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La preghiera del mattino

Cose da tenere presente per non ridurre la crisi ucraina alle banalità di Riotta

Lodovico Festa
23/02/2022 - 10:47
Blog
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Soldato ucraino

Su Atlantico quotidiano Federico Punzi scrive: «Ed ecco il guaio in cui si sono infilati gli americani quando l’amministrazione Obama ha dato il suo sostanziale nulla osta al raddoppio del Nord Stream e lasciato mani troppe libere alla Germania nella guida dell’Europa per potersi concentrare sull’Indo-Pacifico. Il peggior incubo, agli occhi di Washington (e non solo): vedere saldarsi gli interessi tra la potenza sconfitta nella Seconda Guerra mondiale e quella sconfitta nella Guerra fredda e vederle tornare egemoni sul continente europeo. Lo scenario peggiore descritto da Henry Kissinger qualche anno fa, commentando l’incontro Trump-Putin: l’Europa “un appendice dell’Eurasia”, alla mercé di una Cina che vuole restaurare il suo storico ruolo di “Regno di mezzo”. L’America un’isola geopolitica, protetta da due enormi oceani ma senza un ordine basato su regole cui sostenersi».
Senza dare alcuna sponda alla politica dei fatti compiuti di Vladimir Putin, su un sito liberalconservatore come Atlantico quotidiano, Punzi spiega però come la situazione attuale sia figlia di una totale mancanza di strategia del fronte atlantico.

Su Strisciarossa Paolo Soldini scrive: «Ma, pur mettendo da parte la controversia sull’esistenza o meno a suo tempo di un preciso accordo tra Gorbaciov e George Bush senior sul non allargamento della Nato in cambio del placet di Mosca alla riunificazione tedesca (sul quale una parola definitiva è venuta recentemente dalla storica americana Mary Elise Sarotte), sembra si possa dire che fino alla svolta imposta da Putin con il discorso di lunedì scorso, un discreto margine di negoziabilità restava aperto. Era il terreno sul quale si muovevano le diplomazie di Francia, Germania e, con qualche ritardo, Italia e sul quale era stato strappato da Emmanuel Macron il sì condizionato di Putin e di Biden a un incontro diretto, mentre da Olaf Scholz era venuta l’assicurazione che, a prescindere dalle posizioni di principio, l’adesione dell’Ucraina alla Nato sarebbe di fatto impossibile per un discreto numero dei prossimi anni. Dichiarazione corroborata, un po’ a sorpresa, anche da un’onesta ammissione del Secretary General dell’alleanza Jens Stoltenberg, dal cui entourage ci si è spesi a ricordare a tutti che lo statuto dell’alleanza prevede che non possano entrare paesi che abbiano conflitti aperti con i vicini o nel proprio territorio. Che è esattamente il caso dell’Ucraina».
Su un sito di giornalisti ex comunisti molto legati al loro passato, si ricostruisce con intelligenza il percorso attraverso il quale si è arrivati alla nuova crisi ucraina.

Su Affaritaliani Paolo Quercia, docente di Studi strategici all’Università di Perugia e direttore della rivista specializzata Geotrade che si occupa di sanzioni e restrizioni, dice:
«In attesa di valutare i dettagli giuridici nei testi delle sanzioni europee, il blocco complessivo di provvedimenti odierni è di piccola portata. De resto, anche la stessa azione della Russia è per il momento graduale: siamo di fronte a un riconoscimento delle repubbliche e non c’è stata un’annessione di quei territori a Mosca. All’annuncio di Putin è seguita una prima risposta con sanzioni limitate alla specifica situazione del Donbass. Le sanzioni sul debito russo erano già in corso».
Ecco un’analisi che spiega come le trattative siano ancora aperte.

Su Open si scrive: «Il presidente della Russia Vladimir Putin è pronto a trovare “soluzioni diplomatiche” alla crisi ucraina. Lo ha detto durante un intervento televisivo nella Giornata del difensore della patria. E ha aggiunto che le soluzioni diplomatiche “non hanno un carattere ‘negoziabile’ degli interessi e della sicurezza del paese”: “Il nostro paese è sempre aperto al dialogo diretto e onesto per trovare soluzioni diplomatiche ai problemi più complessi. Tuttavia, gli interessi e la sicurezza dei nostri cittadini non sono negoziabili per noi”. Intanto nella notte la portavoce della Casa Bianca Jen Psaki ha fatto sapere che non è in programma un incontro tra Biden e Putin: gli Usa non “chiuderanno mai completamente la porta alla diplomazia”, ma che è necessario un cambiamento di atteggiamento da parte della Russia».
Su Open e si registrano le difficoltà a riprendere un dialogo tra Washington e Mosca, ma anche come resti ancora qualche speranza.

Sul Sussidiario il generale Giorgio Battisti, già comandante del corpo d’armata di Reazione rapida della Nato in Italia e capo di stato maggiore della missione Isaf in Afghanistan, dice: «Sia gli Usa che i paesi Nato non hanno mai parlato di intervento militare, ma di sanzioni: in questo modo hanno dato una sorta di green pass a Putin».
Ecco un punto di vista da tener presente.

Sul Sussidiario Edoardo Canetta scrive: «Proprio la storica separazione indolore tra l’attuale Repubblica Ceca e quella Slovacca è un esempio a cui riferirsi per avere un’immagine concreta di come possano risolversi certi problemi attraverso trattative diplomatiche che non partano da pressioni militari o economiche».
Canetta riflette su un elemento centrale dell’attuale crisi: dopo la fine dell’Unione Sovietica nel 1991 non si cercò di definire un nuovo ordine europeo tenendo conto anche delle tante questioni etniche che la vita dell’impero sovietico aveva determinato. Nessun Trattato di Westfalia, nessun Congresso di Vienna, nessuna Conferenza di Yalta.

Su Dagospia si riporta un articolo di Giuseppe Agliastro sulla Stampa in cui si scrive: «È la pietra tombale sugli accordi di Minsk, sanciti sette anni fa per cercare di mettere fine al conflitto nel Donbass: l’area del Sud-est ucraino dove la Russia è accusata da tempo di sostenere militarmente i separatisti nel conflitto scoppiato otto anni fa e nel quale si stima che abbiano perso la vita oltre 14 mila persone».
Ecco un’altra questione di cui tener conto: la non applicazione degli accordi di Minsk e una guerra civile in cui si stima che abbiano perso la vita oltre 14 mila persone.

Sulla Zuppa di Porro Stefano Magni scrive: «Domandiamoci, a questo punto, quale forma di deterrenza ha esercitato l’Occidente, nome con cui generalmente si indica l’insieme dei paesi membri della Nato e dell’Ue. Come sappiamo, l’Ue non ha una forza militare, ma è ancora considerata una potenza economica, dunque potrebbe esercitare pressing economico. Tuttavia, la “locomotiva” dell’Unione, nonché uno dei più forti membri europei della Nato, la Germania, ha rifiutato ogni forma di sostegno concreto (in armi) all’Ucraina. E la spiegazione è molto semplice: il Nord Stream, da cui importa il gas dalla Russia. Ed è in discussione l’apertura del raddoppio, il Nord Stream 2, ma i tedeschi non sono stati chiari in merito».
Magni mette in evidenza alcuni punti irrisolti dello schieramento atlantico.

Su Formiche Francesco Scisci scrive: «La coda italiana della vicenda potrebbe essere drammatica se non controllata. In Parlamento e fuori c’è una minoranza rumorosa di un partito putiniano che ha sostenuto il governo di Mario Draghi. Questo oggi è chiaramente sconfitto, ma non ha smesso di esistere, e anzi in parte nega la sconfitta, a ragione o a torto. Questa frattura attraversa il Parlamento e le forze che già per altre ragioni sono riottose nel governo. Il governo in effetti appare quindi molto in bilico. Se non ci sarà un cambiamento di rotta forte nelle prossime ore, allineando tutta la maggioranza su una politica con la Russia, sul programma economico e sulle misure anti Covid, il governo Draghi non ha nei fatti la forza politica per andare avanti, al di là di ogni sostegno da parte del presidente Sergio Mattarella e di ogni voto in Parlamento».
Scisci mette in evidenza le fragilità politiche anche di fronte alla crisi ucraina di una maggioranza di governo che non volendo mandare Mario Draghi al Quirinale, lo ha irrimediabilmente azzoppato: in questo quadro i nuovi problemi alla nostra politica estera non vengono da Matteo Salvini, come strilla la stampa mainstream dedita solo alla propaganda e non all’analisi politica. Sul Blog di Beppe Grillo si sono lette le seguenti tesi: la pace nel mondo come dimostrano le recenti Olimpiadi invernali ha come pilastro la Cina, il principale problema europeo consiste nell’egemonismo americano e l’Ucraina un po’ di guai se li è cercati. Ora da Grillo dipendono le sorti del nostro ministro degli Esteri nonché quelle di Giuseppe Conte. Tirate voi le conclusioni.

Su Dagospia si riporta un articolo di Paolo Valentino sul Corriere della Sera in cui si scrive: «Dentro il partito, l’ex cancelliere può contare soprattutto sull’appoggio di Manuela Schwesig, potente premier del Meclemburgo, il Land dove approdano i tubi del gasdotto. Per Olaf Scholz l’ex cancelliere è una mina vagante. Durante la visita a Washington, in una intervista con la Cnn, ha avuto addirittura bisogno di precisare: “Schröder non parla per il governo. Io sono ora il cancelliere”».
Ecco la descrizione di una situazione che appena registrata, viene messa da parte da media mainstream che si occupano solo di propaganda: altro che Salvini, curate bene come si muovendo Gerhard Schröder.

Sulla Zuppa di Porro Rino Cammilleri scrive: «Per gli angloamericani la Russia e la Germania devono restare scollate e ostilmente separate. È dai tempi di Napoleone che l’impero marittimo fa di tutto per impedire un blocco continentale, economico in questo caso. Di tutto. Putin è sincero anche quando ricorda che l’Ucraina è il cuore storico della Russia. Infatti, l’inizio della Russia parte da Kiev, oggi capitale ucraina, quando mille anni fa il gran principe dei Rus’, Vladimir, sposò una principessa bizantina e convertì il suo popolo al cristianesimo».
Se non ci fosse Cammilleri, bisognerebbe inventarselo, spesso butta il cuore oltre l’ostacolo trascurando la gravità delle recenti mosse putiniane, però spinge a guardare i processi in corso nella loro complessità storica, non fermandosi alla superficialità degli avvenimenti.

Su Huffington Post Italia Gianni Riotta scrive: «Il disordine mondiale di Zar Putin chiude dunque, per sempre, l’equilibrio sancito dalla fine della Seconda Guerra mondiale. E apre una stagione di travaglio per la generazione europea che sognava le avventure di Erasmus».
Che cosa c’entra l’ordine mondiale post 1945, con un’Europa riassestatasi dopo il 1989-1991? Che cosa c’entra la generazione Erasmus con i complicati problemi di sicurezza e di sviluppo economico oggi in campo?

Su Affaritaliani si riporta questa frase di Giuseppe Conte: «Il rischio di un’escalation è sotto gli occhi di tutti, perché questa iniziativa della Russia segna un innalzamento del livello critico. Dobbiamo assolutamente scongiurare una guerra. Non è accettabile e ancor di più non può essere accettata dopo due anni di pandemia».
Il mitico “Giuseppi” alla fine riesce a essere più ridicolo di Riotta: non sarebbe stato poi così grave se i russi avessero invaso il Donbass prima dell’epidemia.

Foto Ansa

Tags: crisi ucrainagerhard schroederGermaniajoe bidenmario draghinord stream 2Olaf ScholzRussiaUnione EuropeaUSAvladimir putin
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