Colonia autorizza i muezzin a gridare dalle moschee il richiamo alla preghiera

Di Leone Grotti
15 Ottobre 2021
Ogni venerdì gli altoparlanti delle 35 moschee della città tedesca diffonderanno a tutto volume il canto del muezzin. Il più grande islamologo cattolico vivente, Samir Khalil Samir, definisce la pratica «uno strumento di propaganda inammissibile»
La moschea centrale di Colonia in Germania
La moschea centrale di Colonia in Germania (foto Ansa)

Oggi per la prima volta nelle 35 moschee di Colonia, in Germania, i muezzin potranno alzare a tutto volume gli altoparlanti rivolti verso la città e chiamare alla preghiera. Sabato scorso il permesso è stato accordato, solo per il venerdì, dal sindaco della città, Henriette Reker.

«Il canto del muezzin è come le campane»

Giustificando la sua decisione, Reker ha scritto su Twitter che «Colonia è la città della libertà (religiosa) e della diversità. Chi arriva in treno alla stazione principale della città viene accolto dalla cattedrale e dalle sue campane. Molti residenti di Colonia sono musulmani. Permettere al muezzin di chiamare alla preghiera per me è un segno di rispetto».

Parlare di libertà religiosa, rispetto ed equiparare il richiamo alla preghiera dalle moschee con il suono delle campane è segno di quanto il primo cittadino di Colonia non conosca niente dell’islam. Se infatti è sacrosanto garantire la libertà di culto ai musulmani, con il richiamo alla preghiera non si allarga il perimetro della libertà religiosa ma quello della propaganda.

«Propaganda islamica inammissibile»

In un articolo firmato per Tempi dal più grande islamologo cattolico vivente, il gesuita egiziano Samir Khalil Samir, docente al Pontificio istituto orientale di Roma e all’Università Saint Joseph di Beirut, il professore spiegava in merito alla vita dei musulmani in Europa:

«Per quanto riguarda le moschee, è giusto garantire la libertà di culto ai musulmani, ma con delle accortezze. Primo: se si costruisce una moschea, non sono accettabili i megafoni sui minareti. Ora che vivo al Cairo nella casa dei gesuiti, ad esempio, tutte le mattine vengo svegliato alle 5.20 dai megafoni di quattro moschee. Un rumore assordante. Bisogna insegnare che non si possono costringere gli altri a non dormire per chiamare alla preghiera. I megafoni, poi, sono in realtà uno strumento di propaganda ed è qualcosa di inammissibile, da non permettere. In secondo luogo, è necessario che una comunità costruisca una moschea con i propri soldi, senza che i fondi e gli imam vengano dall’estero. Infine, la predica nella moschea deve essere fatta nella lingua del paese in cui si trova».

La Turchia costruisce moschee a Colonia

Nulla di tutto ciò viene rispettato a Colonia, dove come nel resto della Germania un terzo delle moschee è gestito dalla Turchia. Anche l’esperto di integrazione Ahmad Mansour, citato da Giulio Meotti sul Foglio, spiega che l’appello alla preghiera del muezzin non riguarda la «diversità» ma il «potere»: «La moschea vuole visibilità. Il muezzin è una dimostrazione di potere». La Bild invece ha rimarcato: «È sbagliato equiparare le campane delle chiese con la chiamata alla preghiera islamica. In essa urlano “Allah è grande”».

Anche un altro grande islamologo come padre Antoine Moussali, docente di arabo dal 1980 al 1986 all’Università di Algeri e deceduto nel 2003, aveva paragonato la “professione di fede” islamica, la shahadah recitata dai muezzin e sparata dagli altoparlanti a tutto volume, a un «grido di guerra». Un grido che oggi risuona nel cuore dell’Europa.

@LeoneGrotti

Foto Ansa

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