punzi scrive: “Insomma, Draghi ha provato ad andarsene, ma accettando di essere rimandato davanti alle Camere per la verifica, di fatto ha concesso ai suoi carcerieri, Mattarella e Pd, altri cinque giorni – i tempi supplementari – che questi useranno per inchiodarlo alla croce che dovrà portare fino a fine legislatura. Sempre secondo Breda, il presidente della Repubblica gli avrebbe detto: «Qualunque cosa succeda, tu da Palazzo Chigi non ti muovi. Ci siamo capiti?». Dunque, alla fine l’iter della crisi sembra essere stato concertato tra il Quirinale, Palazzo Chigi e il Nazareno. Già in Cdm, infatti, annunciando l’intenzione di rassegnare le dimissioni, dunque ancor prima di vedersele respinte dal presidente Mattarella, Draghi ha anticipato ai suoi ministri che avrebbe riferito mercoledì alle Camere, segno evidente che il percorso dimissioni-respinte-verifica era già stato concordato”.

Lo scenario descritto da Punzi è altamente credibile: l’accrocchio di sfibrati poteri italiani e solide influenze straniere che ispira il Quirinale, senza dubbio, pensa di tener in piedi un governo fino al 2023, magari alimentando un’opposizione di sinistra d’ispirazione filocinese (l’asse Beppe Grillo-Massimo D’Alema) che  costringa e consenta di fare una serie di governi tecnico-abborracciati anche nella prossima legislatura. Si realizzerà così completamente il disegno di Giorgio Napolitano, raccolto da Ugo Zampetti via il suo “ispirato” Sergio Mattarella, di far riposare il più a lungo possibile la democrazia italiana.

Su Affari italiani Luigi Bisignani dice: “In un paese normale si andrebbe subito al voto. In Francia hanno votato tre volte in poche settimane e la guerra è una scusa che non regge. Basta. Ora basta. Ma l’Italia è un paese finto. Cercheranno una soluzione per tirare a campare anche se Draghi è stanco di fare il premier di una maggioranza che litiga su tutto. Si è messo pure a raccontare barzellette che non fanno ridere, non essendone capace. L’ipotesi più probabile è un governo Franco che porti il paese al voto in ottobre. Ma, ripeto, non ci sarebbero dubbi se il centrodestra si svegliasse. E invece dorme in piedi”.

Bisignani ha perfettamente ragione. Il centrodestra dovrebbe rivolgere un appello alla società italiana e alle forze di centrosinistra non filocinesi per un accordo quadro su Pnrr, guerra in Ucraina e rapporti con Bruxelles che facesse da cornice a politiche che poi non potranno che essere alternative tra popolar-conservatori e radical-socialdemocratici. E quindi marciare speditamente per elezioni per il 2 ottobre.

Su Dagospia da un articolo di Federico Geremicca per la Stampa: “La direzione e lo stile di Letta invece non cambiano, fedeli ad un’impostazione che ha fin qui prodotto vittorie elettorali ed una nuova centralità. Sono bastate poche mosse: ancorare il Pd a Draghi senza ambiguità e nostalgie giallorosse, farne il ‘partito garanzia’ della stabilità ed evitare polemiche e fughe in avanti, limitandosi ad aspettare gli errori degli avversari.

La rielezione al Quirinale di Sergio Mattarella è stato il miglior esempio di questo stile da ‘temporeggiatore’. E radici non molto diverse hanno i tanti successi elettorali dovuti alla scelta di candidati sbagliati da parte del centrodestra. Anche oggi Enrico Letta temporeggia. Ma stavolta sa che il tempo della battaglia, dopo la scelta del Movimento cinque stelle, potrebbe esser vicino, più vicino di quel che continua a sperare”.

Caro Pd, se ti prendi come segretario un “prefetto francese”, non puoi che sperare che la politica sia solo un temporeggiamento diretto da fuori e dall’alto perché, poi, se ti capita di “combattere” veramente cioè di fare i conti con i cittadini elettori, i tuoi cagnolini da guardia (il Quirinale, gli ambienti più sfiatati dell’establishment italiano, i poderosi sistemi d’influenza internazionale e il “giornalista collettivo”) non ti basteranno per vincere.

Su FirstonLine si scrive: “Le sanzioni occidentali stanno avendo un impatto sull’economia russa, anche se la recessione potrebbe non essere pesante quanto quella prevista dalle organizzazioni internazionali. I dati finora disponibili indicano che il Pil russo sta scendendo significativamente, così come la produzione industriale mentre l’inflazione è il doppio di quella nell’Ue. È quanto emerge dall’analisi dell’Osservatorio conti pubblici italiani, guidato da Carlo Cottarelli”.

La punizione di Mosca per la sua inammissibile aggressione all’Ucraina è sacrosanta e come scrive FirstonLine sta dando alcuni risultati. Ma come registra lo scarsamente efficace vice di Valdis Dombrovkis, a sua volta vice della stordita Ursula von der Leyen, cioè Paolo Gentiloni, anche l’Unione europea comincia a sentire le conseguenze della guerra ucraina. Alla fine quello scomposto ubriacone di Dmitrij Medvedev non dice cose del tutto infondate sostenendo che invece di cacciare Vladimir Putin, se ne sono andati o stanno andandosene Boris Johnson e Mario Draghi, mentre il New York Times ha lanciato una campagna perché i Democratici non ricandidino Joe Biden. Il problema è che quando si va in guerra bisogna avere un qualche obiettivo e dirlo chiaramente ai popoli che ti devono sostenere. Nella sua maniera brutale e inaccettabile Putin l’ha fatto con il suo popolo, noi occidentali nella nostra maniera retorica e propagandistica, qualsiasi cosa facciamo, non la facciamo chiaramente.

Foto Ansa

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