Così il Cav. si è ripreso il diritto di essere corteggiato da tutti
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Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) – Il ritorno di Berlusconi c’è e non c’è. Non c’è perché non era mai andato via, l’uomo è tenace, non è vendicativo ma è disposto a qualunque dieta di ogni tipo per cancellare il senso di una parabola discendente che dal 2011 (via dal governo, condanna, via dal Senato) lo opprime, e finirla chissà quando ma da invincibile. Si è certamente pentito, in tempi di Macron e di Merkel, di aver fottuto il patto del Nazareno, ma al cuore e al temperamento non si comanda, aveva creduto in Amato e D’Alema che gli promettevano la grazia presidenziale a breve, dunque lo scherzo di Renzi con Mattarella risultò un affronto imperdonabile.
[pubblicita_articolo allineam=”destra”]Ma non tutto il male viene per nuocere. Mettendosi di lato, si può godere comunque di una bella vista. E ora è chiaro che Salvini e Di Maio sono come dice lui meteorine, che l’impresentabilità del leghista e la falsa rispettabilità cercata dal grillozzo sono un bluff, una perdita di tempo. Quindi lui torna ed è l’unica potenziale alternativa di tipo nazionale, appena credibile ma credibile, al Pd di governo che ha navigato sulla rotta della ripresa economica e sociale ma ha le solite ossa rotte per via della battaglia dei capi che infuria in tutte le sinistre d’Europa, e le perde. Nessuno stupore che bastino due settimane o tre da Chenot a Merano, e un paio di convegni con Antonio Tajani, e la promessa di tornare in tv alla guida del popolarismo europeo in Italia, che si accodi a lui chi fa il lepenista de noantri, altro che leadership, per fare di Berlusconi in età veneranda un giovane Berlusconi d’assalto, con i suoi indimenticati sacrifici monacali e le sue birichinate e tutto il resto.
Poi si vedrà. Inutile speculare sul dopo con questa legge elettorale che non è più il Consultellum, dopo il 4 dicembre scorso, ma il Referendellum, una legge resa fatale dal voto massiccio che ha respinto le riforme costituzionali di Renzi, abolizione del Senato e ballottaggio in prima istanza. Ora al Cav. conviene fare il pieno dei suoi voti, pochi o tanti che siano, e spenderli con parsimonia in un Parlamento che sarà esso a decidere del governo e del suo capo. Se Salvini si decide a portare acqua al suo mulino, benvenuto in posizione secondaria, e con un certo imbarazzo, altrimenti chieda un prestito a Putin e ci provi da solo. Quanto ai grillozzi, sono un’impresa privata della Casaleggio e Associati, estorsiva verso le istituzioni e i loro stessi eletti, come denuncia anche il Financial Times, e hanno dato prova di quanto sanno fare a Roma e a Torino: niente. Grillo in persona si è stufato di sé stesso, della sua noia di vecchio attore in disarmo, e non ci crede più, lo si vede lontano un miglio. La festicciola è finita.
L’uomo che conta
Restano i Gentiloni, i Minniti, i Calenda e altri con cui ci si può mettere eventualmente d’accordo, con Renzi capopartito in un Parlamento proporzionale, per fare e disfare governi acconci, giocando il ruolo che a Berlusconi resta, quello del player, l’uomo che conta e che esige il rispetto e il corteggiamento di tutti o quasi tutti. Che ne sia in tutto questo della cara Patria italiana è domanda oziosa. Il grosso del lavoro per la ripresa è stato fatto, una legislatura a dominante Pd ha fatto quello per cui gli eletti sono pagati, ha offerto governabilità con tre esecutivi diversi, un progetto di leadership nazionale ed europea abortito ma dopo tre anni di fuochi d’artificio, e un governo che dovrebbe essere in calando e invece risolve la questione libica e accompagna la ripresa della crescita e dell’occupazione. Il paradosso è che questo partito di governo rischia di condividere la sorte delle sinistre di governo in Europa, la rottamazione. La politica italiana non è l’arte del possibile ma dell’impossibile, vecchia verità inutile ma irrecusabile. E nell’impossibile da sempre un Berlusconi giocoso sa come districarsi, usando la dissimulazione bonaria che è sua e che lo distingue dal trumpismo, già finito in mano ai generali e alla palude washingtoniana, per nostra fortuna.
Il Cav. è un privato che osa essere sé stesso, sempre, ma non trascende mai i propri limiti e si adatta secondo la famosa legge del farsi concavo con il convesso e convesso con il concavo. Chi ha paura del lupo cattivo, il big bad wolf, ha ragione di allarmarsi, forse, ma non di stupirsi.
Foto Ansa
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