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Comicità e politicamente corretto. Solo gli algoritmi non ridono

Di Piero Vietti
24 Marzo 2024
Girotondo con Edoardo Ferrario, Maurizio Milani, Saverio Raimondo e Raffaele Alberto Ventura sulle (tante) vie possibili dell’umorismo pure nell’era degli “offesi dei social”. Prendendo con ironia anche la lagna sulla censura, perché in fondo «senza tabù noi comici siamo rovinati»
Bill Burr comici
Bill Burr, comico e attore statunitense, tra i pochi a potersi permettere battute "scorrette" anche su Netflix (foto Ansa)

Secondo uno che sa di cosa parla, Corrado Guzzanti, «la comicità è cambiata in peggio. Non so se il politicamente corretto abbia le ore, i giorni o gli anni contati, ma me l’auguro. Il principio per cui devi censurare qualunque cosa possa offendere una minoranza non può funzionare, non si può pretendere». Giacomo Poretti del trio Aldo, Giovanni e Giacomo ha definito il politicamente corretto una forma di censura, e quindi di autocensura, «che non ci è mai piaciuta. Si può dire quasi tutto e quindi ognuno si assume la responsabilità di ciò che dice, ma che a priori non si possano dire certe cose… è brutto».
«Politicamente corretto, per te è finita!»
Ma se c’è uno strumento che può rompere questo fenomeno culturale nato per tutelare i diritti civili di alcune minoranze e divenuto pratica illiberale mainstream, è proprio la comicità. Sempre più comici però si lamentano di come il politicamente corretto abbia reso più difficile il loro mestiere, tanto c...

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