C’è un coniglietto su Playboy. Mica un coniglietto qualunque, no, un coniglietto gay della «Lgbt e brown people community» (il virgoletto è del coniglio, Bretman Rock). E che ci fa un filippino 23enne, noto youtuber e “beauty influencer” da «18 milioni di follower su Instagram» (ormai non ti fila nessuno senza milioni di follower in cv) sulla copertina di un «magazine per soli uomini»? Fa «la rivoluzione», ovviamente!
Riassunto glamour: Rock è il terzo uomo ad apparire tutto solo sulla cover di Playboy dopo il fondatore Hugh Hefner e il trapper portoricano reggaeton Bad Bunny (insomma quello della canzone ispirata a Covid e quarantene En Casita), ma è il primo apertamente gay e capace di truccarsi meglio di una donna (ha raggiunto la celebrità planetaria pubblicando tutorial su come realizzare un counturing perfetto o eliminare i brufoli). Ad essere appassionati di rivoluzioni annunciate come tali dovremmo ricordare le cover dedicate anche a mezza dozzina di transgender fra modelle, attrici e playmate ma tant’è: ora c’è Bretman Rock, immortalato nel legendary bunny outfit, orecchie, polsini, papillon, coda batufolosa, più qualche chilo di dorsali, tatuaggi, zatteroni e due sopracciglia che Miriam Leone ed Elio e le storie tese scansateve.
Forza tette, anzi no, anzi sì
Ma come, che ne è della rivoluzione precedente la rivoluzione, quella per intenderci in cui Playboy aveva annunciato lo stop ai nudi integrali lasciando presagire il ritorno alla caratura intellettuale dei primi anni che redimeva ogni nudità, per capirci quelli delle interviste a Martin Luther King, John Lennon, Malcolm X, Vladimir Nabokov e al devoto Jimmy Carter? E che ne è della controrivoluzione della rivoluzione prima della rivoluzione, quando Playboy tornò sui suoi passi al grido “ci siamo sbagliati, naked is normal, forza tette» e tornò a «rivendicare ciò che siamo» (parola di Cooper Hefner, figlio del fondatore)?
Tette o meno, le rivoluzioni di Playboy si sono sempre organizzate, molto prosaicamente e come tutti nel settore, in base ai crolli in edicola: 5,6 milioni di copie venute nei momenti d’oro, 800 mila quando il magazine decise di rivestire le conigliette sconfitte da sesso e pornografia a portata di click. Dopo di che, l’anno di castità autoimposta non portò a nulla, la Playboy Mansion, reggia delle conigliette, fu messa in vendita e la rivista concentrò la sua ritirata sul web dove si stabilì definitivamente a marzo 2020.
Playboy e le rivoluzioni mainstream
Con la primavera del coronavirus finiva infatti l’era di Playboy cartaceo e del suo paginone centrale, ultimo rimasuglio di quanto per 60 anni accese l’immaginazione degli uomini sfidando bigotti e femministe: «Se c’è una signorina piegata in tre – la pagina, non la signorina, anche se occasionalmente le due circostanze possono coesistere – avete indubbiamente in mano Playboy», scriveva il grande Antonio Gurrado recensendo nel 2009 per Tempi l’attesissimo numero del ritorno di Playboy Italia: sì perché tra un’intervista ad Alberoni, una a Sabelli Fioretti, una lamentazione di Saviano e un sondaggio sul politico più sexy dello scenario internazionale, un Michele Dalai «che narra l’amore impossibile fra uno svitato e la sua panchina» e una recensione al Viaggio in un’Italia diversa «che non è una guida ai citofoni delle più rinomate drag queen patrie ma l’annuale asessuata fatica di Bruno Vespa», il dubbio ti veniva.
E oggi c’è Bretman Rock, uno che fa girare le cover su Instagram come neanche Marilyn la testa ai 60 mila marines di stanza in Corea, e tutti a titolare «rivoluzione», «cade l’ultimo tabù», «Playboy fa la storia», «sta succedendo sul serio?». Ma che davvero nell’anno del coro unanime – «conformatevi» – levato da tutti i giornali, testate verniciate arcobaleno, copertine dedicate all’uomo incinto, i Pride, gli stadi Lgbt, i loghi gender fluid, un gay inconigliato sarebbe una rivoluzione?
Conigli, tabù e maschi etero
Alle reazioni di chi ci ha visto un affronto alla “mascolinità” il portavoce di PLBY Group ha sfoderato una risposta più scontata (e da conigli) di un gay in copertina: «Sono simili a quelle che Playboy ha ricevuto quando nel 1971 mise in copertina l’afroamericana Darine Stern, quando nel 1991 scelse la modella trans Tula Cossey; quando ci siamo battuti per l’aborto al tempo di “Roe contro Wade” e negli anni Settanta per la riforma della cannabis. Se un uomo gay si sente sexy nel costume iconico delle conigliette, perché non dovrebbe poterlo indossare orgogliosamente?». Più o meno la stessa risposta data a presidio della rivoluzione dallo stesso Bretman Rock, che lanciando le foto di copertina ha spiegato: «Posto questa cosa per rompere il xxx agli eterosessuali, se vi disturba è perché vi eccito (alert traduzione edulcorata, ndr), ammettetelo».
Sono decenni che nessuno compra più Playboy per le donne nude ma ce ne è abbastanza per rimpiangere i tempi in cui sfogliandolo il maschio etero alla Gurrado realizzava amaramente che «se volessi vedere due donne nude e sentire Saviano che si lamenta, tanto varrebbe comprare l’Espresso».