Con le sue battute su Brunetta Dario Fo si è finalmente meritato il Nobel

Di Alfredo Mantovano
06 Maggio 2013
Attraverso le sue esternazioni all'insegna del disprezzo dell'altro, Fo si rivela premio Nobel del totalitarismo di oggi

Qualcuno ha proposto di revocargli il premio Nobel. Ammesso che sia possibile, non sono d’accordo. Dario Fo merita il Nobel più per ciò che ha detto a proposito dell’onorevole Brunetta che per Mistero buffo. L’importante è intendersi sulla disciplina dalla quale far discendere il prestigioso premio. Poiché ci stiamo abituando, dopo aver deriso le persone serie, a prendere sul serio i comici, è il caso di prendere le parole di Fo per quello che sono. Seguendo la sua logica, chi ha una statura fisica su cui ironizzare è out, deve farsi da parte: il suo destino è segnato. Magari, se durante l’amniocentesi già si manifesta il gene della scarsa altezza, si può agire in via di prevenzione: lo aggiungo io, ma è del tutto coerente, e peraltro è praticato nei reparti ivg, e lo sarà ancora di più se – come sembra – si estenderanno gli esami per la trisomia 21 (che non fa riferimento allo standard dei centimetri, bensì allo standard intellettivo).

Ecco: attraverso la discriminazione fondata sulle qualità fisiche, Fo si rivela Nobel del totalitarismo di oggi. Esagerazioni? L’essenza del totalitarismo coincide con l’arbitrio che un uomo esercita su un altro uomo al punto da modificare o addirittura da togliergli la vita. Se il confine fra la vita e la non vita non è netto e invalicabile, non si può dire che la prospettiva totalitaria sia alle spalle. Se è possibile (e anzi è stimato un bene, poiché riceve il contributo pubblico) togliere la vita a un uomo in quanto è troppo giovane – non ha completato i nove mesi di permanenza nel corpo della madre –, non esistono ragioni di principio per non uccidere chi è troppo vecchio (attento, Fo!) o per non uccidere il portatore di handicap. In fondo, va riconosciuta a Fo coerenza di vita: ha iniziato la sua da fucilatore nella Rsi, la conclude da fucilatore verbale, all’insegna del medesimo disprezzo dell’altro.

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3 commenti

  1. Sergio

    Dario Fo, poeta di corte dell’ultrasinistra, flagella nella sua ultima fatica teatrale il senatore Amintore Fanfani, responsabile di ogni nequizia passata, presente e futura. I sarcasmi più grevi hanno però come bersaglio il metraggio del notabile democristiano, che, come tutti sanno, non è quello di un granatiere. Touluse-Lautrec, che per gli stessi motivi dovette per tutta la vita subire analoghe canzonature, disse una volta, giocando sulla lunghezza del suo doppio casato: “Ho la statura del mio nome”. Non sappiamo se questo discorso si possa applicare a Fanfani. Certo, si applica a Fo.

    INDRO MONTANELLI
    11 GIUGNO 1975
    “CONTROCORRENTE” DE “IL GIORNALE”

  2. beppe

    la madre degli imbecilli non riposa mai. purtoppo ce lo dovremo sorbire ancora per molto e ..peggiorerà invecchiando.

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