
Il taroccamento del caso Sabatelli. O anche: legalizziamo l’eutanasia così finalmente la gente smetterà di suicidarsi

Quello zuccone di un Correttore di bozze proprio non si capacita di come possa mai essere che, ogniqualvolta si riaccenda una campagna per un “diritto civile”, salta fuori regolarmente il caso limite, spesso e volentieri stiracchiato e/o taroccato a dovere, che incasina tutto e consente a radicali & friends di ribadire le loro solite vecchie palle.
Per esempio: se non aboliamo subito l’obiezione di coscienza per i ginecologi, prima o poi finirete tutti ad espellere feti nei bagni degli ospedali con gli antiabortisti fuori dalla porta che sventolano vangeli augurandovi l’inferno. Oppure: se non approviamo subito la legge sull’eutanasia che casualmente ci troviamo ad aver presentato proprio noi radicali, prima o poi qualche medico succube del Vaticano vi bucherà l’esofago senza manco chiedervelo, vi ci infilerà un tubo grosso così procurandovi tutto il dolore possibile, e vi costringerà a sopravvivere in quel modo, abbandonati in un cantuccio, finché non morirete di vecchiaia.
In effetti anche in quest’ultimo esempio il Correttore di bozze non ha fatto altro che riassumere, con la consueta delicatezza, la spettacolare manipolazione operata dai furbetti del progressismo su una vicenda che di per sé non c’entra nulla: il caso Sabatelli, nel senso di Mario Sabatelli, neurologo e direttore del Centro Sla del Policlinico Gemelli di Roma. Cosa ha combinato l’esimio Sabatelli? Niente. Ha rilasciato una semplicissima intervista video a “Viva la Vita onlus”, associazione di familiari e malati di sclerosi laterale amiotrofica, in cui spiega perché «la Sla è una malattia di frontiera» che spesso viene «utilizzata come paradigma della complessità che impone importanti scelte di vita». Appunto.
Perfino un demente come il Correttore di bozze capisce cosa intende dire Sabatelli. Solo i radicali e un certo numero di giornalisti, stranamente (si fa per dire), sembrano non capire. Scrive Lucia Bellaspiga nell’edizione odierna di Avvenire:
«[La Sla è] Una malattia che ha un comportamento unico – specifica subito Sabatelli [nella video-intervista] –, ti permette cioè di mettere in stand by il processo della morte: arriva un momento in cui la tecnologia oggi a disposizione ci permette di dire “ok, la situazione finisce qua” oppure “prolungo la mia vita”. Questo fa sì che le scelte di fine vita siano peculiari, cioè riguardano solo questo tipo di malattie, non altri pazienti». Discorso chiaro, eppure Sabatelli ieri è stato ripreso, tagliato, reinterpretato e manipolato: “Eutanasia, al Gemelli comportamento ineccepibile”, esulta Marco Cappato in un comunicato dell’Associazione Coscioni. “Al Gemelli i malati terminali possono scegliere di morire”, titolava il Fatto, mettendo a corredo dello stesso articolo (online con “eutanasia” nel titolo) la foto di Eluana Englaro (persona in stato vegetativo, non terminale, non malata di Sla)».
Ora. Come illustra bene nel video il luminare della Sla, in Italia esiste, non a caso e giustamente, la desistenza terapeutica. Non l’eutanasia. La desistenza terapeutica. Che è molto diverso. Perfino al Correttore di bozze viene il latte alle ginocchia a doverlo specificare. Per dire che al Gemelli si pratichi l’eutanasia, o che le parole di Sabatelli indichino la necessità di una legge sull’eutanasia, ci vuole proprio un somaro. O peggio: un invasato. O peggio ancora: un correttore di bozze del Correttore di bozze.
È falso che al Gemelli si pratichi l’omicidio à-la-carte dei malati terminali, è falso che i medici del Gemelli somministrino una specie di eutanasia de facto ai loro pazienti, è falso che senza una legge sull’eutanasia i malati terminali di Sla prima o poi finiranno tutti intubati per forza (tra l’altro l’accanimento terapeutico è già reato, ma che te lo dico a fare).
Basta ascoltare Sabatelli per capire tutto ciò. Ma probabilmente solo gli stupidi correttori di bozze hanno bisogno di capire prima di parlare.
Anche il Corriere della Sera, a modo suo, compie un piccolo giuoco di prestigio. Al caso Sabatelli dedica oggi addirittura l’intera pagina 19. E titola così (anche in prima pagina): “Un medico del Gemelli riapre il caso del fine vita”. Riapre? Ma de che? Se c’è qualcuno che riapre qualcosa, per di più a capocchia, sono i radicali e qualche giornale.
Ma non è finita. C’è anche il catenaccio: “Lo specialista che cura la Sla: i pazienti possono scegliere se rinunciare all’ossigeno”. Embè? Che notizia è? Ancora più simpatico poi è l’occhiello: “Nell’ospedale dove fu ricoverato Wojtyla”. Capito il giochino? Perfino “nell’ospedale dei papi” si pratica “l’eutanasia”… dunque manca solo la legge, no?
Infine, per fortuna, sempre nell’occhiello, l’unica cosa vera del servizio: “Ma il primario precisa: non si confonda la desistenza con l’eutanasia”.
In effetti, nell’articolo di Margherita De Bac c’è scritto questo:
«In realtà quello che ha raccontato Sabatelli rientra nei canoni della buona prassi clinica. Paolo Maria Rossini capo della neurologia del Gemelli precisa: «Qui non parliamo di persone in stato vegetativo ma di persone lucide. L’esame dei singoli pazienti è effettuata da una squadra di sanitari che si basano su leggi, etica e rispetto dei valori cattolici. Tra noi c’è un eticista clinico. In ogni situazione cerchiamo di valutare se il mezzo terapeutico è proporzionato al guadagno in termini di salute anche psicologica». E Massimo Antonelli, direttore della rianimazione del Gemelli aggiunge: «I nostri pazienti non vengono mai abbandonati a se stessi. Non si può confondere tra eutanasia e desistenza dalle cure».
Insomma, anche la giornalista del Corriere sembra conoscerla benissimo la famosa differenza. Ma allora perché – domanda ottusamente il Correttore di bozze – quel titolo birichino?
Comunque il caso Sabatelli non è l’unico “incidente” (tra virgolette) strapazzato in questi giorni per sostenere il mortifero progresso radicale. C’è anche la lettera aperta pro eutanasia legale metaforicamente indirizzata al presidente del Consiglio Matteo Renzi, tramite la rivista Micromega, da:
• Francesco Lizzani, figlio di Carlo Lizzani,
• Chiara Rapaccini, compagna di Mario Monicelli,
• Mina Welby, moglie del Piergiorgio Welby e co-presidente della Associazione Coscioni,
• Carlo Troilo, autore di Liberi di morire.
Ora, pure essendo un cattolico integralista ligio solamente alla dottrina e senza un briciolo di misericordia, perfino il Correttore di bozze si fa qualche scrupolo ad accanirsi su persone che tanto hanno già sofferto in vita loro. Del resto, però, cari radicali e cari colleghi di Micromega bramosi di morte dignitosa e statale, siete voi che avete voluto trascinare nell’arena questa pietosa combriccola di casi strappalacrime. Perciò non è il Correttore di bozze che è un bruto, siete voi che siete spietati a mandarli in giro a scrivere sensazionali bischerate tipo questa:
La mancata soluzione del problema della “morte dignitosa” ha queste conseguenze, da noi pubblicamente denunciate e da nessuno smentite: ogni anno, in Italia, mille e più malati si suicidano e più di mille tentano invano di farlo; ed ogni anno 30.000 malati terminali muoiono nei reparti di rianimazione con l’aiuto attivo di medici pietosi e coraggiosi, costretti a praticare l’eutanasia clandestina dalle norme di un codice penale che risale al 1930 e non a caso segue solo di un anno il Concordato fra il regime fascista e il Vaticano.
Di per sé sarebbe già bello riuscire a capire come il suicidio di «mille e più malati» possa essere diventata una «conseguenza» della mancata legalizzazione dell’eutanasia. Per non parlare della certezza con cui si snocciolano dati sulla diffusione della «eutanasia clandestina» (il Correttore di bozze riesce appena a immaginare le corsie degli ospedali invase dai sondaggisti dell’Istat che domandano ai medici: scusi dottore, lei quanti ne ha soppressi illegalmente oggi?).
In ogni caso, la cosa più assurda è che questo appello a Renzi è stato scritto per pubblicizzare una conferenza pro eutanasia che si tiene oggi alle 17.15 a Firenze, alla quale interverrà niente popò di meno che Eduard Verhagen (foto a sinistra), il pediatra che ha partorito il protocollo di Groningen. Ovvero il padre dell’eutanasia neonatale, simpatica conquista civile in atto in Olanda.
Ecco. Sia detto con tutto il rispetto dovuto a persone che hanno sofferto eccetera… Magari però, cari amici che volete salvare gli aspiranti suicidi uccidendoli prima che lo facciano loro, visto il parterre di ospiti di cui vi fregiate, almeno la prossima volta evitate di metterla giù così:
Stimato Presidente [Renzi] (…) non permetta che l’Italia, che assumerà a breve la presidenza di turno della Comunità Europea, sia additata come il paese più arretrato sul piano dei diritti civili. In particolare, per quanto riguarda l’eutanasia, solleciti il Parlamento a compiere il proprio dovere ed a frenare con leggi coraggiose quella che non esitiamo a definire una “strage degli innocenti”.
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15 commenti
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Non è una novità che le casse dell’INPS versano in condizioni pietose. Mettetela come volete, ma spargendo la propaganda pro-eutanasia si cerca di convincere la gente a suicidarsi ed evitare che possa ammalarsi o in un futuro aver diritto alla pensione.
Non è che abbiamo soldi e cibo per tutti: bisogna essere tra i privilegiati che possono permettersi le cure e la pensione, altrimenti meglio l’eutanasia.
Non sembra anche a voi che le cose stiano girando in questo modo?
“In particolare, per quanto riguarda l’eutanasia, solleciti il Parlamento a compiere il proprio dovere ed a frenare con leggi coraggiose quella che non esitiamo a definire una “strage degli innocenti”.”
Chissà quale “strage degli innocenti” si potrà impedire acconsentendo di applicare l’eutanasia a quelli che, altrimenti, si ucciderebbero da soli?
Geniali.
Quindi, sig. Zarathustra, tutti i pazienti di Sabatelli che rinunciano alla tracheotomia e alla ventilazione meccanica, o lo fanno in un secondo momento, si uccidono?
Se è così al Gemelli si pratica “il suicidio”, e pure che ne so, il Cardinale Martini (che la tracheotomia l’ha rifiutata) si è suicidato. E indubbiamente, se le cose stanno così, quello che fa Sabatelli non è diverso da quello che ha fatto il medico di Welby staccandolo dal respiratore.
No, anzi, una differenza c’è: uno dei due medici è pagato da un ente cattolico (e riconosciuto come tale dai massimi livelli).
Tralasciando che lei, uno dei tanti, probabilmente l’articolo non l’ha letto.
Tralasciando che lei, uno dei tanti, probabilmente non conosce la differenza tra eutanasia e desistenza dall’accanimento terapeutico -la quale, guarda un po’, è contemplata pure dalle ultra liberticide leggi italiane- altrimenti non chiamerebbe in causa a sproposito il card. Martini.
Il punto è: le persone muoiono o no dopo aver richiesto l’eutanasia, se questa è permessa?
Quale strage si evita?
Certo che muoiono, esiste forse una strategia per vivere sulla terra in eterno?
Chiarito l’ovvio, secondo lei perchè il caso Welby è stata cosiderata eutanasia (dal vaticano) e i pazienti di Sabatelli che rinunciano alla respirazione artificiale no?
Perchè Welby, da radicale, ha annunciato il suo gesto a favore di telecamera e ha fatto compiere scientemente l’atto da Pannella o chi per lui. Non è stata la rinuncia all’accanimento terapeutico, ma un rifiuto della terapia per motivi sia esistenziali che francamente ideologici.
Michele,
Welby è stato tracheotomizzato nel 1997: Il dottor Mario Riccio, anestesista, ha interrotto la ventilazione artificiale 9 (NOVE!!!) anni dopo.
Che differenza c’è se lo annunci o lo dici nell’orecchio di un primario?
Non sono forse uguali le motivazioni che spingono il malato a chiedere l’interruzione delle cure?
O pensi forse che l’abbia fatto per fare un piacere a Pannella e un dispetto al Vaticano???
Sei tu che stabilisci quando sono motivi “esistenziali”???
Spieghiamo l’ovvio.
La differenza è che Welby si è prestato per fare uno spot ideologico per l’eutanasia, non contro l’accanimento terapeutico.
Facile no?!
Facile?
Mario Riccio è andato sotto processo, poi è stato assolto.
Il punto era (ed è) che la legislazione a parole garantisce il malato contro ogni accanimento terapeutico, nei fatti no perchè il medico che ti caccia in gola un tubo non è sanzionabile se si rifiuta di toglierlo in caso di richiesta del malato.
Se Sabatelli avesse fatto queste dichiarazioni PRIMA del caso Welby sotto processo ci sarebbe andato lui. (magari per denuncia di qualce associazione cattolica).
Rimane poi la somma ipocrisia: se i pazienti sussurrano a Sabatelli basta accanimento è desistenza dalle cure, se Welby lo dice ad alta voce è eutanasia.
Come faccia di bronzo siamo al livello di “non si divorzia, casomai si annulla il matrimonio”.
Vediamo di cosa si occupa il nostro, cito dal Corriere:
“Paola è la figlia di una signora di 72 anni, ricoverata a lungo al Gemelli, che ha rifiutato la tracheostomia, ultima risorsa per persone annientate da una degenerazione muscolare che non lascia scampo e annulla il respiro. Ma la donna ha preferito sottrarsi a «un supplizio inutile». Sette malati su dieci preferiscono evitarlo e essere accompagnati verso la fine con la mascherina della ventilazione meccanica e cure palliative. Lo afferma Mario Sabatelli, […]”
Ventilazione meccanica? Cure palliative? Queste sconosciute alternative alla tracheotomia…
Differenze con Welby? Ai posteri (e agli onesti intellettualmente) l’ardua sentenza.
Senza addentrarsi nell’aspetto “spettacolarizzazione della morte”…
PS: occhio a quando si parla di “strategie per vivere sulla terra in eterno”: visto che non è possibile, qualche illustre luminare potrebbe dimostrarci che la soluzione a tutti i problemi sia un proiettile in testa, da sani o malati.
Hai un futuro
Caro Marco X anche tu hai un futuro mi auguro di gloria.
Grazie al Fatto Quotidiano (preferisco Il Foglio di G. Ferrara) capisco che il mestiere migliore oggi è fare i becchini o i medici favorevoli all’eutanasia. Senza offendere i becchini che mi porteranno al campo santo.
Embè? Che notizia è?
Non per polemica, ma per capire.
Allora, “i pazienti possono scegliere se rinunciare all’ossigeno”, e il Correttore di Bozze non mi sembra eccepire. (“Embè? Che notizia è?” è il tiepido commento del Correttore di Bozze)
Ma se il paziente accetta la tracheotomia e poi, lucidamente decide di rinunciarvi, è eutanasia?
Paolo Maria Rossini dice: “..In ogni situazione cerchiamo di valutare se il mezzo terapeutico è proporzionato al guadagno in termini di salute anche psicologica..” e mi viene in mente il caso Welby.
Perchè il caso Welby è stato considerato un suicidio (dalla Chiesa, negati funerali religiosi) e non un caso di “desistenza dalle cure” o rinuncia all’accanimento terapeutico?
Alla fine in tutti e due i casi (SLA i pazienti di Sabatelli, distrofia muscolare per Welby) si rinuncia alla respirazione assistita, ovvero la rinuncia all’ossigeno (vedi “embè?” di cui sopra).