
Chiese bruciate, 50 cristiani uccisi, preti rapiti: è l’inferno nigeriano

Non solo Ucraina. Sebbene i riflettori siano puntati tutti su Kiev, i conflitti nel mondo proseguono ad alta e bassa intensità. Colpendo civili innocenti anche ben oltre le nostre latitudini. Non fa eccezione la Nigeria, dove nello Stato di Kaduna (nel nord del paese) si sono intensificate le violenze contro la popolazione cristiana. Intensificate, dicevamo, perché sono anni che i terroristi legati alle milizie islamiche agiscono con rapimenti, massacri, attacchi, razzie. Quando nel 2000 la sharia venne reintrodotta in 12 Stati del nord (tra i quali, appunto, quello di Kaduna) le tensioni riesplosero. Kaduna divenne poi tristemente noto alle cronache per essere lo Stato nigeriano della “strage di Pasqua” del 2012, quando un’autobomba colpì una chiesa della capitale uccidendo decine di fedeli presenti alla celebrazione pasquale.
Cinquanta cristiani uccisi, 100 rapiti
Da allora è stato un crescendo di orrore, peggiorato dalle difficili relazioni etnico-sociali tra i Fulani, pastori nomadi di fede musulmana, e le altre etnie prevalentemente cristiane della regione. La presenza dei jihadisti di Boko Haram, quella dell’Iswap (l’autoproclamato Stato islamico dell’Africa dell’ovest), le azioni terroristiche dei guerriglieri Fulani (spesso con la complicità di alcuni membri della polizia di sicurezza nazionale) fa il resto, rendendo l’area una tra le più pericolose al mondo.
Gli ultimi episodi sono triste attualità. Lunedì l’assalto ad un treno che viaggiava sulla rotta Abuja-Kaduna (almeno dieci le vittime accertate, ancora un centinaio i dispersi). Il 26 marzo l’attacco all’aeroporto della capitale, preceduto la notte prima dagli assalti ad alcuni villaggi con l’uccisione di 50 civili e il rapimento di oltre cento persone. Quello dei rapimenti per riscatto o a fini propagandistici è solo l’ennesimo tassello della guerra che i jihadisti portano avanti in Nigeria: nelle scorse settimane nello Stato di Kaduna sono stati sequestrati infatti altri due sacerdoti cattolici, don Joseph Akete Bako (parroco di Kudenda) e don Felix Zakari Fidson, della diocesi di Zaria. E prima di loro moltissimi altri preti, seminaristi o semplici studenti sono stati rapiti o uccisi (su Tempi ne abbiamo scritto qui e qui) in tutto il paese.
Cronache spietate, difficili da raccontare: nei villaggi colpiti il 25 marzo, i guerriglieri hanno poi impedito perfino i funerali delle vittime, sparando su tante famiglie – anche donne e bambini – che seppellivano i loro morti.
«Il governo della Nigeria non fa nulla»
Come riportato dall’Agenzia Fides, la comunità cristiana nigeriana si sente sempre più abbandonata dalle istituzioni. Lo documentano le parole del pastore John Joseph Hayab, presidente della Christian Association of Nigeria: «Siamo in lutto per i continui episodi di assassini, rapimenti, banditismo, commessi nel nostro Stato senza che vi sia alcuna azione sostanziale da parte del governo e delle forze di sicurezza». Ancora: «Il nostro Stato ha perso diverse vite negli ultimi quattro anni, mentre i politici mostrano a malapena empatia o preoccupazione per le vittime, visto che la risposta del governo è solo sui media. Purtroppo, però, i morti non possono leggere né ascoltare le notizie».
La spirale di violenza in Nigeria non colpisce solo Kaduna ma tutta la Nigeria. Migliaia le vittime cristiane accertate ogni anno, oltre trecento le chiese distrutte, centinaia le studentesse rapite e poi costrette a convertirsi all’islam e a diventare schiave dei guerriglieri. Anche la comunità musulmana però ha i suoi lutti, visto che il fanatismo non risparmia coloro che rifiutano l’integralismo. Ma tutto questo, ora, rimane fuori dai nostri radar. Proprio come quanto accade in Siria o Yemen o Afghanistan. Troppo lontano per contare, per spaventarci o per meritare almeno la nostra empatia.
Foto Ansa
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