
Così parlò Ilaria Salis. Fenomenologia di un caso mediatico-politico

Ilaria Salis è tornata da poco in Italia, è stata già eletta al Parlamento europeo, ha schiacciato un giusto pisolino in casa bucando la festicciola organizzata dai suoi mentori di AVS, e instancabile ormai rilascia interviste a getto continuo.
La stampa italiana, quella che conta, quella che da autentica watchdog del potere ci ha avvertito per decenni del rischio di torsione autoritaria e di ritornante fascismo, senza che alcun fascismo facesse mai capolino, ci tiene a farle snocciolare i suoi punti di vista. E ogni sua frase cagiona, comprensibilmente, polveroni.
Ilaria Salis sembra il Bellavista di De Crescenzo
La Salis non è lo Zarathustra nietzschano e non discende dai monti per portarci il meriggio, ma più simile al Bellavista di De Crescenzo snocciola le sue sapienti verità radicali, di giustizia dal basso, di redistribuzione e di occupazione di proprietà immobiliari. Magari con meno arguta ironia, ma non si può pretendere tutto.
Le sue verità sono elementari e marmoree. Inscalfibili. Occupare case non solo è giusto, ma date certe condizioni è addirittura un atto di resistenza.
E se prima anche lei si era inscatolata nel paradigma antigoniano che già era toccato in sorte a Lucano e alla Rackete, prima ancora della formalizzazione giudiziaria della loro innocenza, in quel carnevale rutilante e stordente di legalità, legittimità, legge ingiusta, disobbedienza civile, diritto naturale, diritto positivo, ora siamo giunti a un punto ulteriore: perché non è più mera questione di una legge potenzialmente sbagliata da eludere, criticare o addirittura violare, no, qui più radicalmente siamo al riconoscimento salvifico della sostituzione di alcuni, che agiscono dal basso, all’apparato statale. E proprio qui si situa il successo elettorale del personaggio.
Non solo per i suoi trascorsi nelle galere ungheresi o per la sua militanza nelle file dell’estrema sinistra e nella galassia dei centri sociali: chi l’ha votata è difficile provi pulsioni erotiche leggendo Dei delitti e delle pene o consideri il garantismo una passione lussuriosa, è invece assai più probabile appartenga e si orienti verso quel mondo non esiguo composto da persone che in effetti vorrebbero la casa di Stato, il lavoro di Stato, trasporto e sanità gratis, bonus, salari e redditi minimi.
Chi ha votato Ilaria Salis non sapeva chi fosse Ilaria Salis
Parliamoci brutalmente chiaro; l’exploit di Alleanza Verdi Sinistra è notevole, il Pd ha tenuto, mentre ad aver perso è il populismo vagamente rouge dei grillini che si sono caratterizzati, al netto della porzione più ideologica sottesa a una certa sinistra militante, proprio per quella visione da Stato badante ed elargitore di servizi e bonus in regime di surreale gratuità permanente.
Non è difficile quindi supporre che il travaso elettorale si sia determinato anche per questo motivo. Il punto è che nessuno però sapeva davvero nulla della Salis, a parte i fatti in contestazione in Ungheria e i suoi trascorsi da occupante, nessuno l’aveva sentita mai parlare, né aveva idea di quale potesse essere la sua concreta piattaforma politica. È stata votata a scatola chiusa, perché rappresentava l’idea di chi in barba allo Stato si prende le cose da sola.
Così parlò Ilaria Salis
E ora Ilaria parla. E detta l’agenda. Ogni volta che apre la bocca, a sinistra giubilano, a destra si indignano. È divenuta una Vannacci dell’estrema sinistra, un caso mediatico-politico che, dopo la strada spianata dal padre, mai restio nel parlare a beneficio di carta stampata e videocamere, ora inonda le prime pagine. E che dice? Bè, tendenzialmente qui casca l’asino, più che il nietzschano “cavallo di Torino” che ha ispirato il plumbeo e rugginoso capolavoro filmico di Béla Tarr.
Ci fa sapere, principalmente dalle pagine di Repubblica, cui dobbiamo già la precedente trasformazione di Vannacci da oscuro generale a caso letterario prima e a caso elettorale poi, che occupare abitazioni non è poi così male. In fondo, se sono case sfitte, non assegnate, se il Comune dorme, occuparle è un atto di giustizia sociale. Una china scivolosa concettualmente e potenzialmente pericolosa.
Non diversa dal vigilantismo, che invece viene stigmatizzato come giustizia privata, ronda, brutalità securitaria, basti pensare alle polemiche che infuriano a proposito dei video dello youtuber Simone Cicalone sulle borseggiatrici nella metro romana e che addirittura hanno portato la Cgil a scrivere al Prefetto della Capitale per sollecitare un intervento e fermare quei video. Con la differenza che questi video, per quanto magari problematici, non infrangono la legge, occupare una abitazione, attualmente e Fratoianni permettendo, sì.
Se occupare non è reato, facciamo le ronde private
Ma il punto è il concetto sotteso. Perché occupare una casa sarebbe un atto di giustizia dal basso e implementare privatamente la sicurezza una forma di fascismo? Alla base di entrambi c’è una idea di assenza del potere pubblico, di sua inefficienza o distrazione o peggio ancora di ontologica corruzione, una situazione che legittimerebbe, per necessità, la supplenza di gruppi organizzati e privati. Se la si pensa così, si dovrebbe ritenere che entrambe le modalità di intervento trovano una loro intima giustificazione, senza distinguere per partigiana convenienza. E chi dovesse dire che i video contro i borseggiatori colpiscono i deboli, gli ultimi, a differenza dell’occupare una casa per darla ai poveri o a se stessi, dimentica che le bande organizzate e coltello-munite di sudamericani non sono né i deboli né gli ultimi. Al massimo, i deboli sono le vittime di quei borseggi e di quelle rapine a mano armata.
Occupazioni e diritto di abitare
Ma Ilaria è certa delle sue ragioni. Per lei le occupazioni sono lotta per il diritto all’abitare. Come se tutti quelli che si pagano mutui ultra-decennali fossero dei beoti. Non si fa fatica a immaginare che la convinzione assoluta con cui asserisce le sue verità faccia presa: le sciorina in maniera tanto naturale e fluida da non ammettere quasi replica. Anzi, la lotta per la casa e per la giustizia sociale è talmente ardua, dura, faticosa, da divenire addirittura “logorante”, come afferma lei stessa.
Mestiere usurante, in poche parole, con prospettiva di pensionamento anticipato. E pure qui, vien da immaginarsi le facce di tutti quelli che si svegliano la mattina alle cinque o alle sei per andare a lavorare e pagarsi con lo stipendio il mutuo. Il capolavoro assoluto, vannacciano quasi nella sua serafica risolutezza, lo si raggiunge quando la neoeletta eurodeputata AVS ci comunica che l’impegno al Parlamento europeo la spaventa meno della galera ungherese. Bè, grazie. Anzi, grazie al c…

Fratoianni e Bonelli, i Maria De Filippi della politica
E così, mentre Vannacci promette di gettarsi col paracadute sul Parlamento europeo, non dicendoci però su quale delle due sedi, e speriamo sappia che il Parlamento europeo di sedi ne ha due in due città e due Stati distinti (tralasciando il Segretariato generale che sta da un’altra parte ancora), la Salis ingolfa la cronaca politica. Possiamo essere certi che una volta all’opera ci regalerà infinite soddisfazioni, duettando, cinguettando e magari polemizzando proprio con il Generalissimo, verso un roseo orizzonte di sapide gag.
In tutto questo quindi lode, lode al dinamico duo Fratoianni e Bonelli, i Maria De Filippi della politica, i Corrado della Corrida dell’estrema sinistra, i talent scout che forse l’Italia nemmeno si merita.
Prima hanno estratto dal metaforico cilindro il grandioso Soumahoro, in giacca e stivali, salvo poi scaricarlo alle prime foschie. E poi, dopo il capitombolo da vorrei-ma-non-posso della Schlein che aveva accennato l’idea di candidare la Salis, eccoli in pista, si imbarcano loro la allora detenuta, e la fanno eleggere, e liberare, con un numero di voti significativo. Non solo, ma le vanno pure dietro. Quando la Salis rivendica la giustezza dell’occupare case sfitte o non assegnate, Fratoianni concorda, pontifica e rilancia, dicendo che le occupazioni abusive dovrebbero cessare di essere reato. Occupatele pure, il primo che si sveglia e sa utilizzare strumenti da scasso si proclami in emergenza abitativa e si risolva da solo il problema. Anzi, poi magari ti candidano pure. Un capolavoro.
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