Non badate a ciò che scrivono i giornaloni, al Csm ha vinto Magistratura indipendente (vedi risultato di Milano, ad esempio)

Di Andrea Camaiora
11 Luglio 2014
Il giudice più votato è Claudio Galoppi. E dove lavora? Al tribunale di Milano! I moderati sfondano così anche nel sancta sanctorum di Md dove ha pesato lo scontro Bruti-Robledo

Non badate a ciò che scrive la “grande stampa”. Alle elezioni per il rinnovo del consiglio superiore della magistratura hanno vinto i moderati di Magistratura indipendente (Mi). E alla grande. Lo dicono i numeri e lo dice una tendenza inarrestabile che riguarda ogni appuntamento elettorale dei magistrati negli ultimi dieci anni. Il cartello denominato Area – che comprende due correnti in crisi, Magistratura democratica (Md) e Movimento per la giustizia – è vero, guadagna un seggio (da 6 a 7), ma calano complessivamente i voti raccolti dai candidati delle “toghe rosse”. Unità per la Costituzione (Unicost), la corrente che i giornaloni definiscono «centrista», è in realtà da anni succube di Md e viene penalizzata ad ogni elezione (questa volta ha perso un seggio, passando da 6 a 5) dalla base togata che vorrebbe meno politica, meno interesse per gli scranni di questo o quel togato notabile e più attenzione alle condizioni di lavoro dei colleghi. Ovvero la ricetta, quest’ultima, imposta negli anni passati dal leader emergente dei magistrati moderati, Cosimo Maria Ferri, il “satanasso” che fa letteralmente impazzire gli esponenti di Area e Unicost. Da qui la violenta quanto ipocrita polemica dell’Anm per le intromissioni della “politica” nelle vicende interne alla magistratura. Ma quale politica, se Ferri è un togato ed è sottosegretario in ben due governi in quanto tecnico?

Ha ragione Lorenzo Pontecorvo, il segretario generale di Mi quando parla di «indiscutibile successo elettorale conseguito da suoi candidati», che spiega così: «Un’affermazione che premia le persone ma anche i programmi innovativi e concreti portati avanti in questi anni da MI. Il gruppo passa da tre a quattro eletti in seno al Csm e desideriamo sottolineare come sia nella quota dei pm che in quella dei giudici il più votato è un appartenente al nostro gruppo. Si tratta del segno più evidente di quanto i colleghi non siano interessati a polemiche e clamori pretestuosi ma, anzi, inviano per l’ennesima volta all’associazione magistrati e all’organo di autogoverno un messaggio chiaro, centrato sul miglior funzionamento della giustizia e sulle migliori condizioni di lavoro dei magistrati. Da tempo chiediamo all’Anm di fare autocritica, lo scrutinio ci dice che sempre più colleghi la pensano come noi».

Ma c’è di più. Molto di più. In due partite su tre – pubblici ministeri e giudici – i candidati di Magistratura indipendente risultano primi. Segno che la base togata non ha condiviso la polemica dell’Anm contro Ferri ma segno anche di altro. Il giudice più votato è Claudio Galoppi. E dove lavora? Al tribunale di Milano! I moderati sfondano così anche nel sancta sanctorum di Md dove più forte che altrove si è avvertito lo scontro tra il procuratore capo ed esponente di Md, Edmondo Bruti Liberati, e il procuratore aggiunto Alfredo Robledo. Al centro, contrariamente a quanto si vorrebbe far credere, non vi è un contrasto personale ma l’idea – un tempo avversata ed oggi invece largamente sposata dagli esponenti di Md – che a decidere l’assegnazione dei fascicoli non debbano essere normative e procedure codificate ma i vertici dei palazzi di giustizia. Una tesi non soltanto aliena alle ragioni storiche che hanno accompagnato la nascita di Md ma anche lontana dalla Costituzione, che non parla mai di procuratore ma solo e soltanto di pm (art. 112).

Nel silenzio che accompagna le riflessioni post elettorali delle toghe, c’è dunque da attendersi che emergano alcune considerazioni all’interno delle correnti uscite sconfitte dalla corsa per sedere a palazzo dei Marescialli. All’interno di Unicost, dopo l’ennesima clamorosa sconfitta, dovrà probabilmente cedere il passo l’apparentemente inossidabile segretario, Marcello Matera. Movimento per la giustizia e Magistratura democratica, alleatisi anni fa per celare il calo rispettivo dei consensi e pesare maggiormente all’interno di Anm e Csm, dovranno pensare a una fusione. Ma soprattutto, gli esponenti di Area – che oggi affollano la Corte di Cassazione – faranno di tutto per scongiurare il pericolo per essi più grande messo in atto dal governo Renzi: l’abbandono del posto di lavoro al raggiungimento del settantesimo anno di età.

Questo provvedimento, se attuato, metterebbe in crisi Magistratura democratica, una corrente – come denunciato nei suoi stessi atti congressuali – sempre più vecchia.

Andrea Camaiora è autore de «Il brutto anatroccolo. Moderati: senza identità non c’è futuro» (ed. Lindau)

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2 commenti

  1. francesco taddei

    e che cavolo cambia? con lui la magistratura risponderà dei propri errori? smetterà di interpretare le leggi (prerogativa del parlamento) e le applicherà? questa è l’ italia bellezza.

    1. Giulio Dante Guerra

      IL fatto è – a mio modesto parere di non giurista, ma solo di cittadino che valuta le cose alla luce del buon senso – per rendere possibile quanto desiderato – non solo da Taddei, ma da gran parte di noi italiani – occorrerebbe avere: poche leggi, chiare ed univoche, ossia non passibili di interpretazioni soggettive, e peggio ancora “creative”, da parte dei singoli magistrati. Cosa che proprio il parlamento non ci ha mai dato; e, temo, non ci darà mai: perché anche quello è composto in gran parte d’avvocati, ed anche a loro fa molto comodo avere leggi sovrabbondanti, farraginose, ambigue, e, forse, addirittura contraddittorie. Dove anche gli avvocati possono “sguazzare” quanto gli pare e piace.

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