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Cristiani in gabbia

Ogni mese più di 300 fedeli in 50 paesi vengono imprigionati ingiustamente a causa della loro fede. E il Covid ha avuto un impatto devastante sulle persecuzioni. Il drammatico rapporto “Libera i tuoi prigionieri” di Acs

Caterina Giojelli
30/11/2020 - 15:06
Esteri
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«Troverete testimonianze sui cristiani ingiustamente detenuti a causa della loro fede e di chi, condividendo la mia sorte, è stato imprigionato sulla base di false accuse di blasfemia. Leggerete le drammatiche storie di ragazze come Maira Shahbaz, 14 anni, cattolica e anch’essa pakistana, rapita in strada nei pressi di casa, costretta a convertirsi e brutalmente violentata e ricattata. Esse sono dei facili bersagli perché a causa della loro fede hanno scarso rilievo nella società e i tribunali avranno poca sollecitudine nei loro confronti. Di fatto, nessuno nella comunità cristiana può godere di sicurezza. Come emerge chiaramente da questa Relazione, anche i più anziani sono vittime di ingiusta detenzione. Tale è l’entità del male compiuto da predatori sessuali, gruppi militanti e regimi crudeli: in disprezzo di Cristo e della chiamata del Vangelo alla misericordia». Così Asia Bibi, firmando la prefazione del drammatico studio Libera i tuoi prigionieri. Un rapporto sui cristiani ingiustamente detenuti per la loro fede pubblicato la scorsa settimana da Aiuto alla Chiesa che soffre.

LA MATTANZA IN NIGERIA, I PRIGIONIERI DELLA COREA DEL NORD

La Fondazione pontificia Aiuto affronta una indagine sull’ingiusta detenzione dei cristiani, «una delle forme di persecuzione prevalenti, durature e gravi», arbitrarie o per motivi di coscienza, denuncia processi ingiusti e condizioni carcerarie, rapimento, casi di tortura e conversioni forzate: «Ogni mese, nei 50 Paesi più a rischio, si stima venga imprigionata ingiustamente una media di oltre 300 cristiani. Il rapporto esamina, senza pretesa di esaustività, i Paesi più colpiti». Dalla Nigeria, dove ogni anno più di 220 fedeli vengono rapiti e imprigionati ingiustamente da gruppi di miliziani jihadisti alla Cina, dove tra il novembre 2018 e il 31 ottobre 2019, Pechino ha imprigionato senza accusa 1.147 cristiani a causa della loro fede (il 30 per cento dei fedeli ingiustamente detenuti in tutto il mondo), dalla Corea del Nord, dove si stima vi siano circa 50.000 cristiani nei campi di lavoro (quasi il 50 per cento del totale dei detenuti) all’Eritrea, dove sono oltre mille ingiustamente detenuti.

Una situazione in tutto il mondo aggravata dall’impatto del Covid-19, dove i governi autoritari hanno potuto aumentare la sorveglianza e la repressione di coloro che sono stati trovati a partecipare a presunte attività illegali (in particolare in Cina il regime di Xi Jinping ha inasprito la repressione dei gruppi ecclesiastici che rifiutano di cooperare con la “sinizzazione), i gruppi militanti islamisti hanno intensificato incursioni, sequestri e mattanze (i massacri ad opera dei fulani in Nigeria sono all’ordine del giorno), dove la chiusura parziale o totale dei tribunali e di altre attività legali ha causato ulteriori ritardi per i cristiani reclusi in attesa di appello.

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IMRAN, DIECI ANNI IN CARCERE E UDIENZE RINVIATE 70 VOLTE

È il caso, quest’ultimo, soprattutto del Pakistan, dove la vicenda giudiziaria di centinaia fra cristiani in carcere per blasfemia e spose-bambine rapite, costrette a matrimoni forzati e alla conversione all’Islam, ha subito una drammatica battuta d’arresto. Qui la profanazione del Corano è punita con l’ergastolo e la diffamazione del profeta con la pena capitale ma l’abuso istituzionale fa sì che il numero di cristiani presi di mira ed esposti a detenzione cresca ogni anno: essi rappresentano il 15 per cento delle vittime d’accuse di blasfemia (232 conto 777 musulmani), in un paese dove i musulmani rappresentano il 95 per cento della popolazione e i cristiani solo l’1,5 per cento. Asia Bibi è stata assolta dalla Corte Suprema dopo dieci anni di ingiusta carcerazione e come lei sta marcendo nelle prigioni pakistane Imran Masih, condannato a vita per blasfemia nel 2010 con accuse pretestuose: in questi dieci anni le udienze di appello all’Alta Corte hanno subito 70 rinvii. E aveva solo 16 anni Shehzad Masih, condannato a morte nel 2017 accusato da un collega inserviente in ospedale di avere offeso il profeta e costretto a ripetere le presunte offese «sotto pressione di gravi minacce da parte di una folla». «I pregiudizi contro i cristiani nelle aule dei tribunali – scrive Acs -, così spesso lamentati, fanno parte della pressione sociale che permette ai musulmani estremisti di farsi giustizia da soli, saccheggiando case ed edifici, e non di rado costringendo i cristiani accusati di blasfemia a nascondersi».

MAIRA, HUMA E I TRE ABORTI DI SADAF

In queste ore, in seguito a ripetute e violente minacce, si sta nascondendo anche la famiglia di Maira Shahbaz, la ragazzina rapita, violentata, costretta ad abiurare e sposare a forza il suo aguzzino sulla cui testa pende ora un’accusa di pedofilia. Per due volte il tribunale di Faisalabad e poi l’Alta Corte di Lahore si sono pronunciati a favore del rapitore e solo la drammatica fuga della ragazzina che ha denunciato alla polizia le ripetute violenze filmate al fine di ricattarla l’ha sottratta dalla casa del “marito” senza restituirle la libertà. Lo stesso copione subito dalla 14enne Huma Younus (nonostante la famiglia abbia dimostrato in aula la sua minore età, la Corte ha deliberato che, in linea con la Shari‘a, la sua unione forzata con il rapitore sarebbe stata valida, purché la ragazza avesse avuto il suo menarca) e da Sadaf Masih, 13 anni (rapita e costretta a sposare un uomo che da allora l’ha indotta ad abortire tre volte, segregandola in casa e usandola come schiava nei campi: a nulla è servito ai suoi genitori rivolgersi all’autorità giudiziaria per ottenere il suo rilascio).

LA LEGGE E LA SHARIA IN PAKISTAN

«Il Movimento per la Solidarietà e la Pace calcola che ogni anno fino a 1.000 ragazze cristiane e indù di età compresa tra i 12 e i 25 anni vengano rapite da uomini musulmani. Constatando che le ragazze cristiane costituiscono il 70 per cento di questi casi, lo Studio conclude che la portata del problema “è presumibilmente molto più grande, in quanto molti casi non sono mai stati segnalati o non hanno avuto seguito davanti alla legge”. Molte di queste ragazze sono vittime di stupro, prostituzione coatta, traffico di esseri umani e abuso domestico. Mentre qualche volta le famiglie riescono a liberare le loro ragazze facendo ricorso ai tribunali, questi spesso favoriscono il rapitore, soprattutto nei casi in cui la corretta età della ragazza viene messa in dubbio». I giudici sono anche accusati di pregiudizio islamico, essendo portati ad attribuire credibilità e importanza più alle prove della presunta conversione della ragazza all’Islam che all’applicazione della legge che vieta il matrimonio con minori.

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