Cl, “La crisi sfida per un cambiamento”. Stasera con Carrón, Campiglio e Sapelli

Di Benedetta Frigerio
04 Novembre 2011
«L'oggetto dell'incontro di oggi è un giudizio che nasce dal contributo che Comunione e Liberazione intende dare a ciascun uomo in questo frangente storico», spiega Davide Prosperi, responsabile del movimento fondato da don Luigi Giussani. Questa sera Julián Carrón ne parlerà a Milano con due economisti italiani

«L’oggetto dell’incontro di oggi è un giudizio che nasce dal contributo che Comunione e Liberazione intende dare a ciascun uomo in questo frangente storico», spiega Davide Prosperi, responsabile di Comunione e Liberazione in Lombardia, che questa sera si troverà a dialogare insieme a Julián Carrón, presidente della fraternità di Cl, a Luigi Campiglio, professore di Politica economica all’università cattolica di Milano e a Giulio Sapelli, docente di Storia economica all’università degli Studi di Milano.

Questa la sfida del dibattito rivolto a tutta la società civile, che avrà inizio questa sera alle ore 21 al Mediolanum Forum di Assago (Milano), nato dal quartino pubblicato e distribuito in questi giorni dal movimento di Cl, dal titolo “La crisi sfida per un cambiamento”. La realtà, si legge, sarebbe tutta una possibilità, anche quella contraddittoria e dura. «È un invito – si legge – a guardare la crisi come un’opportunità: essa, infatti, costringe a rendersi conto del valore di cose a cui non si pensa finché non vengono meno: per esempio la famiglia, l’educazione, il lavoro». Ma è sufficiente questo a ripartire, a non deprimersi o difendersi davanti a una perdita, un dramma personale, un’ingiustizia o a una crisi economica che, come descritto dal quartino, sta facendo aumentare i poveri in Italia?

Le alternative descritte per guardare quanto sta capitando sono tre. Le prime sarebbero irrazionali e incapaci di «sconfiggere la crisi che si può o subire addossando le colpe su qualcuno (che sicuramente esiste e ha più responsabilità di altri). Ma così facendo, non si produce alcun cambiamento, se non quello di aumentare il lamento che può finire nella disperazione», oppure la si può ignorare «comportandosi come se nulla fosse». La terza opzione è, invece, la più ragionevole e umana. E viene descritta da alcuni esempi vivi. Sono realtà, opere e persone a cui guardare e che «non potendo cambiare tutto subito, hanno cominciato a cambiare loro». Gente capace di costruire, in una contingenza storica che rischia invece di paralizzare per la paura, accomunata dalla «convinzione che la realtà, anche quando negativa e difficile – come vediamo oggi – rimette in gioco la voglia di conoscere, di costruire, di impegnarsi».

Questa terza posizione per affrontare anche le circostanze normali e i drammi quotidiani è l’unica «strada per attraversare la crisi e per non subirla da rassegnati… vivere la realtà come una provocazione che ridesta il desiderio e la domanda». È davvero possibile per tutti guardare la realtà così? Il contributo parla di una sola condizione perché un uomo possa mantenere una posizione ragionevole anche nella prova: quella di un popolo in cui essere collocati, che non si unisca «contro qualcuno» o «per tornaconto… Ma per un bene desiderato e perseguito». Un popolo «che costruisce per il bene di tutti» e che la politica ha il dovere di sostenere.
È davvero in grado non solo un uomo ma un popolo di mantenere questa inclinazione positiva originale davanti alle contraddizioni della vita e quindi di ripartire? Chi può educarlo a vivere continuamente secondo la ragione descritta dal quartino? Può farlo un altro uomo fragile come tutti? E perché «la fede in Cristo è un bene anche per la città»? Come può contribuire a sostenere il paese? Sono queste alcune delle domande che nascono leggendo l’invito. E che Comunione e Liberazione intende incominciare ad accogliere da questa sera.

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