Nei giorni scorsi aveva annunciato di voler venire incontro alla crisi del suo paese mettendo a disposizione i beni della Chiesa. Anche le istituzioni religiose ortodosse capiscono e avvertono i problemi economici che stanno piegando l’isola di Cipro e l’arcivescovo cipriota Chrysostomos II si era detto pronto a ipotecare le proprietà ecclesiastiche per investire in titoli di Stato: «La Chiesa ed i monasteri hanno messo a disposizione tutto quello in loro possesso per salvare il paese», erano state le sue parole.
Oggi invece è stato il giorno della scoperta più amara: la ristrutturazione di Cyprus Bank e Laiki Bank porterà ad una perdita di oltre 100 milioni di euro per l’ente ecclesiastico ortodosso locale. «Il capitale di proprietà della Chiesa, che ammontava ad oltre 100 milioni di euro, è andato perso. Ci saranno ancora molte difficoltà, alcuni perderanno il lavoro, gli affamati si moltiplicheranno e la Chiesa dovrà avere cura della gente», sono le parole che l’arcivescovo ha detto ai giornalisti.
Le azioni della chiesa cipriota erano legate a diverse attività commerciali presenti sull’isola, da alberghi e distillerie, e ampio era il possesso di beni immobili e terreni detenuto. La crisi aveva già iniziato a mordere mesi fa e ai primi scricchiolii Chrysostomos aveva approvato una riduzione degli stipendi di vescovi, sacerdoti e dipendenti, eccetto dei salari dei preti inferiori ai 1500 euro mensili. Domenica poi la sua voce si era levata potente contro l’Unione Europea, invitando gli investitori russi a non lasciare l’isola: «L’euro non può resistere. Non voglio dire che già domani si sgretolerà, ma con i geni che abbiamo a Bruxelles, è evidente che non possa ancora durare a lungo: è meglio pensare a come uscirne».