Caro sindaco, le narcosale non solo non servono, ma sono anche dannose
Pubblichiamo una lettera del 2007 che Antonio Maria Costa, Executive Director dell’Office on Drugs and Crime presso l’Onu, inviò all’allora sindaco di Torino, Sergio Chiamparino, sulla questione delle “narcosale” , allora al centro del dibattito nel consiglio comunale.
21 novembre 2007
Caro Signor Sindaco,
Mi permetta di esprimere apprezzamento per un municipio e un sindaco impegnati – come facciamo noi dell’Ufficio ONU anti-droga – ad aiutare coloro che sono affetti da tossicodipendenza, onde ridurne le conseguenze sulla salute, la sicurezza e la vita stessa. In questo spirito di comune reazione umana ad un dramma che danneggia l’intero tessuto sociale, Le scrivo per farLe presente la mia preoccupazione concernente la possibile sperimentazione a Torino delle “narcosale” (chiamate anche “stanze del buco”, oppure “eroinoteche”).
A costo di apparire pedagogico, ed in relazione alle osservazioni anche avanzate dal Ministro Turco in materia, vorrei distinguere tra (i) la prescrizione medica di eroina e (ii) le narcosale.
La prescrizione di eroina è una scelta clinica conforme agli accordi internazionali sottoscritti dall’Italia (come ben spiegato dal Ministro Turco). In questo caso, eroinomani non attratti da servizi sanitari e comunità terapeutiche, o che si trovino a fronteggiare una ricaduta, sono avvicinati con l’offerta della prescrizione di eroina somministrata sotto controllo medico.
Pur se rimangono preoccupazioni di carattere clinico (le conseguenze sul sistema endocrino ed immunitario), tale prescrizione di eroina potrebbe essere utile nell’attrarre alcuni tra i pazienti più problematici che hanno abbandonato altri programmi, nella speranza di incoraggiarli ad accettare terapie più appropriate (metadone, buprenorfina, disassueffazione). Se tale obbiettivo non è definito come cardine del programma, tale somministrazione di eroina può essere paragonata al prescrivere dolci ai diabetici, per poi assisterli con insulina nel caso di eccessiva assunzione.
Ci sono anche considerazioni socio-economiche che minano l’efficacia del programma. Il costo di tale prescrizione è assai alto (in Svizzera: 1.200 euro al mese per paziente). Di conseguenza solo una frazione dei drogati può essere assistita. Pensi che gli eroinomani in Svizzera sono 32 mila, e che il programma ne raggiunge solo 500-600 (meno del 2%). In conclusione, la prescrizione di eroina non risolve né il problema della droga né quello del crimine associato ad essa.
La proposta in discussione al Consiglio Comunale di Torino riguarda l’apertura di narcosale: quindi di spazi dove i tossicodipendenti possono iniettarsi la propria droga. Mi permetta, Signor Sindaco, di avanzare alcune osservazioni in merito a questa seconda opzione.
Questo servizio non protegge la salute dei tossicodipendenti, dato che la droga (comprata sul mercato illegale) è tagliata spesso con anfetamine (causa di infarto), stricnina (un veleno), o altro materiale tossico (talco, gesso, calce). Inoltre l’assenza del medico espone i pazienti a rischi non dissimili dall’assunzione di droga senza assistenza (gli infermieri non hanno competenza di effettuare interventi di rianimazione). Se il medico è presente, si trova a supervisionare (ed essere responsabile per) l’assunzione di una sostanza ignota, fornita da uno spacciatore, senza sapere come assistere un eventuale malessere. Non è una sorpresa se le narcosale non hanno goduto del successo dei programmi di assistenza e riduzione del danno quali l’offerta di metadone, siringhe, preservativi, supporto psicologico, buoni-pasto e alloggio. Sono anche in violazione degli accordi internazionali sottoscritti dal nostro paese.
Le città che le hanno sperimentate (La invito a visitarne alcune insieme a me: Zurigo, Vancouver, Sidney, Amsterdam, Madrid) mostrano che nella zona presso le narcosale la droga viene trafficata, senza ridurre l’accesso alla stessa. Il crimine legato alla droga perdura.
Si sente dire che le narcosale aiuterebbero a concentrare i tossicodipendenti lontano dalle zone residenziali di Torino e dai suoi splendidi parchi. Infatti a Madrid sono state collocate a Las Barranquillas, cioè a ridosso della discarica pubblica fuori dalla capitale. Ma, dico io, i tosssicodipendenti sono fratelli sfortunati: discriminare questi poveri pazienti, usando le risorse dei contribuenti solo per ridurre il loro impatto sulla borghesia locale, senza nessun investimento serio nel trattamento della loro malattia e creando un’isola di legalità per l’uso di droghe illegali non mi pare una soluzione adatta a Torino – una città dal cuore d’oro, alla quale la Sua amministrazione si è dedicata con passione ed impegno negli ultimi tempi.
Sono sicuro, Signor Sindaco, che Lei condivide con me altri valori profondi: primo, il fatto che la società deve fare attenzione tanto alla salute dell’individuo quanto all’impatto che la droga ha sulla città e sulla sua sicurezza. Secondo, che lo sforzo deve essere fatto sia a livello nazionale quanto dagli enti locali.
Quindi all’Italia chiedo di organizzare programmi sociali e terapeutici per i tossicodipendenti, accessibili in strutture dignitose, dotati di personale adeguato per numero e professionalità: servizi in grado di coordinare gli interventi con i municipi, le carceri, i centri di salute mentale, la magistratura e le forze dell’ordine. Uno sforzo nazionale di questo tipo faciliterebbe il conseguimento di migliori risultati a livello locale.
A Torino, come altrove, chiedo di offrire ai tossicodipendenti servizi non stigmatizzati né discriminati, per accoglierli in ambiti clinici specialistici, e anche di aprire le porte ai soggetti più difficili da raggiungere, con interventi a bassa soglia – interventi in strada o nei luoghi di aggregazione. Tali servizi, facilmente accessibili e gratuiti, riducono la presenza di tossicodipendenti nei luoghi pubblici, senza stigma e discriminazione. È un vero investimento nel futuro della salute e della sicurezza a Torino.
Tenendo conto di alcune preoccupazioni, manifestate anch’esse recentemente dalla stampa, riguardo ai tagli alle risorse dei Servizi Pubblici per le Tossicodipendenze e dei Dipartimenti per le Dipendenze, mi sento in dovere di chiederLe se, prima di istituire le eroinoteche, i programmi clinici di qualità e a basso costo per la riduzione del danno arrecato dalla droga siano veramente garantiti nella Sua città.
Mi farebbe piacere incontrarLa per discutere di persona queste tematiche che, pur nell’ambito di posizioni istituzionali diverse, ci uniscono per sensibilità e passione.
Antonio Maria Costa, Executive Director, United Nations, Office on Drugs and Crime
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