Dopo Nizza bisogna semplicemente fare il cristianesimo

Di Luigi Negri
18 Luglio 2016
Avendo affermato sé come assoluto e avendo negato la Chiesa, oggi gli uomini occidentali sono rimasti soli, con l'unica compagnia della solitudine e del silenzio
epa05429790 People gather at a makeshift memorial of flowers and candles on the 'Promenade des Anglais' where the truck crashed into the crowd during the Bastille Day celebrations, in Nice, France, 17 July 2016. According to reports, at least 84 people died and many were wounded after a truck drove into the crowd on the famous Promenade des Anglais during celebrations of Bastille Day in Nice, late 14 July. EPA/OLIVIER ANRIGO

[cham_inread]

Riportiamo le riflessioni dell’arcivescovo di Ferrara-Comacchio, monsignor Luigi Negri, pubblicate sul suo sito, all’indomani dell’attentato di Nizza.

Vorrei intervenire brevemente su questa orrenda vicenda per dire, insieme alla mia più grande vicinanza a tutte le vittime e ai loro famigliari, alcune parole che sento profondamente. Mi rendo conto che tanto sarà detto in queste ore e in questi giorni, molti discorsi di circostanza da parte di chi custodisce questo sistema sociale che si sta disfacendo sotto l’urto di pressioni che sembrano davvero irresistibili.

[pubblicita_articolo allineam=”destra”]Da parte mia vorrei semplicemente e brevemente rivolgermi alla gente, alla gente vera, quella che ha i volti che ho visto stamattina nelle trasmissioni televisive, la gente che si sente profondamente smarrita e abbandonata. Per secoli, in effetti, era stato detto alle varie generazioni che c’era una presenza nella nostra vita, una presenza che non sarebbe mai venuta meno, quella amorevole del Signore nostro Gesù Cristo, alla luce del quale tutte le circostanze – anche quelle più terribili che hanno caratterizzato la vita dei nostri popoli negli ultimi secoli – hanno potuto essere vissute con esemplare dignità, una dignità che ha reso grandi le generazioni passate anche nella tragedia.

Oggi però, avendo negato tale Presenza per affermare l’uomo come assoluto, e avendo negato la Chiesa per affermare l’autonomia della ragione umana e del progresso scientifico – che culmina nelle orrende manipolazioni genetiche che sono costantemente sotto i nostri occhi – non resta che constatare che l’uomo è rimasto solo, che non c’è veramente più nessuno accanto a lui, e all’incommensurabile dolore per le perdite umane e famigliari non rimane che la compagnia della solitudine e del silenzio. Ma allora cosa dobbiamo fare? Personalmente non posso parlare se non per quelli che credono in Dio o quelli che quantomeno lo attendono. A costoro dico che bisogna ritornare a quello che ha affermato in un lucido studio sulla chiesa delle origini il beato card. J. H. Newman, e ribadito dall’allora card. Ratzinger: bisogna semplicemente fare il cristianesimo.

In questo mondo dove tutto si dissolve e la solitudine domina la vita dei singoli e della società, condannandola a un processo segnato dalle diverse patologie – la più tremenda delle quali è la violenza – bisogna decidersi a non puntellare l’impero. I primi cristiani non puntellarono l’impero ma fecero semplicemente un’altra cosa: fecero il cristianesimo. Affermarono che Cristo, vivente tra loro nel mistero della Chiesa, era l’unica vera risposta sulla vita dell’uomo e del mondo. Forti di questa certezza la testimoniarono con la loro vita, quindi non semplicemente parlando di Dio, perché di Dio parlano anche gli atei, e neppure genericamente parlando del trascendente, ma del Dio di Gesù Cristo, che in Gesù Cristo si è fatto carne e storia.

Ricostruiamo dunque le nostre comunità attorno a Gesù Cristo, facciamo nascere dalla sua presenza quella socialità nuova a cui fa riferimento la “Lettera a Diogneto”, e investiamo il mondo di una tale presenza, che è forte e mite. Forte perché certa che Dio ha vinto, ha già vinto in Cristo – e questa vittoria non sarà eliminata da nessuna forza diabolica – ma anche mite, perché questa nostra vita nuova è una proposta di libertà che rivolgiamo alla libertà di ogni uomo e donna che vive accanto a noi. Non so cosa succederà in futuro ma so che quanto più si dilaterà l’esperienza autentica della chiesa nella sua natura più propria, tanto più aumenterà, in tanti uomini e donne, la speranza e il sorriso, poiché avranno riconosciuto quella Presenza che non viene mai meno.

Foto Ansa

[cham_piede]

Articoli correlati

6 commenti

  1. giurillo

    Ma si!
    Riprendiamoci tutto il secolo passato (tutti i secoli passati),
    succedeva di tutto, ben oltre che le orrende manipolazioni genetiche
    ma c’era la chiesa al centro
    ma i cristiani determinavano la speranza.
    Allora, ovviamente!, non c’erano patologie la più tremenda delle quali è la violenza.
    Erano tutti pieni di presenze amorevoli che non sarebbero venute mai meno.
    Forse non si era abbandonati, ma certo dominati… ma l’importante è che sia un dominio buono. E cosa è buono e cosa no lo dice lui.
    Questa è la dignità che ha reso grandi le generazioni passate?
    No. No. Orgoglioso di essere forza diabolica.

    1. Giannino Stoppani

      Ganzissimo il bischero di turno che ci tiene a certificare che non ha capito un Kaiser. Manca solo la marca da bollo per gli usi previsti dalla legge.

    2. Rolli Susanna

      Noi abbiamo il Sangiovese, un vino molto buono, venduto parecchio…voi che vino avete dalle vostre parti?

  2. Ros

    Grazie don Negri. Lucido, forte, vero e appassionato. Pieno di certezza e di speranza x la lotta non quella armata

  3. Vale

    Riflessione meravigliosa e penetrante. Ho paura che le società occidentali così secolarizzate non siano in grado di ascoltare un messaggio del genere. Sta a noi cristiani non scoraggiarci e affermare senza mai stancarci il messaggio di Cristo, fondante per la nostra idea di civiltà. Dio ci assista in questo compito!

    1. Aragorn

      Vale, mons.Negri è stato molto semplice nel suo articolo. Il nostro essere cattolici non è per un’idea;la
      quale,essendo idea, parte da una astrazione ideologica, e non facendo,vivendo per quello che siamo il
      nostro APPARTENERE ad una comunità. L’identità cattolica è esistenzialista, parte dalla realtà con cui
      si vive. Concludo dicendo che Gesù Cristo-come mons. Negri ha detto benissimo- è una presenza con cui vivere,e non un messaggio. Ti auguro di essere nostro compagno di vita; come gli apostoli: imbranati ma
      desiderosi del Verbo fatto carne. Ciao.

I commenti sono chiusi.