Delitto di Paderno. Lettera aperta a Riccardo

Di Mario Dupuis
08 Settembre 2024
"Tu non sei il male che hai fatto". Come si può dire una frase tanto vertiginosa? Solo se si è fatto esperienza di un bene redentore, come accadde a Edimar e a tanti dei "ragazzi difficili" che incontro
Paderno Dugnano, 1 settembre 2024 (Ansa)
Paderno Dugnano, 1 settembre 2024 (Ansa)

Caro Riccardo, con questa mia non voglio unirmi al coro delle persone e dei mass media che giustamente sono stati scioccati da quello che hai commesso nei confronti della tua famiglia.

Lo sdegno è più che giustificato e le analisi dei cosiddetti esperti di condizione giovanile si rincorrono senza sosta in questi giorni. Il motivo per cui ti scrivo questa lettera aperta, quindi, non è per convincerti ulteriormente del male che hai commesso, ma per dirti una cosa che può sembrare ovvia, ma che nella mia vita, stando accanto a tanti ragazzi in difficoltà, è stata sempre decisiva: Riccardo, tu non sei il male che hai fatto.

Tu oggi, forse, fai fatica a guardarti così, a vedere questa certezza in te, ma che qualcuno la veda in te non è indifferente come non è stato indifferente per tutti i ragazzi che ho accolto in casa a Padova a Ca’ Edimar, come non è stato indifferente che qualcuno, quand’ero giovane, lo dicesse a me e me lo ripeta oggi che ho 75 anni, e sono pieno di fragilità e debolezze.

“Tu non sei il male che fai”. Molti credono che questa sia una giustificazione e invece ho capito dalla mia esperienza e da quella dei miei ragazzi che è una liberazione. Edimar, il “menino de rua” brasiliano a cui è intitolata la nostra casa di accoglienza e che già a 15 anni aveva ammazzato, spacciato droga, rubato, fatto tutto il male che si poteva fare, quando gli è stato detta la frase “il tuo male non mi fa paura, tu non mi fai paura”, ha capito che c’era un’altra possibilità per vivere da persone felici, ed è diventato libero. Quando ha deciso che non avrebbe più ucciso nessuno, il suo capobanda lo ha ammazzato.

Come si può dire questo usando la ragione e non la fede (che non so se tu hai)? Lo si può dire, Riccardo, perché la ragione guarda i fatti e per molte persone che io conosco e che fanno compagnia a giovani come te, è accaduto non solo di potere dire questa vertiginosa frase, ma di poterla vivere con loro e cambiare, come è successo a Edimar. Questo sguardo è cominciato con la presenza di Gesù che, 2000 anni fa, ha fatto così con la prostituta, con Zaccheo, con la Samaritana; ha cominciato a guardarli dicendo “tu non sei definito dal tuo male, dai tuoi peccati, dai tuoi errori”. E questo sguardo è continuato nel tempo per 2000 anni fino ad oggi e, Dio lo voglia, può arrivare a te.

Certamente, dovrai elaborare con persone competenti il delitto che hai commesso e prepararti al processo, dovrai elaborare questo tuo terribile passato, ma devi anche vivere il presente e il presente, nella sua nudità, nella sua povertà, nella sua debolezza assoluta, può diventare una grande occasione in cui tu esprimi di nuovo il tuo desiderio di vivere, il tuo desiderio di verità, di bellezza, di amore, perché è un desiderio che hai inscritto nel cuore. Non te lo mette nessuna fede, non te lo mette nessun psicologo, non te lo mette nessun prete; lo hai per natura e devi esprimerlo nel profondo di te stesso in questo tuo terribile presente.

Io e tanti altri forse non possiamo fare niente per te, ma ci uniamo alla commossa decisione dei tuoi nonni, persone a cui hai ucciso persone care, che ti hanno già detto «noi non ti abbandoniamo». Sappi che, insieme ai tuoi nonni, c’è qualcuno che non si ferma alle analisi e a cercare di codificare tutte le ragioni psicologiche e patologiche che ti hanno portato a quel terribile gesto, ma che forse sanno guardare in faccia il male, piccolo o grande, che tutti riusciamo a fare.

Il mio amico cantautore Claudio Chieffo, quando è stato da giovane ad Auschwitz, ha scritto una canzone in cui descrive il male che lì è stato fatto, ma poi aggiunge: «Ma non è morto il male del mondo e noi tutti lo possiamo fare». Si può guardare in faccia il male senza giustificarlo e senza averne paura solo se si è consapevoli che c’è una Presenza che lo vince, che lo ha vinto e che continua a vincerlo attraverso lo sguardo di chi ti dice ora “tu non sei definito dal tuo male”. Si può sempre ricominciare. Non so in che modo, non so quando, non so come, ma sappi, Riccardo, che puoi ricominciare a vivere.

Mario Dupuis di Ca’ Edimar, Padova

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