Comunione è liberazione. Neanche un ateo può non vedere

Di Luigi Amicone
01 Novembre 2015
Nel dramma della vita, un divorzio (la croce) può distruggere la fede. Ma la compagnia di Cristo resta. E «salva tutto». La prova di un «ormai ex credente»

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Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) – Riportiamo di seguito il botta e risposta avvenuto via e-mail tra un lettore e Luigi Amicone. Lo spunto è l’articolo “Lettera aperta ai Padri sinodali di un figlio di divorziati risposati. Cioè io”, firmato dal direttore di Tempi e pubblicato sul nostro sito lo scorso 17 ottobre.

20 ottobre
Gentile direttore Amicone, ho letto con attenzione e partecipazione il suo articolo “Lettera aperta ai Padri sinodali di un figlio di divorziati risposati. Cioè io” e i commenti che ne sono seguiti. Le voglio offrire anche io un piccolo pezzo di «me stesso invece che una mera opinione». La separazione dei miei genitori è stata una svolta fondamentale nella mia vita di (ormai ex) credente, nel senso che mi ha allontanato dalla Chiesa.

Ho frequentato il movimento di Comunione e Liberazione per anni: Gioventù Studentesca, gli universitari di Cl, le vacanze estive, l’esperienza meravigliosa del lavoro negli alberghi. Ho perfino fatto in tempo ad ascoltare don Giussani a una conferenza dal vivo. Ero in cerca, spinto dal senso religioso che tutti noi abbiamo costituzionalmente in corpo, di risposte al mio desiderio di Infinito; attratto come una calamita verso una proposta cristiana che non fosse moralistica e astrattamente dogmatica.

Già a quel tempo, però, il matrimonio dei miei genitori scricchiolava paurosamente e si trascinava penosamente, ormai da lustri, fra alti e bassi. A un certo punto, credo a una “scuola di comunità” (la catechesi di Cl, ndr), viene citato questo episodio attribuito a don Giussani stesso: una donna si confida con lui, gli racconta le pene del suo matrimonio. La risposta del Giuss, come venne citata, fu: «Offri tutto questo per la maggior gloria di Cristo».

Ecco, la cosa mi colpì nel profondo, mi colpì nella carne. Avevo sotto gli occhi la condotta di mio padre, un padre a cui voglio bene: se penso a lui mi prende uno struggimento e una tenerezza infinita. Ma tenerezza e struggimento non cancellano il fatto che sia stato il peggiore dei mariti possibili per mia madre. Avevo sotto gli occhi anche lo struggimento doloroso di mia madre, una madre profondamente cattolica. Il mio sguardo si posava su questi avvenimenti, e le parole del Giuss mi martellavano nella testa e nel cuore. Ma come potevo, da figlio, da essere umano, guardarla negli occhi e chiederle di «offrire tutto per la maggior gloria del Signore»? Come potevo ignorare il dolore e la pena che provava, i pianti, la depressione, il senso di colpa per colpe che non aveva… e perfino i commenti dei preti che la incoraggiavano ingenuamente «ad essere più dolce e comprensiva»? (Magari si sposassero anche i preti: quante cose capirebbero).

Lei, direttore, a un certo punto dice che da figlio adolescente, attraverso la fede, è diventato uomo: figlio e in qualche modo (aggiungo io) anche padre, perché sostegno, conforto, amico dei suoi genitori e tutto questo essendo saldo e certo della paternità della Chiesa su di sé.

Per me è stato completamente diverso. Non me la sono sentita di chiedere una cosa simile a mia madre, non me la sono sentita di spingerla a permanere in una condizione che la stava lacerando. Io e mio fratello le abbiamo dato il coraggio che cercava e la cosa mi ha definitivamente allontanato dalla Chiesa. E cuore, ragione, la ritrovata serenità di mia madre mi dicono, mi dimostrano, che fu decisione giusta. Il prezzo da pagare però è stato la perdita della fede. Un commentatore, rispondendo alla mia frase «cosa sia giusto per gli altri non deve, non può, deciderlo lei», ha scritto: «Infatti lo decide Dio, non io». Ecco, magari non voleva, ma ha colpito nel segno. Nel segno perché la vita ti può gettare una Croce (una malattia, un incidente, la perdita prematura di una persona cara), ma non riesco ad accettare una fede, una proposta per la vita, che ti chiede non già di accettare una croce inevitabile, ma di prendere assi e chiodi e costruirtene una alla quale tu stesso ti devi inchiodare. O peggio ancora, ti dice di chiedere questo sacrificio alla persona che più ti è cara, alla persona che ti ha dato la vita. E tutto questo, paradossalmente, per il centuplo qui in terra.
Andrea

Ps. Oggi il dibattito sulla Comunione a divorziati e risposati è quanto mai di attualità. Come ho già scritto nei commenti, non chiedo alla Chiesa di cambiare dottrina: non può e non deve farlo. Quello che però, a mio modesto avviso, deve fare se vuole avere la pretesa di proporre una visione per l’Uomo, per il suo compimento, per la sua felicità, è di trovare il modo di includere maggiormente le persone risposate nella vita della stessa Chiesa. So che si obietterà che la cosa già accade. Io invece non la do per scontata. Quarant’anni fa (un battito di ciglia nella millenaria storia del cristianesimo) una donna che avesse lasciato il marito sarebbe stata additata dal pulpito (“peccatrice, adultera!”). Forse ancora qualcosa in più si può fare: ai Padri sinodali l’arduo compito di trovare come, rimanendo fedeli alla parola di Dio. Saluti.

20 ottobre
Caro Andrea, ti scrivo di getto e ti rispondo che sono sicuro che quella frase di don Giussani ripetuta da uno che non è Giussani non poteva che avere quell’effetto lì, perché così è principio di un saggio, una auctoritas, una legge, colà (in bocca al Giuss quando precisamente la pronunciò) è un rapporto. Tu saresti potuto salire sul palco subito dopo che avevi sentito dire da don Giussani una “mostruosità” del genere (e dico consapevolmente “mostruosità” perché non può non ferire l’umana ragione), e lui ti avrebbe detto: «Scusa, cosa posso fare? Cosa possiamo fare? Intanto, stiamo insieme. Voglio che tu mi tenga informato tutti i giorni e se c’è qualcosa che io posso fare, dimmelo, sono con te». Ecco la differenza. E se mi hai scritto vuol dire che da qualche parte della tua testa e del tuo cuore questa differenza la sapevi già. Comunque, il passato è passato. E l’adesso?
Ciao, non voglio essere invadente ma se per caso volessi passare di qua a bere un caffè, io sto in via Confalonieri 38 a Milano e il mio numero è questo, ciao.
Luigi Amicone

Ps. Più precisamente: “apparenza di mostruosità”!

[pubblicita_articolo allineam=”destra”]20 ottobre
Caro Luigi (scusami se mi permetto il tu), sono sbalordito e grato che tu abbia avuto la pazienza di leggermi e rispondermi personalmente. È un segno buono, concreto, di amicizia. Una amicizia preziosa anche se non ci siamo mai incontrati di persona. Chiedo scusa se il mio commento al tuo articolo possa apparire duro, drastico o scortese ma l’argomento toccava corde sensibili e mi riportava a una pena familiare (litigi, separazione, divorzio) che è durata almeno quindici anni. Comunque non sono stato del tutto sincero: la fede non si perde mai completamente perché alla fine noi siamo sempre “povera voce” che chiede l’eternità. Sì, lo ammetto, è come tu mi scrivi intorno a quella frase di don Giussani, «vuol dire che da qualche parte della tua testa e del tuo cuore questa differenza la sapevi già».

Io non vado più in chiesa, non mi comunico e non mi confesso da almeno quindici anni. Ma l’amicizia e i rapporti che sono nati dentro l’esperienza del movimento sono fra le cose più care che ho. Questa cosa, questo sentire, il loro essermi così cari e preziosi, in questi anni è sempre rimasta sotto traccia, interiorizzata, non si è mai palesata apertamente. Ma quest’anno, il 27 luglio, un giovane amico, marito di una ragazza che mi è sempre stata molto vicina negli anni del movimento, è morto. Morto sotto le mani della moglie che cercava di rianimarlo, sotto gli occhi della figlia undicenne. È stato… beh, come puoi immaginare non ci sono parole per dire cosa sia stato.

Però qualcosa è accaduto, qualcosa è passato, un seme fecondo è caduto in terra. Al rosario (sì, ai matrimoni e ai funerali ci vado), poi al funerale, al cimitero per accompagnarlo fino alla sua ultima dimora terrena. Guardavo questi volti cambiati dal tempo (ho 43 anni e ho conosciuto Gs a 17) e mi erano così familiari e intimi, come se il tempo non fosse mai passato.

Li guardavo e provavo gratitudine per quelle persone. Persone che non vedevo da anni, altre che saltuariamente frequento ancora. Gratitudine e sorpresa: non c’è stato solo il movimento di Comunione e Liberazione nella mia vita, non sono le uniche persone in gamba e di cuore che abbia mai conosciuto. Ce n’è tanta di brava gente al mondo: basta non distogliere lo sguardo e aver la pazienza di conoscerle.

Eppure solo loro mi fanno questo effetto. Allora lì, sul sagrato, sul brecciolino del viale del cimitero, finalmente ho capito perché mi erano così care: avevo bisogno di loro, anche della loro semplice esistenza, per tenere viva la speranza della mia “povera voce” che chiede l’eternità. La loro semplice esistenza è conforto, un fattore positivo, uno sguardo buono che salva tutto, non butta via niente, nemmeno il dolore.

Ecco, questo le volevo dire. Non ho mai trovato una fede piena, semplice, genuina, ma – parafrasando un canto imparato durante gli anni in cui ero in Cl – «degli amici grandi grandi, che più grandi non ce n’è». Così grandi che non ho nemmeno bisogno di frequentarli: mi basta sapere che ci sono per tenere a bada il cinismo e il disincanto che, inevitabilmente, noi tutti atei abbiamo.
Andrea

21 ottobre
Con alcuni amici stretti, miei e di Elisabetta (moglie di Davide, l’amico morto a luglio), mi sono permesso di condividere alcuni pensieri. Eccoli.

Cari amici, questo è un modo per dirvi grazie. Per capire tutto dovete avere un po’ di pazienza e leggere parecchie righe. Tutto è nato da un articolo del giornale Tempi edizione online… (segue sintesi dello scambio di e-mail pubblicato qui, ndr)

Tutto qui. È poco ma è tutto allo stesso tempo: è un grazie, un grazie che non avevo mai pronunciato perché non mi ero accorto pienamente di aver ricevuto qualcosa, qualcosa di così prezioso. Perché non è stata solo una amicizia, un incontro, ma una amicizia e un incontro con una promessa e un mistero grande grande, così grande che perfino un ateo a un certo punto non può far finta di vederlo. Grazie di cuore, vi abbraccio fraternamente tutti.
Andrea

Foto Ansa

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23 commenti

  1. Francesca

    perdonatemi ma solo a me sembra che il punto di tutta questa (bellissima) storia non sia il problema della posiziond del Papa e della Chiesa su comunione ai risposati, dichiarazioni di nullità del matrimonio religioso etc ma che il tema centrale sia L’INCONTRO, il BENE incontrato tanto anni fa, germogliato e MAI strappato dal cuore di Andrea??? la possibilità che ancora oggi, nonostante le cose accadute, gli anni passati e la testardagine quel BENE possa rifiorire nella sia vita (e nella vita di tanti, me compresa) ?

    1. Andrea

      Grazie Francesca.

      E’ quello che credo Luigi cercasse di farmi capire: le cose si tengono insieme e si possono offrire senza che diventino inaccettabili (da mostruosità ad apparenza di mostruosità infine a qualcosa che serve e salva) proprio grazie ad un incontro che diventa rapporto; perchè alla fine abbiamo davvero tutti bisogno che il “Verbo si faccia carne e abiti in mezzo a noi” altrimenti è solo speculazione dottrinale e non riusciamo (o almeno io non riesco) a distinguerla dal moralismo.

      E Luigi mi dice, mi scrive, in un passo delle mail che ci siamo scambiati “guarda che lì (in quei rapporti di amicizia) hai visto Cristo” o, parafrasando, “lì si è fatto carne”. ****

      Per il resto chi vivrà vedrà: ogniuno gioca la sua partita personale col desiderio di bene infinito che porta nel cuore; e dico personale perchè tutta la “Compagnia” del mondo non si può sostituire alla tua, alla mia, alla vostra libertà di aderire o meno alla proposta Cristiana.

      ****: “guarda che lì hai visto Cristo” non è nell’articolo e riporto il senso di una frase non pubblicata: non cito parola per parola. Spero di aver riportato il pensiero di Luigi correttamente.

      1. Francesca

        Ciao Andrea!
        mi è di conforto sapere che non sono sola, che al mondo c’è anche qualcun altro che ha vissuto e sta vivendo esattamente quello che è accaduto e sta accadendo a me!
        Sono Francesca, ed oro già intervenuta in questa discussione (trovi i miei post più in alto)

        io ti auguro, anzi CI auguro – a me ed a te – di poter avere ancora, magari per sempre, dei rapporti , fosse pure uno solo, in cui “vedere Cristo” e di avere il cuore quanto meno possibile colmo di rabbia, di rancore e di cinismo per poterLo riconoscere e farci abbracciare.
        ti abbraccio
        Francesca

      2. Francesca

        ps: avrei voluto lasciarti la mia mail ma il sistema non me la fa inserire 🙁

        1. SUSANNA ROLLI

          Prova a postarla in un post, credi che saresti importunata? Io credo di no, o forse hai gia provato…
          ritenta!

  2. Simona

    Grazie per questo dialogo, per questa condivisione. Leggo e rileggo, e penso a tanti conosciuti e ora sconosciuti. Vorrei questo per me. Grazie

  3. muccadicomacchio

    Effettivamente, è lacerante pensare che la madre di Andrea abbia trovato serenità attraverso il divorzio, un istituto giuridico che (in caso di successivo matrimonio) contrasta con l’etica cattolica. Per questo io sono convinto che (alla faccia di tanti vaticanisti e commentatori) Papa Francesco non sia per nulla disposto ad aperture sulla Comunione ai divorziati risposati, ma voglia rendere la procedura di annullamento del vincolo accessibile a tutti. Più di una volta, infatti, ha detto che, se un contadino brasiliano abita a 1500 Km. dal tribunale ecclesiastico, la pratica di nullità diventa una pia intenzione. Sono molto d’accordo, inoltre, con l’intenzione del Papa di inserire delle nuove motivazioni di nullità, come la mancanza di Fede o di una corretta posizione etica, perché oggi il quadro generale del matrimonio e le possibilità di indagine sulla sua validità sono un tantino diverse da quelle del 1700 di Benedetto XIV, che necessariamente doveva insistere su questioni di tipo fisicistico (esclusione della prole, matrimonio non consumato, pazzia ecc.). Se Andrea avesse potuto accompagnare la madre sul percorso dell’annullamento ecclesiastico, probabilmente per lui non sarebbe stata un’esperienza così traumatica, in grado di scavare un solco fra la sua appartenenza e il bene alla madre.

    1. Non esiste l’annullamento, esiste solo la dichiarazione dei nullità, cioè che il matrimonio era invalido in partenza. Un matrimonio rato e consumato non può scioglierlo nessuno, nemmeno il Papa; allo stesso modo, la mancanza di fede è una motivazione che non ha senso, in quanto il sacramento è ex opere operato. Si sono avuti casi di miracoli eucaristici avutisi con sacerdoti che non credevano nella presenza reale del Cristo nella particola, la quale però era validamente consacrata, figuriamoci per il matrimonio; ecco, quella è una motivazione soggettiva (e non oggettiva, quindi giuridica) che non solo non c’entra nulla col sacramento e la sua validità, ma che per giunta insinua un pelagianesimo di ritorno, per cui i sacramenti sono in funzione di quanto è “degno” il ministro e non in quanto tali. Speriamo davvero che quella follia di motu proprio non passi o sia riscritta, a questo punto; ché tanto uno può introdurre tutte le cause di nullità che vuole, ma se tali non sono si rischia di istigare e compiere dei sacrilegi.

      1. muccadicomacchio

        Io invece penso che quel motu proprio del Papa non sia una follia, ma abbia il suo fondamento teologico e pastorale. Posso farti un esempio concreto? Dopo tredici mesi di matrimonio, la moglie di un mio amico é scappata con un paracadutista, e lui si é fiondato subito in un tribunale ecclesiastico per sottomettersi al giudizio sulla validità di quel vincolo. La moglie era considerata da tutti (eccetto che dallo sposo, come sempre capita) una ragazza poco seria, al punto che il Parroco si é rifiutato di celebrare il matrimonio e ha chiamato un prete di riserva; l’ex fidanzato, per completare il quadro, era soprannominato ‘alce’. Come saprai, per maggior sicurezza in questi processi si presentano due motivi di nullità: uno era l’esclusione della prole, l’altro la mancanza di una posizione etica corretta da parte della sposa. Bene, il matrimonio é stato annullato per il motivo dei figli, mentre quello etico é stato rigettato. Stando così le cose, significa che se io sposo una che non vuole figli il matrimonio non é valido, mentre se sposo una vacca il matrimonio é valido. Cioè, io non riesco a capire perché la volontà di fare un matrimonio eticamente cristiano non sia la condizione della validità del vincolo come la volontà di avere figli. Altrimenti anche un matrimonio che esclude la prole dovrebbe essere valido ‘ex opere operato’.

        1. No, invece: l’assenza di figli (o meglio, la volontà di non averne o la sterilità conosciuta di uno dei due contraenti) è un dato oggettivo e verificabile, quindi una motivazione che effettivamente inficia il matrimonio. Ben diverso il motivo “etico” (allora nessuno sarebbe degno di sposarsi) o di “fede” (come lo determiniamo, sulla base di quante volte uno va a Messa durante l’anno? Se sa rispondere alle domande sul Catechismo? O magari se recita il Credo?), che invece non è oggettivamente accertabile e pericolosamente discrezionale, che renderebbe una marea di matrimoni validissimi (il tradimento da parte del coniuge, a tal proposito, non è un motivo di nullità, a meno che non ci si sposi con tale idea in testa) “nulli”. Mi dispiace, ma il matrimonio, come tutti i sacramenti, è una cosa seria, non una burletta che si può annullare oppure no in base alla moda del momento.

    2. bvzpao

      sarà lacerante, ma non sappiamo il resto della storia.
      Può darsi che poi, lei , gli sia stata fedele per il resto della sua vita.
      Ma stare con chi ti usa violenza (ti qualunque genere) non credo che sia una condizione di vita obbligatoria.
      Il martirio non è richiesto come condizione sine qua non per essere cristiani.

      Perciò è possibile, secondo me, che lei si sia giustamente comunicata per anni e glielo auguro.
      La questione della non comunione ai divorziati è, appunto, per quelli risposati. Per gli altri è un po’ diverso (ma non possiamo fare una casistica, è meglio che se la vedano preti e vescovi localmente, di persona, attraverso un incontro)

      1. underwater

        Precisamente la comunione può farla chi non causa la separazione. Tuttavia risposarsi è quasi sempre un problema, poiché va contro precisi brani del Vangelo in cui Gesù in persona lo vieta, se non in caso di vedovanza.

  4. underwater

    Gli atei che hanno motivi seri e domande reali sono sempre interlocutori aperti, perché in realtà cercano proprio cum-passio, condivisione ed ascolto. Diverso chi è ateo per partito preso, ideologico o sulla base di un mix di indifferenza, ignoranza voluta e luoghi comuni, alla Shiva per intenderci. Coj costoro il dialogo non è praticamente possibile per indisponibilità del interlocutore.

    1. SUSANNA ROLLI

      Sì, c’è proprio la chiusura del cuore..in questi casi ci vorrebbe un miracolo grosso grosso!

    2. Antonio

      la verità è che quelli non sono atei,ma ateisti beceri e balordi il cui solo fine è insultare, denigrare e diffondere ed amplificare calunnie e falsità, se non cercare di trascorrere in qualche modo il loro squallido tempo

  5. Enrico

    Mi piacerebbe essere li quando vi vedrete, perchè quello che è successo ad Andrea è successo anche a me.
    In modi diversi ma è successo anche a me.

    Un abbraccio a tutti e due.

  6. francesca

    luoghi diversi, persone diverse, circostanze (in parte) diverse ma è la stessa cosa che “accade” anche a me da quando avevo 16 anni (il primo incontro con il carisma di CL nell’ esperienza di GS)..ed oggi ne ho 40 e sto per traferirmi ancora una volta per lavoro: la prima cosa che ho fatto appena saputo che avrei cambiato città è stata cercare la Segreteria di CL lì dove andrò, chiedere info su Sdc, Messa, caritativa, sede etc .
    Eppure sono 8 anni (almeno) che non vado agli Esercizi, che non vado al Meeting (dove per anni sono stata volontaria), che non frequento la Sdc; fino ad aprile scorso non andavo neanche più a Messa.
    Eppure sono ancora qui… a leggere (ancora) Tempi, anche se molte volte con le posizioni del Direttore no mi trovo per nulla d’accordo 🙂
    sono ancora qui attaccata come “una cozza allo scoglio” agli unici 2 amici del Movimento che continuo ancora a sentire , mentre prima ero una “star” della comunità locale e poi ho fatto di tutto affinché gli amici del Movimento mi considerassero “morta”!.. sono ancora qui a commuovermi fino alle lacrime ogni volta che leggo qualche testimonianza come quella di Andrea o mentre guardo in streaming gli incontri del Meeting, oppure mentre fisso gli occhi di Carron durante la diretta su internet delle presentazioni del suo libro.
    sono ancora qui a spulciare il sito di CL pe “vedere cosa fanno i miei amici” , come è andato il pellegrinaggio “Macerata-Loreto” o qualsiasi altra cosa.
    ha ragione Andrea anzi, aveva ragione il Gius quando diceva che una volta che Lo hai incontrato (il Boss) NULLA è più come prima, NULLA potrà più essere come se quell’incontro non ci fosse stato! E’ la più dolce e drammatica delle condanne: si può girare il mondo intero, si può fare come se Lui non lo avessi mai visto, sentito, toccato ma dentro NON vai più da nessuna parte!

    1. Francesca

      ps: ho scritto “fino ad aprile scorso non andavo neanche più a Messa” (sesto rigo) nel senso che non frequentavo proprio più i Sacramenti, non solo la cd “Messa del Movimento”.

      1. bvzpao

        S’era capito. Grazie al cielo al cd Messa del movimento è una Messa come tutte le altre ( eh eh)

        1. Francesca

          certo … ma ogni tanto mi incarto da sola mentre scrivo e finisco per non capirmi 🙂

  7. fec

    Grazie, Andrea! Grazie, Luigi! Chissà se sei l’Andrea che conosco io…

  8. doroty

    Caro Andrea, hai un cuore grande ed il mio si e’ riempito di stupore commosso nel leggerti e nel leggere Luigi .Se posso darti un consiglio, vai a trovarlo. Non mancare questo appuntamento e scoprirai come Gesu’ si rende presente! Con affetto per tutti e due.

  9. underwater

    Misteriosamente il Signore ha ribussato alla porta di Andrea. E lui mi sembra ben incamminato ad accogliere di nuovo la grazia. Preghiamo tutti per lui.

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