Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti)
Cara Guia, credevo di averle sentite tutte. Voglio dire, la mia vita sentimentale non è solo il più chiacchierato pettegolezzo dell’ufficio: è il più chiacchierato pettegolezzo degli uffici di mezzo mondo. Tutto perché ho risolto la crisi dei 40 come tutte: trovandomi uno più giovane. Più giovane dei miei figli, anche. Solo che, invece di farmici un giro e mollarlo a fine estate come fanno tutte, io me lo sono sposato. Sono passati ventiquattro anni, stiamo ancora insieme, la differenza d’età dovrebbe notarsi meno (io li porto benone, perdona la mancanza di modestia), e il fatto che una volta lui avesse 16 anni (erano tempi in cui per una cosa del genere non ti linciavano: non c’era Facebook) dovrebbe essere caduto in prescrizione.
E invece, siccome lui quest’anno ha finalmente trovato un posto non dico fisso ma insomma un buon lavoro (con un sacco di benefit e un contratto di cinque anni, che con ’sti chiari di luna non è mica da buttar via), siamo sulla bocca di tutti. Tutti ad analizzare la nostra relazione, tutti col kit del piccolo psicologo a disquisire del suo complesso di Elettra, tutti maestri di stile a guardare come accavallo le gambe e giudicare l’inopportunità delle minigonne (per avere gambe così non mangio carboidrati da quando mio marito era all’asilo: state freschi se pensate che mi copra, con tutti i pain au chocolat cui ho rinunciato). Insomma, in questi mesi credevo proprio di averle sentite e superate tutte, compresa l’immancabile fase in cui si diceva che lui è gay e io sarei solo una carampana di copertura. Pensavo fosse finita, e poi è arrivato lui.
Se devo dirti la verità, non mi sembrava niente di che. Una bruttissima tinta di capelli (devo presentargli la mia colorista, le parigine fanno miracoli per i biondi cenere), dei modi un po’ troppo espansivi per i miei gusti: mi ha persino fatto un complimento che a me è suonato più come «Pensavo peggio, visto che hai l’età dei datteri». Insomma, questo Donald non mi pareva certo pericoloso. Semmai sua moglie Melania, che oltre a essere ben più belloccia ha un sorriso da educazione siberiana che non ti fa dormire tranquilla (metti che t’accoltella nel sonno), lei sì mi inquietava. E invece.
Sarò sincera: non mi sono accorta di niente, finché non ho visto i filmati. Maledetta l’epoca dei canali all news: si vedeva da tutte le angolazioni, non si poteva equivocare, non c’era margine di smentita. Si tenevano la manina. All’inizio era una semplice stretta di mano, ma poi non se la lasciavano più. Secondi interminabili, in cui si tenevano la manina come fidanzatini di Peynet. In mondovisione. Che imbarazzo. E poi ’sto Donald torna al paese suo, e dà pure un’intervista. In cui, umiliandomi ulteriormente, rimarca che a mio marito piace tenergli la mano.
Cosa devo fare, dimmelo tu. Mettermi minigonne ancora più corte? Farmi crescere i baffi? Scappare con la moglie di Donald? Trovare un colorista che mi faccia d’un biondo più dozzinale?
Brigitte M.
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Cara Brigitte, quando leggerai questa risposta l’imbarazzo sarà già passato. È il vantaggio dell’epoca delle all news: oggi c’è sempre una scemenza più scema che scalza la scemenza che ha monopolizzato i notiziari ieri pomeriggio. L’attenzione dei più dura al massimo sette minuti, poi si rivolge a scemenze più fresche, tuttavia il diritto all’oblio non esiste: resteranno sempre su YouTube le immagini, e nelle ricerche di Google le insinuazioni, e nel tuo cuore il dubbio che tuo marito possa preferire un biondo con un accavallo meno disinvolto del tuo.
Non so cosa tu debba fare. So però cosa puoi fare: niente. Solo consolarti pensando che se c’è un segno di grandezza degli uomini, una cosa che certifichi il fatto che sono professionisti di successo e figure di rilevanza incontrovertibile e icone della materia di cui sono fatte le leggende, beh, quella è la diceria che altro che mogli e fidanzate: in realtà sono gay. È come, per una donna, la reputazione da meretrice: finché non ne hai una, non ce l’hai davvero fatta.
Foto Ansa