Se la via delle sanzioni economiche a danno dell’Iran, nonostante alcune dichiarazioni, è in stallo per il veto che Cina e Russia hanno già annunciato, qualcosa si muove dentro e fuori Teheran. La crisi innescata dall’ultimo rapporto dell’Aiea, che ha attestato che l’Iran continua a lavorare per dotarsi della bomba atomica, potrebbe portare a un’escalation militare tra il regime degli ayatollah e Tel Aviv anche se il presidente israeliano Shimon Peres, in un’intervista alla Cnn, ha dichiarato ieri che l’Iran dovrebbe «allarmare l’intera comunità internazionale, al pari della crisi economica». Ha aggiunto poi che «non raccomanderebbe d’iniziare immediatamente con operazioni militari», quanto piuttosto di «rafforzare le sanzioni economiche e intensificare la pressione politica» sulla Repubblica islamica, perché «quello che manca davvero è un attacco morale, non militare».
Teheran però accusa «agenti israeliani» di avere già cominciato gli attacchi. Sabato in Iran una base militare è esplosa e sono morte 17 Guardie della Rivoluzione. Proprio come la base andata distrutta nel 2010 a Khorramabad, anche in quella di sabato erano stoccati missili Shabaab-3, realizzati sulla base di un design nordcoreano, la cui variante più aggiornata dovrebbe avere una portata sufficiente a raggiungere Israele. Secondo il rapporto diffuso la settimana scorsa dall’Agenzia internazionale per l’energia atomica, gli iraniani hanno condotto test e ricerche per costruire una testata nucleare adatta proprio agli Shebaab-3. Nell’esplosione di sabato è morto il generale Hassam Moghaddam, architetto del programma missilistico iraniano.
Anche fuori dai confini del regime islamico si muove qualcosa. Un gruppo di dissidenti iraniani che vivono all’estero ha invitato apertamente il governo di Teheran a sospendere il suo programma di arricchimento dell’uranio. “L’attuale impasse sulle ambizioni nucleari iraniane e l’inutile gioco di potere stanno creando le condizioni per una guerra e il popolo iraniano ne pagherà le conseguenze” si legge nella lettera sottoscritta da 175 dissidenti e riportata dal Wall Street Journal. La missiva è stata rilanciata nel Paese da un sito di attivisti studenteschi, Daneshjoonews. Uno studente che vive a Washington, Ali Afshari, che ha partecipato alla stesura della lettera, ha fatto sapere che la bozza è stata vista e approvata da attivisti presenti in Iran, che non l’hanno firmata per timore di rappresaglie. «Invitiamo il popolo iraniano a porre come prioritaria la sospensione del programma nucleare, assieme a diritti umani e democrazia – ha detto Afshari – non c’è motivo per cui la popolazione paghi il prezzo degli errori del governo».