Def. «Renzi ha detto il falso? Certamente no. Ha citato solo una parte della verità? Certamente sì»
AUMENTO DELLE TASSE. Sul Sole 24 Ore, ad esempio, Fabrizio Forquet scrive che un giudizio su quanto dichiarato ieri da Renzi dipende dall’angolatura con cui si guardano i problemi: «Ha detto il falso il presidente del Consiglio? Certamente no. Ha citato solo una parte della verità? Certamente sì». Spingere sulla fiducia fa certamente parte del suo “mestiere”, ma poi, bisogna fare anche i conti con la realtà. Per cui, se è buona cosa che il governo prometta di non voler aumentare le tasse, d’altro canto, ciò «dalle linee guida del Documento di economia e finanza, presentate ieri, non emerge». Si vedrà in autunno con la legge di stabilità, ma non bisogna scordare che «il quadro delle entrate e delle uscite pubbliche, per il prossimo anno, parte con la zavorra di un drammatico meno 16 miliardi, che sono i 16 miliardi di tasse in più pronte a scattare a legislazione vigente con le cosiddette clausole di salvaguardia».
CLAUSOLE DI SALVAGUARDIA. Clausole che non sono un’eredità del passato ma «in gran parte (per 12,8 miliardi) della legge di stabilità varata dal Governo lo scorso autunno. Un aumento di tasse a tutti gli effetti, aumento dell’Iva per la precisione. Anche se mascherato dalla dizione furba di “clausola di salvaguardia”. E anche se post-datato al 2016». E al 2016, non manca mica tanto tempo. Nel Def, nota Forquet, si trova nero su bianco, che quei soldi arriveranno grazie a «interventi di riduzione delle spese e delle agevolazioni fiscali per almeno 10 miliardi nel 2016 e 5 miliardi nel 2017». “Speriamo”, verrebbe da sospirare. Ma si tenga presente che «un taglio di almeno 10 miliardi di spesa in un anno finora non è mai stato fatto».
FRANCIA O SPAGNA? Anche Il Foglio scrive che «da qui a settembre, il momento della legge di stabilità», si capiranno meglio le scelte di Renzi. Anche se, nota il quotidiano, sarebbe interessante scoprire quale strategia il presidente del Consiglio intenda adottare. Ne esistono, diciamo così, di due tipi: o quella della Spagna o quella della Francia («i due paesi dell’eurozona con disavanzi elevati, rispettivamente il 5,5 ed il 4 per cento»»). «Ma Madrid – scrive Il Foglio – facendo molte riforme (e con un po’ di aiuti europei alle banche) torna in rotta prima del previsto, e mette a segno una crescita stimata vicina al 3 per cento nel 2015. Parigi con la sua inazione, cresce a livello italiano. La Spagna ha adottato una riforma del lavoro che non distingue tra pubblico e privato, tra vecchi e nuovi assunti, a differenza del Jobs Act (…). La Francia discute ancora delle 35 ore».
Foto Ansa
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Sorprende come qs. testata sia intervenuta a spada tratta nella difesa di Lupi per quisquiglie e abbia taciuto e taccia sulla coop CPL Concordia. Questione personale?