Tratto dal blog Comunitarie – Caterina Simonsen torna ad apparire in video, con una serie di 10 filmati autoprodotti che pubblicherà sul suo canale Youtube fino al 28 febbraio, giornata nazionale delle malattie rare. E non è tutto: il pomeriggio di venerdì 21 febbraio apparirà anche per la prima volta in uno studio televisivo, ospite di Barbara D’Urso. Proprio la trasmissione che ha ospitato Michela Vittoria Brambilla. Una scelta che probabilmente farà discutere, ma ci arriveremo. Intanto Caterina accetta di rispondere a qualche domanda.
Quali sono gli obiettivi della tua ultima campagna video?
Far conoscere i problemi che affrontano i malati rari ogni giorno. Sono tantissimi, a cominciare dalla difficoltà di avere una diagnosi corretta, spesso passando prima per molti medici che non riescono a riconoscere i sintomi. Molti all’inizio vengono addirittura considerati malati finti o immaginari. Poi il Servizio Sanitario Nazionale riconosce appena 580 malattie, mentre in realtà sono oltre 6.000: l’80% di origine genetica e gravi. Nel 50% dei casi colpiscono fin dalla primissima infanzia. Un altro problema è che non esistono farmaci, e non c’è l’interesse economico da parte delle case farmaceutiche per fare ricerca e produrli, visto che lo sviluppo di un singolo principio attivo può arrivare a costare 1 o 2 miliardi di euro. Ci sono finanziamenti da parte dell’UE, ma sono appena sufficienti per produrre un farmaco nuovo sì e no ogni cinque anni.
Infine ci sono i problemi burocratici.
Esatto: fortunatamente i farmaci che servono per i malati rari sono al 90% in fascia A e H. Solo il 10% è in fascia C (con il costo a carico dei pazienti), siccome però spesso dobbiamo prendere carrellate anche di quelli si può arrivare a costi esorbitanti. Ad esempio con la colimicina il ciclo di 1 mese in aerosol costa 900 euro. In realtà per le 580 malattie individuate dal SSN anche in questi casi si può passare in fascia A, ma spesso i medici e i farmacisti non lo sanno.
Con l’INPS poi è ancora un discorso a parte.
Già: le commissioni hanno tabelle standard per le percentuali di invalidità, che però non contengono la maggior parte delle malattie rare, anche di quelle riconosciute dal SSN. Gli affetti da sindrome di Down e da fibrosi cistica, per fare degli esempi, appena fatta la diagnosi hanno subito riconosciuta – giustamente – l’invalidità al 100%, mentre a per le altre malattie rare si valuta di volta in volta il danno d’organo, non tenendo conto della natura degenerativa della malattia.
Dopo aver rifiutato molte offerte oggi vai in tv, ospite di Barbaria D’Urso. Perché?
Perché stavolta ho ricevuto la garanzia che potrò parlare delle malattie rare. Finché si voleva l’attenzione solamente sulle mie cose personali non mi interessava apparire in tv. Adesso però posso parlare anche di altre persone malate, e secondo me è giusto usare l’attenzione mediatica su di me per portare alla luce queste malattie. Rientra perfettamente nel concetto di awareness, di cui ho già parlato in un’altra intervista: la responsabilità di far conoscere le malattie. Cosa che purtroppo in Italia è ancora un tabù: c’è ancora chi dice che noi malati dovremmo stare nascosti in casa per essere “dignitosi”. Cosa dovremmo fare, vergognarci di esistere?