Chi poteva scrivere oggi l’articolo più infarcito di luoghi comuni, frasi fatte, pregiudizi? Esatto. Roberto Saviano nella sua rubrica “L’antitaliano” sull’Espresso ha sentito l’esigenza e il dovere di dire la sua sulla legge spagnola sull’aborto, che l’esecutivo di Mariano Rajoy vuole riformare. Ora, esprimere opinioni è un suo diritto, ma certo bisognerebbe almeno cercare di ancorarle a qualche dato di fatto. Chessò, ad esempio ricordare che la proposta di legge spagnola (per Saviano una «barbarie» da «medioevo») cerca semplicemente di arginare (non cancellare) quella ultrapermissiva introdotta da José Zapatero.
Ognuno può pensarla come vuole, ma è un fatto che ogni giorno nel paese siano praticati trecento aborti. È un dato di fatto che ogni anno ci siano 118 mila aborti, cioè più del doppio di quelli registrati 15 anni fa. È un dato di fatto che l’aborto sia diventato un sistema anticoncezionale, con risvolti assurdi come il numero di madri che hanno scelto di interrompere una gravidanza per più di cinque volte, schizzato a più 200 per cento in dieci anni. Se a Saviano nessuno di questi numeri fa impressione, faccia pure come crede, ma almeno eviti di spacciarci i suoi pensierini delle sera come riflessioni accigliate sulla libertà e i diritti civili. Per quel che ne sappiamo noi, anche l’obiezione di coscienza è una libertà e un diritto, che è stato negato solo nei regimi totalitari che, ovviamente, il nostro “paladino della cause facili”, evita bene bene di ricordare.
Anche perché – almeno per dovere di cronaca – bisognerebbe ricordare che le “barbare forze del Medioevo”, come le descrive lui, sono quelle che subiscono la violenza altrui, e non il contrario. Come si vede dai video che documentano le aggressioni delle femministe ai fedeli riuniti in chiesa durante le Messe di Natale o il lancio di mutande contro il vescovo di Madrid Antonio Maria Rouco Varela o i manifesti che “le forze della modernità” diffondono con rosari a forma di utero.
Ecco qui il “capolavoro” di Saviano, il massimalista del banale.