La voce che manca alla Conferenza nazionale sulle dipendenze
Fare sedere tutti le parti intorno a un tavolo per riuscire a fornire al Parlamento, come prevede la legge, uno strumento per valutare le correzioni della normativa e al tempo stesso mettere in atto un piano di azione sulle dipendenze. Il ministro alle Politiche giovanili, Fabiana Dadone, ha spiegato così in una conferenza stampa gli obiettivi della VI Conferenza Nazionale sulle Dipendenze che si terrà a Genova il 27 e 28 novembre. Al di là delle promesse ufficiali, e dopo avere doverosamente sottolineato l’urgenza di questa Conferenza, che non si è più tenuta dal 2009, nonostante fosse dovuta essere convocata ogni tre anni, è evidente come dietro a quel «fare sedere tutte le parti intorno a un tavolo» rischi di non esserci un confronto reale con tutti gli operatori.
Il referendum come «occasione di dibattito»
La linea del ministro Dadone sull’argomento è stata indirettamente spiegata in una lettera ad Avvenire del presidente del Coordinamento nazionale Comunità di accoglienza, Riccardo De Facci, il quale ha scritto che il referendum per la depenalizzazione del consumo e della coltivazione di cannabis, «e il testo base approvato in commissione Giustizia che modifica la normativa in vigore sulle droghe, dovrebbero essere l’occasione per aprire un dibattito serio e franco sul mondo del consumo e delle dipendenze. Siamo convinti che la legislazione esistente sia inadeguata e inefficace rispetto alle difficoltà e al desiderio di protagonismo e di futuro dei giovani che incontriamo con i nostri progetti e ai bisogni delle tantissime persone che ospitiamo nelle nostre comunità». Secondo De Facci «è inaccettabile, prima di tutto dal punto di vista etico ed educativo, che un consumatore di sostanze finisca in carcere, o che in generale debba subire una sanzione penale».
Il falso mito delle «carceri piene di chi fuma spinelli»
Giusto, come ha sottolineato in una replica sullo stesso giornale Carlo Giovanardi, «tanto è vero che dopo un confronto nelle Conferenze nazionali sulla droga di Palermo del 2005 e Trieste nel 2009, quando avevo la delega governativa di dirigere il Dipartimento antidroga della Presidenza del Consiglio, la normativa si è mossa proprio in quella direzione. Con il consenso pieno infatti di Comunità come quella di San Patrignano e la partecipazione convinta di quei giganti della prevenzione e del recupero dei tossicodipendenti che sono stati don Pierino Gelmini, don Oreste Benzi e don Mario Picchi non solo è stata confermata la depenalizzazione del consumo personale ma introdotta la possibilità di curarsi in Comunità, senza finire in carcere, per i tossicodipendenti che sono stati condannati per reati comuni sino a 6 anni di detenzione».
La richiesta delle comunità terapeutiche al ministro
Per evitare che il dibattito verta attorno alla falsa propaganda sulle “carceri piene di ragazzi che fumano uno spinello” andrebbe ascoltato il mondo dei servizi pubblici e privati e degli operatori che quotidianamente si confrontano con il dramma delle dipendenze. A questo proposito, le reti delle comunità terapeutiche Comunitalia, F.I.C.T., INTERCEAR, Ser.Co.Re e A.C.T.A., denunciano invece l’assenza totale, nel programma della Conferenza di Genova, di un confronto sul tema. Per questo hanno inviato al ministero alcuni giorni fa una lettera, pubblicata in anteprima da Vita, che sottolinea l’assenza di questo confronto e chiede al ministro di intervenire:
«Per anni, Comunità Terapeutiche, Ser.D. e servizi progettuali territoriali, abbiamo fortemente sollecitato, chiedendo a gran voce, la necessità di convocare la Conferenza nazionale triennale.
La Conferenza Nazionale per noi rappresenta esattamente quanto stabilito dalla legge: un luogo di confronto tra gli operatori del settore “anche al fine di individuare eventuali correzioni alla legislazione antidroga dettate dall’esperienza” (art.1 n.15 DPR 309/90).
Siamo rimasti favorevolmente colpiti, e lo abbiamo ribadito anche pubblicamente, quando Lei, gentile Ministro, ha deciso di convocare con urgenza la Conferenza, comprendendo i motivi che muovevano la nostra richiesta.
Alcuni di noi hanno potuto collaboratore come esperti nei tavoli preparatori alla stesura dei documenti tematici da portare alla Conferenza e di questo la ringraziamo sinceramente.
Abbiamo lavorato con impegno, seppure eravamo coscienti della scarsa rappresentatività data al variegato mondo del privato sociale nei tavoli tematici.
Però, dopo avere letto il programma provvisorio della Conferenza abbiamo, con sconcerto, dovuto prendere atto che non era stato previsto alcun spazio dedicato ad un confronto tra le diverse rappresentanze del sistema dei servizi pubblici e privati.
Il programma provvisorio che abbiamo letto, e la mancanza assoluta di contraddittorio e possibilità di confronto, svilisce le nostre attese e ci desta serie preoccupazioni per il futuro del nostro lavoro.
Sembra che il sistema dei servizi, che nel bene e nel male in questi anni ha rappresentato un tassello fondamentale nella cura e nella riabilitazione dalle dipendenze e dalle svariate forme di consumo problematico e abuso, sia stato completamente dimenticato, quasi paradossalmente, non ce ne fosse più bisogno. Eppure la realtà quotidiana dei nostri territori ci parla di altro, ci narra di operatori che quotidianamente, spesso in condizioni estremamente difficili, si confrontano con il dramma delle persone con dipendenza e delle loro famiglie.
Per questo motivo siamo a scrivere per chiederLe, con forza, l’inserimento nel programma di un momento di confronto tra e con le rappresentanze degli operatori, senza il quale riteniamo sia poco utile la nostra presenza a Genova.
Nella speranza che possa esserci ancora spazio per una modifica al programma che possa recepire la nostra richiesta, cogliamo l’occasione per porgervi i nostri più cordiali saluti».
La speranza, a questo punto, è che il ministro accolga questo appello arrivato da chi da sempre combatte le dipendenze, e cambi il programma della Conferenza.
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