«Ci attaccavano per Orbán, ora che dicono di Fico?»

Di Peppe Rinaldi
03 Ottobre 2023
In Slovacchia ha vinto il partito di sinistra del leader di Smer che non vuole più dare sostegno all'Ucraina. Intervista a Carlo Fidanza, europarlamentare di Fdi
Robert Fico, al centro, leader di Smer, il partito di sinistra che ha vinto le elezioni in Slovacchia, 1 ottobre (Ansa)
Robert Fico, al centro, leader di Smer, il partito di sinistra che ha vinto le elezioni in Slovacchia, 1 ottobre (Ansa)

Il «mondo al contrario» non è soltanto il titolo di un fortunato libro scritto da un generale dei parà e che tanta polvere ha sollevato nelle scorse settimane. Il mondo al contrario a volte ti capita davanti improvvisamente, anche nelle circostanze meno sospettabili. Vedi le elezioni politiche in Slovacchia di quarantotto ore fa, vinte da Robert Fico, membro del Pse, che però per tutta la campagna elettorale ha manifestato serie perplessità sul sostegno europeo all’Ucraina, addirittura sullo standing del presidente Zelensky. Tempi ne ha parlato con il capo delegazione di Fdi al Parlamento europeo, Carlo Fidanza.

Ucraina: a sinistra c’è chi si dice «preoccupato» per la vittoria in Slovacchia di Robert Fico, che è membro del Pse, per via delle sue posizioni sulla guerra con la Russia. Visto da destra, invece, come giudica questo responso elettorale in rapporto al faticoso equilibrio europeo raggiunto sul tema?

Intanto, mi lasci togliere un sassolino dalla scarpa. Sono mesi che la sinistra addebita a Giorgia Meloni l’amicizia con il “pericoloso filo-russo Orbán che incrina la solidarietà europea verso l’Ucraina”. E parliamo di Fidesz, il partito di Orbán, che a Strasburgo siede tra i non iscritti e non nel nostro gruppo dei conservatori. Cosa dovremmo dire noi oggi con il partito di Fico che fa a tutti gli effetti parte della famiglia dei socialisti europei? Ecco, io credo che questo faticoso equilibrio vada preservato e per farlo debba essere sottratto alla strumentalizzazione politica, tanto più ora che si avvicina la campagna elettorale delle Europee.

Quanto considera possibile il rischio che la compattezza dell’Europa nel sostegno a Zelensky venga incrinata? La “slavina” slovacca può diventare valanga o ci sarà da attendere ancora a lungo?

Se Fico riuscirà a formare un governo sarà comunque un governo di coalizione nel quale la sua narrazione pre-elettorale si farà più pragmatica. Se dovessi scommettere un euro, direi che Bratislava esprimerà scetticismo ma non ostacolerà nuovi finanziamenti dell’Ue all’Ucraina. Di certo si sfilerà dalla fornitura di armi. Un rischio tutto sommato sostenibile.

In un’intervista al Corriere lei ha sottolineato che il presidente ucraino dovrebbe «rimodulare alcune durezze nei confronti dell’Europa». Ci spiega un po’ più precisamente cosa intende?

Ovviamente non voglio fare le pulci alle frasi di un presidente che da un anno e mezzo guida una nazione sotto attacco. L’Occidente, l’Europa e l’Italia stanno sostenendo Kiev con ogni mezzo anche a prezzo di impopolarità con un pezzo delle opinioni pubbliche nazionali, già in sofferenza per la congiuntura economica. Ma se Zelensky vuole che questo sostegno continui, credo debba fare uno sforzo. Ignorare le preoccupazioni degli agricoltori dell’Est invasi dal grano ucraino che invece dovrebbe essere destinato all’Africa, piuttosto che ventilare reazioni rabbiose dei rifugiati ucraini ospitati in Polonia se Varsavia decidesse di dedicare più armamenti alla propria difesa sul confine bielorusso… Ecco, penso che questi siano atteggiamenti che non giovano alla causa ucraina. Lo dico ovviamente comprendendo la situazione e auspicando una rapida ricomposizione di ogni tensione.

I paesi dell’est Europa sarebbero perplessi, diciamo così, rispetto alla continuazione delle forniture di armi all’Ucraina perché la loro condizione di dipendenza energetica dal gas russo rappresenta una tagliola pesante per le rispettive economie. Secondo lei le perplessità accennate dipendono solo da questo oppure c’è anche dell’altro, ad esempio una visione del mondo meno affine ai “valori” europei?

La dipendenza energetica ha un ruolo fondamentale. Parliamo di nazioni senza accesso al mare e totalmente dipendenti dalle forniture russe tanto che, proprio nei mesi precedenti la guerra, avevano iniziato a lavorare sulla diversificazione degli approvvigionamenti. Oggi, a causa dei costi energetici, la Slovacchia ha l’inflazione più alta d’Europa e questo dà fiato a una certa propaganda. Poi, certo, la demonizzazione di Visegrad, il tentativo di imporre da Bruxelles in quei paesi la visione liberal su temi sensibili come immigrazione e famiglia, gioca anch’essa la sua parte nell’allontanamento di una parte di quelle opinioni pubbliche.

Il nostro ministro della Difesa Guido Crosetto ha più volte ribadito che questa sarà una guerra lunga: lei è dello stesso parere o intravede la possibilità di una soluzione?

Sono d’accordo, purtroppo.

È un dato oggettivo che la situazione tra Russia e Ucraina è in stallo sotto il profilo militare, l’arrivo dell’inverno non promette nulla di buono. Non è il caso, a suo giudizio, di perorare la causa di una svolta profonda che inizi a mettere fine allo scontro?

Guardi, a parole è difficile non essere d’accordo, da cattolico prego perché l’iniziativa di pace promossa dal Vaticano con la Chiesa ortodossa russa possa trovare uno sbocco favorevole. Però il tema è: davvero consideriamo accettabile e giusta una pace che fotografi l’attuale situazione sul campo? Davvero dopo tutti gli sforzi fatti possiamo dire alla nazione aggredita e a tutto il mondo che abbiamo scherzato e che chi ha aggredito può tenersi la Crimea e le quattro regioni del Donbass? Davvero possiamo accettare che alla forza della legge si sostituisca la legge del più forte e che princìpi fondamentali del nostro ordine internazionale come quelli di sovranità e integrità territoriale possano essere calpestati impunemente? E, se anche lo facessimo, noi e i nostri popoli fratelli dell’Est saremmo davvero a riparo dal rischio di subire lo stesso trattamento? Sono interrogativi inquietanti a cui, in coscienza, pur auspicando la pace come tutti, non riesco a rispondere “sì”.

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