La preghiera del mattino

Chi sogna spaccature nel centrodestra per tornare al vecchio pantano

Giorgia Meloni in Senato
Il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, martedì scorso in Senato durante le comunicazioni in vista del Consiglio europeo del 23 e 24 marzo (foto Ansa)

Su Huffington Post Italia Angela Mauro scrive: «A Bruxelles ci sarà battaglia sulle spese green e su quelle per la difesa, a meno che non vengano escluse dal calcolo del rapporto deficit/Pil. In alternativa si invocherà un nuovo fondo sovrano. L’Italia punta i piedi anche sullo stop alle auto inquinanti dal 2035, ma sui migranti non troverà nulla di concreto».

C’era in Italia una bella fetta di establishment nostrano (di nazionalità, non più di proprietà, in tanti casi) che sperava di aver liquidato con le mosse di Giorgio Napolitano 2008-2011 la politica democratica nel nostro paese e di poter vivere così un futuro sereno mediando gli ordini che arrivavamo dalla “mitica Europa”. Ora questi “speranzosi” sono un po’ nel panico, tentano di incastrare il governo Meloni su qualche issue (dal Mes ai migranti agli uteri in affitto) ma si rendono conto come la “mitica Europa” è un’identità ben più complessa di quella descritta dal loro eurofanatismo (nessuno può nascondere più ad esempio le liti tra Parigi e Berlino, o tra Ursula von der Leyen e Charles Michel) e come in questa situazione Roma abbia conquistato importanti spazi di movimento.

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Su Dagospia si riprende un articolo dell’Ansa dove si scrive: «Sul futuro della politica monetaria “non mi pronuncio, si fa meeting by meeting su base dei dati disponibili. Incertezza è alta e raddoppiata dalle incertezze finanziarie e credo che la prudenza e l’attenzione alla sequenza e alle dimensioni degli aumenti tassi sia da mantenere”. Lo ha detto il governatore di Bankitalia Ignazio Visco in audizione alla Camera precisando che “non si possono fare previsioni anche nel giro di poche settimane”. “Se il prezzo del gas rimane su questi livelli le cose anche a livello di inflazione vanno nella direzione giusta”».

Per capire bene come si stanno evolvendo i processi economici continentali basta considerare le mosse dei principali bankitalisti, da Ignazio Visco a Fabio Panetta, nelle quali non si legge più alcun timore reverenziale per le posizioni sbagliate che qui e lì si prendono ai vertici della politica economica europea.

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Su Startmag Francesco Damato scrive: «Neppure alla Camera, quindi, il vicepresidente leghista del Consiglio Matteo Salvini, come il giorno prima al Senato, diversamente dal collega forzista Antonio Tajani, è riuscito a trovare il tempo, o la voglia, di affiancare Giorgia Meloni ai banchi del governo nella discussione d’investitura, diciamo così, per la missione al Consiglio europeo di oggi e domani a Bruxelles. Non è bastata la presenza, a turno, di un ministro leghista organizzata all’ultimo momento dal gruppo del Carroccio a placare sospetti, polemiche, accuse in sede politica e mediatica. “La Lega lascia sola Meloni in aula e alza la tensione nel governo”, ha titolato su tutta la prima pagina Domani, il giornale dell’ingegnere Carlo De Benedetti nella sua ultima versione di “radicalità”, necessaria a rinvigorire un Pd che all’indomani della sconfitta elettorale del 25 settembre gli sembrava ormai perduto, solo da sciogliere e liquidare, per le condizioni alle quali lo aveva ridotto il pur amico Enrico Letta. Che non aveva voluto sentirne i consigli telefonici di non lasciare la porta vuota della sinistra alla destra della Meloni rompendo con i grillini».

Gli orfani della destrutturazione della democrazia italiana oggi sono ridotti a sperare nelle rotture del centrodestra, contando su alcune impuntature di un politico un po’ selvaggio come Matteo Salvini. Anche in questo caso le speranze di un ritorno al vecchio pantano mi sembrano poco fondate. Sulla politica estera non sono mancate le distinzioni neanche ai tempi dell’egemonia democristiana, così si ricordano gli aspri confronti tra il presidente della Repubblica Giovanni Gronchi e il ministro degli Esteri Antonio Segni alla fine degli anni Cinquanta, fino a quelle, in tempi più recenti, tra Giulio Andreotti e Francesco Cossiga. Confronti anche aspri che però non mettevano in forse la linea di politica estera fondamentale: cosa che invece a sinistra avviene oggi con il quadrilatero filocinese Giuseppe ConteBeppe GrilloMassimo D’AlemaRomano Prodi, ispirato anche da autorevoli poteri roman-globali.

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Su Affaritaliani si riporta da Askanews: «Lo sciopero generale “non è all’ordine del giorno della riunione di domani. La discussione che faremo è incentrata su una valutazione dello stato del confronto con il governo e, soprattutto, sulla necessità di delineare il perimetro delle priorità da affrontare con urgenza con il governo, con i gruppi parlamentari anche rispetto a provvedimenti di legge che sono stati approvati dal Cdm e ora sono all’esame del Parlamento: il tema del superbonus, regime di aiuti alle imprese, tema disegno di legge sulla non autosufficienza. Ci sono argomenti sui quali è necessario recuperare il confronto tra di noi per delineare un percorso. L’auspicio è che il governo riprenda subito il confronto”. Così il leader della Cisl, Luigi Sbarra, alla vigilia dell’incontro con i segretari generali di Cgil e Uil, Maurizio Landini e Pierpaolo Bombardieri. Sbarra, a margine di un convegno al Cnel sul lavoro, ha poi detto che “faremo una comune valutazione sullo stato del rapporto con il governo. Non solo sulla delega fiscale, ma anche sui tavoli aperti e boccati: pensioni e sicurezza sul lavoro. Dobbiamo ragionare sulle modifiche al reddito di cittadinanza”. Secondo il numero uno della Cisl, “sentiamo parlare di un pacchetto lavoro di cui non conosciamo misure e contenuti”».

Al momento la forza del governo Meloni sta nell’avere un programma e un metodo di confronto parlamentare e sociale che pare poter reggere: per capirne la sua solidità basta considerare i rapporti che Palazzo Chigi ha con il movimento sindacale, confrontandoli con quelli che ha l’Eliseo in Francia.

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