Come ha fatto la Spagna a imboccare la strada giusta per uscire dalla crisi?

Di Matteo Rigamonti
13 Dicembre 2013
Cuneo fiscale ridotto, sgravi per l'assunzione di giovani e licenziamenti più facili. Giuricin (Ibl): «È prematuro parlare di ripresa, ma la direzione è giusta»

La ricetta spagnola per uscire dalla crisi? Meno tasse sul lavoro, maggiore flessibilità, sgravi fiscali per i più giovani e gli over 45 e licenziamenti più facili. Anche per i dipendenti pubblici. Così che la produttività possa tornare a crescere e il mercato del lavoro diventare più fluido e meno ingessato. Ecco le principali misure che hanno permesso a Madrid di arrestare la crescita della disoccupazione e porre così le basi per la futura ripresa.

UNA RIFORMA DEL LAVORO AGGRESSIVA. Anzitutto in Spagna la riforma del lavoro varata dal governo Rajoy nel 2012 prevede la possibilità di licenziamenti più semplici e meno costosi, anche per il pubblico, grazie a indennizzi minori e una maggiore flessibilità, ma anche aiuti e sgravi fiscali per l’assunzione di giovani e lavoratori con più di 45 anni che, dopo essere fuoriusciti, faticano a rientrare nel mondo del lavoro. Una riforma «estremamente aggressiva», come a suo tempo la definì il ministro dell’Economia, Luis de Guindos, con l’obiettivo, non semplice, di ridurre il tasso di disoccupazione, che oggi in Spagna rasenta ancora il 27 per cento, ma che, «da cinque mesi conferma la tendenza a diminuire», spiega a tempi.it Andrea Giuricin, ricercatore presso l’Università Bicocca di Milano e l’Istituto Bruno Leoni, per cui, anche «se è prematuro parlare di ripresa», indubbiamente «la direzione è quella giusta».

DIPENDENTI PUBBLICI LICENZIABILI. I costi per i licenziamenti senza giusta causa sono stati abbattuti, passando da 45 giorni di retribuzione da corrispondere per anno lavorativo a 33 giorni, per un totale di 24 mesi, rispetto agli attuali 42. Con la riforma, inoltre, è diventato possibile licenziare per ragioni economiche e dietro adeguato indennizzo, pari a 20 giorni per anno lavorato fino a un massimo di 12 mensilità, i dipendenti pubblici, che in Spagna sono oltre 3 milioni. Condizione sine qua non per il licenziamento, però, è che l’ente pubblico per cui lavorano abbia accumulato almeno tre trimestri consecutivi con il bilancio in deficit. Gli ultimi in ordine di tempo a fare le spese delle novità introdotte sui licenziamenti sono stati gli oltre mille netturbini (1.336) su 7 mila del gruppo Tragsa, la società incaricata del servizio di raccolta rifiuti a Madrid.

UN IMPULSO ALLA PRODUTTIVITÀ. Alle Pmi con meno di cinquanta dipendenti che intendono assumere con contratto a tempo indeterminato un lavoratore che abbia meno di trent’anni, lo Stato corrisponde una detrazione fiscale pari a 3 mila euro. Agli autonomi, invece, è stata ridotta al 20 per cento la tassazione sugli utili, che in Italia al contrario è stata portata dal 33 al 35 per cento.
La ratio di questi interventi, prosegue Giuricin, «è quella di dare un impulso al mercato del lavoro» e per questo è stato anche abbattuto il «costo del lavoro per unità prodotta», con l’effetto di aumentare la «produttività», tanto che l’export ha ripreso a crescere e la bilancia commerciale è tornata in pareggio.

@rigaz1

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1 commento

  1. francesco taddei

    e a bonanni-camusso-angeletti chi glielo dice? a proposito, bonanni nell’epoca dei governi tecnici ci ha ripetuto il mantra che patroni griffi era una persona squisita (e democratica, contrapponendolo all’antidemocratico brunetta). poi questa persona squisita si è fatto una legge per conservare, oltre allo stipendio da ministro non eletto (non eletto! che democrazia!), quello dell’amministrazione pubblica dalla quale è in congedo da due anni.

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