
Come può l’Italia permettersi di ignorare la sorte della piccola Rimsha?
Pubblichiamo l’intervento tenuto ieri nell’aula della Camera del deputato Renato Farina, a proposito del caso di Rimsha Masih.
Signor Presidente, intervengo per ricordare a tutti che domani in Pakistan si processa Rimsha Masih, la ragazza di 14 anni ritardata, disabile mentale, la quale è accusata di blasfemia perché avrebbe strappato alcune pagine del Corano. Tutto questo ha il sapore dell’assurdo. Ieri questa ragazzina è stata intervistata dalla Cnn, sta in una località segreta con la famiglia perché comunque vada il processo questa ragazza è morta socialmente e bisogna fare in modo che non muoia anche fisicamente e ha detto semplicemente: ho paura. Noi come possiamo tollerare senza reagire questo stato della giustizia nel mondo, in Paesi che consideriamo amici? È ovvio che occorre rispettare qualsiasi Paese, qualsiasi processo giuridico, ma è anche vero che è necessario fare delle pressioni più efficaci specialmente se il Paese in questione è un Paese alleato.
Ricordo che per la medesima legge assurda è ancora in carcere Asia Bibi, nonostante i reiterati inviti provenienti da ogni parte del mondo. Bisogna prendere atto di questa situazione cercando di fare pressioni perché la libertà di religione sia comunque rispettata.
Ricordo che molto giustamente in questi giorni è condannato da ogni parte quel film che è stato il pretesto per ciò che è accaduto in Libia ed ha comunque scosso l’opinione pubblica islamica.
Dobbiamo però nello stesso tempo non avere complessi di inferiorità nel denunciare gli abusi di questa presunta sensibilità quando colpiscono con ogni evidenza delle minoranze inermi.
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1 commento
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On. Farina,
alla sua domanda le rispondo che non mi scandalizzo. leggendo i giornali e osservando la politica attraverso i media mi sono fatto l’idea che gli italiani sono non interessati ad essere fedeli ai propri ideali al di fuori del proprio ambito individuale. esistono nazioni che offrono la propria cultura e il proprio sostegno al mondo, noi no. penso che ci manca una vera e propria vocazione a portare l’italia nel mondo (e non mi riferisco all’export) gli altri paesi ci invidiano la nostra vocazione alla vita (gli stessi che ci chiamano mafiosi e periferici), ma fuori dai confini del nostro giardino prevale una mentalità da vassallo: ghe pensi lu! non conosco l’ingrediente segreto, posso solo avanzare la mia ipotesi. forse occorre ricostruire un senso di comunità, di popolo, nelle sue varie sfaccettature, dalla sovranità popolare alla solidarietà senza assistenzialismo, all’apprezzare di più la cultura italiana (che non è solo quella del cibo ma comprende altri 2500 anni di storia) ed infine nel porci alla pari con gli altri paesi europei e nel pensare di poter essere d’aiuto ad altri popoli.