Ciaccia: grandi opere per riavviare l’Italia

Di Carlo Sala
24 Luglio 2012
Dalla trasparenza ai project bond, il viceministro alle Infrastrutture Ciaccia illustra l’azione del governo per riattivare il Pil e l’occupazione.

Pubblichiamo l’articolo uscito sullo speciale Grandi opere di Tempi del 2012.

Garantire un quadro operativo certo, senza il quale nessuna impresa o investitore si muove, e quindi far sì che i costi siano allineati ai preventivi e la remuneratività degli investimenti sia adeguata a quegli stessi costi. Rispettare le priorità indicate dall’Unione europea in tema di collegamenti continentali (i quattro corridoi che attraversano l’Italia da nord a sud e da ovest a est ai quali si allacciano 12 porti e 11 aeroporti) e nel contempo assicurare che le regioni direttamente coinvolte abbiano voce in capitolo senza frapporre ostacoli o finire per ospitare manifestazioni problematiche per l’ordine pubblico (come di recente la Val di Susa). Agevolare il reperimento delle risorse occorrenti all’esecuzione dei lavori – obiettivo rispetto al quale le iniziative precedenti rappresentano delle pre-condizioni – assicurando al contempo trasparenza e monitorabilità delle opere sulle quali quelle risorse vengono investite. Sono queste le linee d’azione del governo in tema di grandi realizzazioni infrastrutturali alle quali sta lavorando Mario Ciaccia viceministro con delega alle Infrastrutture, secondo gli input dell’esecutivo Monti e le attese emerse ad un tavolo di confronto, in primavera, con Anas e Fs, Confindustria, Confedilizia, Ance (Associazione nazionale costruttori edili), Abi (Associazione bancaria italiana) e Agi, nonché con le fondazioni Astrid, Respublica e Italiadecide.

Risultato di tale azione, spiega Ciaccia, «un centinaio di norme proposte» che spaziano dall’aspetto regolatorio in senso stretto – procedure e tempi dei procedimenti – a quello più prettamente finanziario. «Abbiamo calcolato un fabbisogno di opere tra il 2012 e il 2015 per 103,1 miliardi complessivi», riferisce il viceministro, stimando che la soddisfazione di tale fabbisogno porterà «uno stimolo pari a 4-6 punti percentuali di Pil».  Il Pil, osserva ancora Ciaccia, «cresce di più se le merci si movimentano con un’offerta efficiente e con costi competitivi. Ipotizzando una riduzione graduale di 10 punti l’anno dell’inefficienza, la cosiddetta grande tassa della logistica, che peserebbe sull’economia nazionale per 40 miliardi di euro/anno e costituisce uno dei maggiori motivi di perdita di competitività del nostro paese, il risultato atteso rinverrebbe per 4 miliardi/anno, a cui andrebbero aggiunti gli incrementi della capacità di attrazione di nuovi flussi di traffico».

Altro vantaggio tutt’altro che trascurabile, soprattutto per quel mondo giovanile che Ciaccia pone al centro dell’attenzione dell’esecutivo Monti («il compito di questo Governo è di praticare una iniezione di fiducia nei nostri giovani»), il rilancio delle grandi opere produrrà, secondo le attese del viceministro «un milione e 300 mila nuovi posti di lavoro».

Burocrazia più snella
Sul piano normativo è già stato realizzato lo snellimento dell’iter burocratico davanti al Comitato interministeriale per le Politiche economiche e grazie alla semplificazione della documentazione da sottoporre al Cipe per l’avvio dei cantieri «si è passati, da una media di un anno e 4 mesi a meno di 2 mesi». Ancora sul tappeto «i problemi connessi alle frequenti richieste di modifiche al progetto dell’opera da parte delle amministrazioni competenti a rilasciare le autorizzazioni necessarie, che possono mettere a rischio l’equilibrio economico finanziario e la bancabilità stessa dell’opera», Ciaccia punta a rendere «obbligatoria la conferenza di servizi preliminare, da tenersi sullo studio di fattibilità». In sostanza, si tratta di anticipare le possibili critiche, eliminando il rischio che queste sopraggiungano quando l’opera è già in via di esecuzione e alterino i costi preventivati (costituendo un precedente che disincentiva gli operatori dall’investire in futuro in altre grandi opere).

La partnership con i privati
Sul piano finanziario, a fronte di un contesto economico nel quale – come registra l’Atlante delle priorità e criticità infrastrutturali di Unioncamere «tra il 2008 ed il 2011 gli investimenti per opere pubbliche si sono ridotti del 24 per cento in valori costanti (percentuale che diventa del 27 per cento se si considera la sola PA)» –, Ciaccia punta soprattutto su un ulteriore potenziamento del partenariato pubblico-privato (soprattutto nella forma del project financing), su un alleggerimento degli oneri fiscali degli interventi e soprattutto sui project bond, la misura più innovativa proposta dal governo. Gestione anticipata (in concessione) delle parti di opere già realizzate, estensione a tutti i lavori della defiscalizzazione introdotta con la legge di stabilità per il 2012 per gli interventi di maggior rilievo, contratti di disponibilità e introduzione di concessioni per un periodo fino a 50 anni delle infrastrutture realizzate a costi superiori al miliardo dovrebbero stimolare i privati – che tramite il nuovo presidente di Confindustria Giorgio Squinzi hanno recentemente ribadito il loro favore per il project financing – a sgravare gli enti pubblici delle spese di ammodernamento del territorio e ad accollarsi i costi, in cambio della concessione ad utilizzarle per un tempo sufficiente a ripagare i costi stessi e a garantire un margine di remunerazione, anche delle più grandi tra le grandi opere. Quelle, cioè, di importo superiore ai 5 milioni di euro, per le quali, dato ben chiaro a Ciaccia, il project financing viene utilizzato solo in 13 casi su 100 (come nota l’Atlante di Unioncamere), quando addirittura non si rivela impraticabile – Ponte sullo Stretto, Alta Velocità ferroviaria – o insufficiente senza l’intervento della Cassa Depositi e Prestiti (come è successo, per via delle obiezioni al progetto originario, per la Brebemi).

«Strumento all’avanguardia in Europa e nel resto del mondo» è invece quello dei project bond. Pensati partendo dal presupposto che «la concezione tutta incentrata sulla finanza pubblica è superata dagli eventi», i project bond sono «obbligazioni del settore privato, emesse dalla società che realizza il progetto, in linea con lo schema proposto dalla Commissione europea attraverso l’iniziativa “Prestiti obbligazionari Europa 2020”». Esonerano quindi l’ente pubblico che commissiona le opere da qualsiasi costo relativo ai lavori e anche per questo potrebbero godere un regime fiscale agevolato. «Garantite dalla sostenibilità dell’opera» per la quale vengono emesse, come il viceministro ha precisato al Forum sulla pubblica amministrazione a maggio, le nuove obbligazioni saranno suddivise in due classi, senior e junior: «Molti investitori internazionali sono interessati a questo strumento – ha aggiunto il viceministro – si tratta di titoli con un sistema di garanzie forti (dalla Cassa Depositi e Prestiti a fondi di investimento, fondi sovrani, assicurazioni) che possono finire anche nelle mani di pensionati e famiglie».

Recuperare il passo dell’Europa l’urgenza denunciata da Ciaccia al Forum della pubblica amministrazione – «L’Italia sconta un gap enorme da recuperare, e lo deve fare in fretta altrimenti la scommessa è persa, per sempre» – cui il pacchetto di misure del governo mira a porre rimedio, per ripagare la fiducia di chi investirà sull’ammodernamento infrastrutturale del Paese è infine già attivo un sistema di tracciabilità. Grazie a un semplice clic – sul sito del ministero delle Infrastrutture cantieri.mit.gov.it – chiunque può vedere data di inizio e fine dei lavori, costi, cornice legale e stato di esecuzione dell’opera (con aggiornamenti a cura del ministero ogni due settimane).

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