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Covid. «Le vittime in Cina non sono 4.636 ma 1,7 milioni»

Il conteggio dei morti per Covid dichiarato ufficialmente dalla Cina «è impossibile dal punto di vista medico, statistico, biologico, politico ed economico». Applicando al Dragone il modello matematico dell'Economist, Pechino avrebbe truccato i dati: i decessi sono il 17 mila per cento in più

Leone Grotti
18/01/2022 - 6:23
Esteri
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Una donna visita il museo del Partito comunista cinese in Cina

Ufficialmente in Cina il Covid ha fatto 4.636 vittime, ma secondo George Calhoun, direttore del programma di Finanza quantitativa presso l’Istituto di tecnologia Stevens, questa cifra è «sottostimata del 17 mila per cento». Il dato reale, o comunque più realistico delle vittime, sarebbe circa 1,7 milioni.

«I dati ufficiali della Cina sono impossibili»

Secondo l’esperto i numeri offerti da Pechino sono «impossibili da un punto di vista medico e statistico». Non solo perché negli ultimi due anni circa, dall’aprile 2020, sarebbero morte appena due persone. Ma anche perché nel 2020, quando i vaccini non erano ancora disponibili, la Cina avrebbe riportato più di 22 mila casi e neanche un decesso.

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Se il tasso di mortalità del Covid negli Stati Uniti, per fare un paragone, è di 248 morti per 100 mila abitanti, in Cina è di 0,321, circa 800 volte inferiore. Il Partito comunista attribuisce l’enorme differenza alla sua strategia “zero Covid”, che avrebbe messo al sicuro la popolazione dalla recrudescenza del virus. Ma secondo Calhoun, i nuovi approcci statistici per scoprire il reale ammontare di vittime da Covid in tutto il mondo dicono altro.

«I morti sono il 17 mila per cento in più»

L’Economist, al pari della Johns Hopkins University degli Stati Uniti e del New York Times, ha infatti sviluppato un modello matematico per calcolare le vittime in eccesso negli ultimi anni rispetto alla media attesa, attribuendo questo «surplus di morti» a casi Covid mai riportati.

Questo metodo non può ovviamente offrire certezze sul reale numero di vittime dovute alla pandemia, ma sicuramente può aiutare ad avere un quadro più realistico, per quanto basato su una stima. Applicando il modello agli Stati Uniti, secondo l’Economist, ne deriva che le vittime sono state sottostimate del 30% circa. Ma se lo stesso modello viene utilizzato con i dati cinesi, ne deriva un errore del 17 mila per cento. A essere cadute vittime del Covid in Cina non sarebbero dunque 4.636 persone, ma «un numero che si avvicina a 1,7 milioni». In Cina, dunque, «sarebbero morte all’incirca il doppio delle persone rispetto agli Stati Uniti».

L’anomalia di Wuhan

Secondo l’autore, nel caso della Cina l’errore non è casuale o fisiologico, come per altri paesi, ma «chiaramente intenzionale. I dati sono stati manipolati dalle autorità». La tendenza della Cina a falsificare i dati è nota soprattutto in economia, per quanto riguarda la crescita annuale del Pil. Ma anche i precedenti studi effettuati su Wuhan, l’epicentro della pandemia, portano a pensare che qualcosa non quadra.

Nel febbraio 2021 il British Medical Journal ha analizzato le statistiche sulla mortalità a Wuhan, evidenziando la presenza di 5.954 morti in più in città rispetto allo stesso periodo del 2019, derivanti da «un numero di decessi da polmonite otto volte più alto della media». Essendo la cifra ufficiale delle vittime a Wuhan pari a 3869, si tratta di una differenza del 54%. Ma secondo l’Economist, solo tra gennaio e marzo del 2020 le morti in eccesso sarebbero state 13.400, più del triplo della stima ufficiale per un tasso di mortalità (solo a Wuhan) di 121 decessi per 100 mila abitanti.

«Perché non ci sono più vittime da aprile 2020?»

I dati ufficiali della Cina vorrebbero anche far credere che dallo scoppio della pandemia, al di fuori di Wuhan e della provincia dell’Hubei, il tasso di mortalità è di 124 mila volte inferiore a quello degli Stati Uniti. «Come si può credere inoltre che le vittime si siano fermate improvvisamente l’1 aprile?». Come può il virus essere stato confinato a Wuhan se, come dichiarato dalle stesse autorità cinesi, milioni di persone prima del lockdown se ne sono andate dalla città per raggiungere ogni angolo della Cina? Ecco perché la mortalità cinese dal punto di vista «medico, statistico, biologico, politico ed economico è impossibile».

L’argomentazione di Calhoun, basata sul modello matematico sviluppato dall’Economist, è interessante e verosimile, anche se il numero esatto di vittime resta e resterà sempre un mistero. Soprattutto perché la Cina non ha mai smesso di fornire informazioni fuorvianti sulla pandemia.

Una lettera dal Canada «infetta» Pechino

Dopo aver accusato l’Italia e gli Stati Uniti di aver dato origine alla pandemia – nonostante la presenza a Wuhan di un mercato dove si faceva commercio di animali potenzialmente pericolosi e di un laboratorio dove venivano condotti esperimenti su pipistrelli e coronavirus – le autorità hanno imposto severissimi lockdown a milioni di persone (20 attualmente) a fronte di una manciata di casi.

Un atteggiamento tanto inspiegabile quanto improbabile è la spiegazione ufficiale del primo caso di variante Omicron individuato a Pechino. Il contagio non sarebbe stato portato dalla vicina Tianjin (dove decine di migliaia di persone sono attualmente in lockdown per il diffondersi di Omicron), città collegata per direttissima a Pechino via treno superveloce, tanto che milioni di cinesi ogni giorno fanno i pendolari per lavorare nella capitale.

No, la pericolosa e contagiosissima variante sarebbe arrivata dal Canada via posta. La persona contagiata, l’unica nella città di 22 milioni di abitanti, avrebbe ricevuto una lettera il 7 gennaio dal Canada ed è sulla busta che si sarebbe annidato il Covid, riscontrato il 14 gennaio. Possibile? Per le autorità sanitarie cinesi è l’unica spiegazione, per il Canada è una assurdità visto che secondo diversi studi il virus non resiste a lungo sulle superfici.

Chi crede ancora alle Olimpiadi «Covid free»?

Menzogne, mezze verità, assurdità. Il romanzo del Covid in Cina è costellato di capitoli che non tornano, a partire ovviamente dal primo. Se il conteggio delle vittime effettuato da Calhoun fosse realistico, si comprenderebbe almeno perché il regime è così spaventato da pochi casi (che, evidentemente, pochi non sono) tanto da imporre durissimi lockdown come quello di Xi’an, definito «disumano» da un membro stesso del Partito comunista. Si tratterebbe in ogni caso del fallimento della strategia “zero Covid”. Tema ipersensibile nel Dragone, visto che il 4 febbraio nella capitale iniziano le Olimpiadi invernali. Le quali, a detta del regime, sarebbero state Covid free. Ma chi può più fidarsi dei comunicati di Pechino?

@LeoneGrotti

Foto Ansa

Tags: CinaCovid-19lockdownpechinoTianjinwuhanXi'an
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