

Le misurazioni terrestri e quelle dei satelliti concordano: il 2023 è stato l’anno più caldo mai registrato con una temperatura di 1,43°C superiore a quella del periodo preindustriale e di circa di 1°C rispetto al 1970.
Gli effetti di El Niño, un fenomeno climatico che riscalda l’atmosfera e influenza le condizioni meteorologiche in tutto il mondo, l’eruzione del vulcano Hunga Tonga nell’Oceano Pacifico e la riduzione delle emissioni inquinanti (e con effetto raffreddante) delle navi mercantili, sovrapposti a quello dei gas serra di origine antropica ci hanno portato, almeno temporaneamente, molto vicino alla soglia di 1,5°C oltrepassata la quale, a detta di molti, il mondo diventerebbe invivibile. In realtà, una Terra più calda di 1,6°C non è molto diversa da una a +1,4°C. Il mondo non bollirà quando quella soglia verrà raggiunta; gli scienziati ci dicono solo che gli effetti negativi del cambiamento climatico non sono lineari e aumentano più che proporzionalmente al riscaldamento.
Ma il 2023 è stato un “annus horribilis” a causa del clima? No, al contrario. I dati a nostra disposizione ci dicono che si è rivelato uno dei migliori di sempre.
Non siamo mai stati così numerosi sulla Terra. E non abbiamo mai creato così tanta ricchezza: il pil mondiale ha raggiunto i 105 mila miliardi di dollari; al netto dell’inflazione si tratta di circa 2.800 miliardi in più rispetto all’anno precedente e circa il doppio del valore registrato alla fine del XX secolo. In termini pro capite la crescita nello stesso periodo è stata di circa il 50 per cento.
Il tasso di povertà non è mai stato così basso nella storia umana: secondo la Banca Mondiale, dopo la battuta d’arresto causata dal Covid, la percentuale di coloro che vivono con meno di 2,15 dollari al giorno è scesa all’8,61 per cento. Nel 2000 era il 30.
Per quanto riguarda gli eventi estremi, abbiamo avuto moltissime informazioni sugli incendi in Canada: nel 2023, la superficie totale bruciata è stata cinque volte la media degli ultimi vent’anni. Ma, come sempre – le buone notizie non sono notizie – nessuno ci ha parlato dei casi al di sotto della media come, ad esempio, gli Stati Uniti. E se guardiamo al mondo nel suo complesso, le emissioni di carbonio causate dagli incendi (un indicatore dell’entità delle aree arse dal fuoco) sono state effettivamente più elevate rispetto agli anni precedenti, ma molto simili a quelle registrate all’inizio di questo secolo.
Le tredici catastrofi più gravi hanno provocato un totale di 17.800 vittime. Tutti questi disastri hanno avuto luogo nei paesi poveri dell’Africa e dell’Asia. In Europa l’evento peggiore è stato un incendio in Grecia con 26 morti.
In confronto, una serie di eventi di El Niño nell’ultimo terzo del XIX secolo e gli eventi siccitosi che ne derivarono portarono alla morte di circa 50 milioni di persone, il che equivale a un tasso di mortalità di 40.000 per milione di persone, cioè più di diecimila volte maggiore rispetto a quello dello scorso anno.
Le perdite economiche derivanti dai disastri naturali (che comprendono anche terremoti e altri eventi non meteorologici) sono state di 269 miliardi di dollari contro 295 miliardi nel 2022 e una media di 235 miliardi nei dieci anni precedenti. Il costo dei disastri naturali è stato pari a circa lo 0,25 per cento del pil mondiale, percentuale grosso modo invariata negli ultimi trent’anni. Ovviamente, solo una frazione di questa cifra è attribuibile al cambiamento climatico. Gli “effetti indesiderati” dell’uso dei combustibili fossili, un ingrediente essenziale per la crescita economica fino ad oggi, sono quindi in media piuttosto limitati. Tuttavia, possono provocare danni molto rilevanti in aree specifiche e probabilmente aumenteranno nei prossimi anni. Per questo motivo è auspicabile ridurre le emissioni in modo efficiente senza dimenticare che ricchezza e capacità di adattamento sono stati e saranno i principali fattori a determinare il benessere delle persone.
Ci sono sulla Terra cose assai più importanti della temperatura superficiale media.
(Traduzione di un articolo pubblicato su IREF Europe)
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