C’è una Costituzione da riscrivere. Basta con il Vietnam repubblicone

Di Lodovico Festa
18 Marzo 2013
Capire i problemi è la base per risolverli. E oggi l’unica possibile soluzione consiste nel mettere mano alla seconda parte della Costituzione.

La situazione politica è arrivata a una stretta che offre alcune speranze ma è anche fonte di ragionevoli angosce. Da una parte vi sono settori della magistratura e il quotidiano la Repubblica che puntano a far fuori giudiziariamente Silvio Berlusconi, eleggere Romano Prodi al Quirinale, cooptare i grillini o una loro parte, usare i vari scandali (dal caso Penati al Monte dei Paschi) per condizionare/massacrare quel che resta del Pd e tentare così di governare innanzitutto una spartizione del potere perché scelte programmatiche coerenti diventerebbero praticamente impossibili in un panorama politicamente e socialmente devastato. Sempre in questo contesto è evidente come andrebbero a pezzi i residui della nostra sovranità nazionale e si aprirebbe una nuova fiera – anche peggio di quella del 1993 – delle svendite (da Eni a Finmeccanica, dal Monte dei Paschi a Unicredit, fino a Mediobanca e nel medio periodo Generali): una prospettiva che riporterebbe l’Italia a essere quella espressione puramente geografica di cui parlava il conte Klemens von Metternich.

CAMBIARE LA COSTITUZIONE. È aperta anche per fortuna una prospettiva diversa: una parte delle forze politiche più consapevoli e una parte dell’opinione pubblica più responsabile stanno iniziando a rendersi seriamente conto come si sia di fronte innanzitutto a una crisi dello Stato, ancor prima di quella economica e sociale, che ricorda quella weimariana anche se per fortuna per ora (ma per quanto?) la farsa sta sostituendo la tragedia. Capire i problemi – come sempre – è la base per risolverli. E oggi l’unica possibile soluzione consiste nel mettere mano alla seconda parte della Costituzione sciogliendo quei sistemi di veti e ipocrisie che hanno fatto dell’Italia il paese dei partiti, degli apparati, degli establishment invece di definire i lineamenti di uno Stato moderno come quello delle altre grandi nazioni democratiche europee, dalla Francia alla Gran Bretagna, dalla Spagna alla Germania. Il grillismo va evitato anche perché è espressione di quell’ideologia dell’eccezionalità italiana da sempre alla base di tanti nostri guai a partire dal fascismo.

MISSION IMPOSSIBLE? Per approfittare razionalmente dello spiraglio che si sta aprendo – e si dovrà agire mentre contemporaneamente sarà necessario tenere sotto controllo la situazione economica e cercare di impedire ad Angela Merkel di fare nuove sciocchezze bottegaie tali da mettere in ginocchio il Vecchio Continente – bisognerà concentrarsi, come si diceva, sul cambiare in tempi rapidi punti significativi della seconda parte della Costituzione in modo da dare una base razionale alla indispensabile contemporanea riforma del sistema elettorale. Per percorrere una simile via, oltre che una certa abilità politica, ci vorrà anche un vero sforzo culturale: le modifiche alle Costituzioni non possono essere improvvisate, richiedono un solido bagaglio d’intelligenza su cui poggiarsi. Però non basteranno capacità manovriere e qualità di studi: ci si dovrà attrezzare per reggere lo scontro con un arco di forze (settori dello Stato, sistemi di influenza nazionali e stranieri, varie bande tipo la Repubblica o quella dei neo Saint-Just che sono i primi moralisti della storia a godere di royalty sulle teste fatte tagliare) che renderà la prossima fase piena di insidie e potenziali scontri. Sarà tutto tranne che una passeggiata.

SE IL NORD ANDASSE DA SOLO. Si è visto in questi giorni come, quando il centrodestra ha annunciato una manifestazione contro la magistratura politicizzata, un gruppetto mi pare di color viola si sia mobilitato per impedire “l’agibilità politica” – come si diceva un tempo – di Roma ai “banditi berlusconiani”. Bisogna contrastare la voglia di considerare fenomeni di tal fatta come pura espressione d’imbecillità: è evidente come la tentazione di non consentire ai tuoi avversari politici il diritto di manifestare le proprie idee porti verso una strada infernale. Un osservatore colto, Pietro Barcellona, con talvolta posizioni meditate come sulle questioni della difesa della “vita” ma non privo di qualche avventata sconclusionatezza, ha interpretato una scelta solidamente amministrativa tipo la macroregione proposta da Roberto Maroni come base per rilanciare la secessione dell’Italia del Nord. Si tranquillizzi: è solo un modo per razionalizzare aeroporti, università, ospedali, per premere a favore di una più equa distribuzione dei carichi fiscali. Certo, però, che se proseguisse l’idea di far fuori giudiziariamente il capo di una forza politica sul trenta per cento degli italiani, se continuassero persecuzioni come quelle organizzate contro Roberto Formigoni, se poi nuclei di imbecilli volessero anche impedire di manifestare a grandi forze nazionali, in questo quadro di degenerazione eventuali referendum per l’unificazione delle regioni del Nord diverrebbero l’unica via perché almeno una parte dell’Italia possa riuscire a difendere la propria libertà. Si sa come, per evitare le catastrofi, la via migliore sia essere coscienti che le catastrofi possono avvenire.

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3 commenti

  1. Corrado

    ….. Ma suvvia, ma se il presidente della camera afferma che la nostra costituzione è “bellissima!”

  2. Filarete

    Non pensavo che “secessione” fosse una parola che un giorno mi sarebbe piaciuta. Però qui è proprio ora di finirla. Stacchiamoci e vadano alla deriva. Qui facciamo uno stato veramente liberale.

  3. ragnar

    Io l’ho sempre detto: fuori dalla UE prima possibile e poi secessione e formazione di uno stato che si stacchi totalmente dall’Italia, a partire dalla lingua (propongo l’insegnamento di una lingua moribonda ma con una grammatica viva: l’occitano). A quel punto si potra’ tornare a crescere

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