È Ferragosto anche per i carcerati. E qualcuno lo passerà con loro perché «l’uomo può sempre cambiare»

Di Elisabetta Longo
14 Agosto 2013
Dalla Giornata della restituzione all'Idroscalo di Milano al "Ferragosto in carcere" dei radicali. «Anche i cosiddetti rifiuti della società contribuirono a costruire le cattedrali»

[internal_gallery gid=112979] Un Ferragosto diverso per 135 detenuti delle carceri milanesi di San Vittore, Opera e Bollate, grazie alla seconda edizione della “Giornata della restituzione”. Carcerati già inseriti in programmi di lavoro socialmente utile potranno prestare volontariamente servizio per ripulire un’area dell’Idroscalo di Milano.

PRANZO CON LE FAMIGLIE. L’iniziativa è sostenuta dal Provveditorato dell’Amministrazione penitenziaria e dalla Provincia di Milano, che hanno organizzato la giornata speciale in due momenti. Al mattino, i detenuti in permesso collaboreranno alla manutenzione ordinaria del parco e del suo verde, mentre al pomeriggio potranno passare del tempo con le proprie famiglie. Il pranzo sarà organizzato con l’aiuto di Giacche verdi, associazione di protezione civile. «L’anno scorso – raccontano in Provincia – il pasto consumato insieme alle famiglie è stato un momento molto bello. Viste dall’esterno le tavolate dei detenuti e dei loro parenti non sembravano molto diverse da quelle di altre famiglie venute all’Idroscalo a passare il giorno di festa. Operatori sociali, guardie carcerarie, detenuti e famiglie hanno trascorso ore serene».

DI FRONTE ALLA SOCIETÀ. Il numero dei carcerati che ripulirà l’area verde adiacente al “Laghetto delle vergini” all’Idroscalo di Milano è raddoppiato rispetto all’anno precedente. Nell’agosto 2012 infatti erano in 70, tutti provenienti dal carcere di Bollate; quest’anno sono 135, anche perché hanno aderito tutte e tre le carceri milanesi. A commentare entusiasta la giornata del 15 agosto è Emanuele Pedrolli, presidente di Incontro e presenza, un’associazione di volontari che aiuta i detenuti delle carceri milanesi dal 1986. «Siamo molto favorevoli all’iniziativa, e questo vale per tutti gli esperimenti di risocializzazione. Il fatto poi che non si tratti solo di ripulire il parco, cioè di un lavoro socialmente utile, ma anche di un momento per incontrare le famiglie, rende la giornata ancora più importante».

[internal_video vid=112976] IL MESE PIÙ LUNGO DELL’ANNO. In carcere agosto è un mese diverso, spiega Pedrolli: «È forse il mese più duro dell’anno. Fa caldo, ci si sente soli. A San Vittore manca anche l’acqua ai piani alti, perché, in mancanza di sistemi alternativi per raffreddare le bevande, quelli dei piani bassi tengono le bottiglie sotto l’acqua corrente, togliendo pressione agli altri». E ovviamente con il caldo il problema del sovraffollamento si fa sentire più del solito. «Sabato scorso – racconta Pedrolli – ho incontrato un ragazzo, felicissimo. Gli ho chiesto perché lo fosse. Lui, che sta in una cella da nove persone, mi ha spiegato che era felice perché quello del letto di sopra era uscito e così si era liberata la postazione vicino alla finestra. Sa com’è, sono cose importanti in una cella da nove, dove si sta in piedi a turno perché non c’è spazio per tutti».

SOLITUDINE. Il tempo d’estate passa molto più lentamente in carcere, le attività con i volontari si interrompono e anche le cooperative che collaborano con i penitenziari chiudono per ferie. In questo periodo «i detenuti sono più soli», continua il presidente di Incontro e presenza. «L’unico aspetto positivo è che hanno più tempo per pensare, non solo al proprio percorso, ma anche a quanto siano importanti, in carcere, le attività collaterali».

RADICALI E REFERENDUM. Sono tutti problemi ben noti ai Radicali, che anche quest’anno passeranno il loro “Ferragosto in carcere”. Si tratta di una iniziativa che porterà diverse delegazioni di politici dentro numerose carceri in tutta penisola. Quest’anno l’evento servirà anche a raccogliere le firme necessarie a proporre alcuni referendum tra cui quello sulla “giustizia giusta”. Pedrolli conferma che «serve una riforma della giustizia concreta, ma che parta dal basso e arrivi ovunque. Non basta solo puntare il dito contro il sovraffollamento delle carceri, perché le dirigenze carcerarie, le guardie, gli assistenti sociali fanno un ottimo lavoro. Il problema è a monte, e non dipende da loro. Esempio lampante è l’abuso nel ricorso alle misure cautelari». La vera svolta comunque non può che essere anche «di tipo culturale»: là fuori ci vuole una società «pronta ad accogliere le persone che hanno finito la propria pena ed escono».

COSTRUIRE UNA CATTEDRALE. Di certo servirebbe un’altra amnistia, però «che sia diversa dall’ultimo indulto, del 2006. Allora fu concesso d’agosto, e chi uscì si ritrovò senza lavoro, senza casa e senza nulla. Il tasso di recidiva tra coloro che erano usciti con l’indulto fu altissimo. Bisogna creare e sostenere le strutture che possono aiutare gli ex carcerati». Ci deve essere uno scambio reciproco tra carcere e società. «Il problema – spiega Pedrolli – è che bisogna smettere di guardare i detenuti come fossero qualcosa di diverso, che per questo ha necessità di integrarsi. L’uomo può sempre cambiare». Proprio a partire da questa visione a ottobre Incontro e presenza porterà nel carcere di San Vittore Ad usum fabricae, la mostra sulla fabbrica del Duomo di Milano esposta al Meeting di Rimini lo scorso anno. «Lo facciamo per mostrare ai detenuti che, se aiutati, anche loro potranno costruire grandi cose: all’epoca, infatti, tutti contribuirono a costruire la cattedrale, anche i cosiddetti rifiuti della società. È nello scambio reciproco che si cresce. Se da una parte è la società che deve dire “dimostrami che sei cambiato”, dall’altra è il detenuto che deve chiedere “aiutami a dimostrartelo”».

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