Il Correttore di bozze si augura con tutto il cuore che le sue lettrici non si siano perse, su Repubblica di ieri, l’importantissima intervista di Concita De Gregorio a Ada Colau, «da un anno sindaca di Barcellona», introdotta alla politica «dall’esperienza di movimenti di cittadinanza trasversali e apartitici» come per esempio la «piattaforma degli sfrattati», ma «soprattutto» la «personalità politica più interessante nel panorama della sinistra spagnola».
Il Correttore non finirà mai di ringraziare la gigantesca Concita per averci regalato in particolare lo sketch che riportiamo qui sotto.
Domanda la De Gregorio alla «sindaca di Barcellona»:
«Lei ha messo al centro delle sue politiche i diritti civili e ha detto che lavora per una femminilizzazione della politica non solo nei numeri ma nei valori e nelle pratiche. I movimenti, a Barcellona, usano il femminile plurale per indicare tutti: un uomo quando parla dice noialtre. Crede che sia il modo giusto?».
Calma care lettrici. Rileggete bene e cercate di capire. Diritti civili. Femminilizzazione. Movimenti. Femminile plurale. Noialtre.
Fatto? Capito? No? Fa niente. Passiamo alla risposta della Colau:
«È vero nei movimenti da anni è una pratica comune usare il femminile plurale per dire tutti: non so se sia il modo più efficace ma certo indica il tema. Che il maschile plurale sia il modo per dire uomini e donne è l’esito di una cultura patriarcale. Le differenze di genere sono soprattutto culturali, ma sono reali. Con le donne è più semplice lavorare in rete, collaborare invece che fare una gara, una battaglia. In politica questa è un’esperienza molto chiara. Femminilizzare significa questo, per me: c’è un modo non maschile ma maschilista di fare politica – verticale autoritario di comando – e c’è un altro un modo dove l’autorità non viene dall’imposizione ma dal riconoscimento. Quando gli altri ti riconoscono che sei utile. Per decenni la società maschilista e capitalista ha messo al centro il potere, l’accumulazione, i soldi. Penso che oggi ci siano sempre più donne e uomini pronti a mettere al centro la cura».
Ecco, amiche lettrici, ora siamo sicure che abbiate colto l’importanza di questo momento storico. È evidente a tutte, infatte, che siame di fronti a uno svolto radicali nelli vicendi politiche non sola della Spagno, ma di tutte Europo.
Acciò dunque, come già le gloriose movimente di Barcellona, anche noialtre correttrici di bozze, dopo avere contribuito per anni a diffondere quella cultura patriarcale che tanti plurali maschili ha prodotto, con tutta la disuguaglianza di genere che ne segue, facciamo pubblica ammenda e proponiamo che d’ora in avanti per indicare tutti non si dica più “tutti” bensì “tutte”. Mentre per indicare qualcuno, ciascheduno o uno a caso si potrà continuare a dire “qualcun*”, “ciaschedun*” o “un* a cas*”, dal momento che non risulta ancora nessun* discriminazione degli asterischi nei confronti delle asterische.
Tutto questo solo per sottolineare che anche noialtre correttrici di bozze, volendo, o volenda, sappiamo smettere di mettere al centro il potere, l’accumulazione, i soldi, per occuparci di cose importanti come fanno le «personalità più interessanti nel panorama della sinistra spagnola». Mica pizza e fichi (qui abbiamo deciso di mantenere i gender maschilisti originali giacché “pizzo e fiche” ci pareva non rendere l’idea).
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Ps. Ci sia consentito in margine solo un appunto a Concita De Gregorio, sempre da parte di noialtre correttrici di bozze. Proprio nella domanda immediatamente successiva a questa entusiasmante lezione di femminilizzazione della politica, la giornalista di Repubblica incalza con un quesito francamente molto discutibile. Scrive: «Lei, anche da sindaco, si scontra con le banche. Qual è il suo rapporto col denaro?». Invece la frase corretta sarebbe: «Lui, anche da sindaca, si scontra con i banchi». Le cose vanno messe giù chiare e tonde, cara Concita. Dici che poi le lettrici maschiliste non capirebbero? Bè, affare lori.
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