Tutti a Caorle per “chiamare le cose con il loro nome”: c’è il Premio Luigi Amicone

Di Emanuele Boffi
20 Aprile 2022
Dal 24 al 26 giugno tre giorni di incontri e l’assegnazione del primo riconoscimento intitolato al fondatore di Tempi. Con Ayuso, Ferrara, Ismail, Porro, Prosperi, Zaia e non solo
Luigi Amicone Caorle
Luigi Amicone

Se di una donna, come ci ha spiegato il giudice della Corte suprema americana Ketanji Brown Jackson, non si può dare definizione; se un’invasione diventa “un’operazione militare speciale”; se un suicidio procurato è una “bella morte”; se un asterisco o una schwa sono il modo per non definire il definito; e se anche nei tribunali di Roma o Washington (mica solo a Teheran o a Riyad) il peccato diventa reato, allora aveva ragione la compagna Rosa Luxemburg: «Tornare a chiamare le cose con il loro nome è il primo atto rivoluzionario».

Dare un nome alle cose è il potere che Dio ha dato all’uomo nel giardino dell’Eden. Nominare significa possedere, perché quando qualcosa è nominabile entra a far parte del nostro tempo e del nostro spazio, inizia a essere in relazione con noi, diventa “affabile” nel senso etimologico del termine (“con cui si può parlare”). È una facoltà così grande e pericolosa – tale è la terribile libertà che Dio ha dato agli uomini – che qualunque Potere, abbia esso il volto del prete, del dittatore o dell’influencer, ha sempre preteso lui per primo di “dare un nome alla cose”. Quindi anche le parole di Rosa Luxemburg possono essere uno slogan propagandistico se non si ammette che esista un’evidenza – cioè una realtà delle cose così come sono fatte, cioè non create da noi – che costituisce una “verità”.

Eccola la grande parola che dà senso a tutte le altre. Senza la verità, senza un suo riconoscimento o, perlomeno, l’ipotesi di una sua esistenza, niente avrebbe significato, fondamento e ordine. Se vogliamo davvero dire le cose come stanno, pane al pane e vino al vino, e non vogliamo accontentarci di un loro surrogato o abbellimento, di una loro edulcorazione o approssimazione, dobbiamo “dire la verità”. E qui iniziano i guai perché per poterla dire, dobbiamo, innanzitutto, ammettere, in controtendenza con almeno gli ultimi duecento anni di storia, che esista una realtà “delle cose così come esse sono”, che non è un’opinione, un’idea, un pensiero soggetto alle mode e agli usi del tempo. Di qui non si scappa: per potere dire che esiste una verità e che essa è razionalmente comprensibile, bisogna averne fatto esperienza.

È su queste basi e seguendo il filo di un discorso iniziato nel giorno della sua fondazione (28 agosto 1995) che Tempi, con il sostegno del Comune di Caorle (Ve), lancia una tre giorni di dibattiti il cui titolo è, appunto, “Chiamare le cose con il loro nome”. Sarà quella anche l’occasione per la consegna del primo Premio Luigi Amicone, che sarà assegnato da una giuria di cui fanno parte persone che sono state legate in amicizia al nostro fondatore: Giuliano Ferrara (presidente), Antonia Arslan, Daniele Bellasio, Ubaldo Casotto, Marina Corradi, Mattia Ferraresi, oltre a Annalena Valenti e a Tempi. Molto è ancora da definire e dettagliare, ma già ora possiamo assicurarvi che saranno tre giorni intensi, gagliardi e non pallottolosi, con dibattiti sull’informazione e sulla politica, cui parteciperanno ospiti nazionali (ci saranno Nicola Porro, Maryan Ismail, Luca Zaia e Davide Prosperi) e internazionali (sarà con noi la presidente della Comunidad de Madrid, Isabel Díaz Ayuso).

Fate un cerchiolino sul calendario alle date 24, 25 e 26 giugno e scriveteci di fianco: “Chiamare le cose con il loro nome”. Altre sorprese sono in cantiere.

Una versione di questo articolo è pubblicata nel numero di aprile 2022 di Tempi. Il contenuto è riservato agli abbonati: grazie al tuo abbonamento puoi scegliere se sfogliare la versione digitale del mensile o accedere online ai singoli contenuti del numero.

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2 commenti

  1. Mario Toma

    Da caorlotto, benché siano ormai molti anni che vivo all’estero, posso dire che sono ben contento che nel mio paese si faccia un’iniziativa simile: è un modo per dire che a Caorle non c’è solo il bel mare, la grande spiaggia, dell’ottimo pesce seguito da un gustoso gelato, ma c’è anche una comunità viva che promuove la cultura e aiuta la gente ad avere un giudizio più vero e profondo su ciò che ci sta attorno. Perciò mi unisco a Tempi nell’invitare tutti coloro che possono a prendersi un po’ di ferie per farsi questa tre giorni di dibattiti a Caorle: da li tornerete sicuramente con la pelle più abbronzata, ma soprattutto con una visione più chiara della realtà e quindi con la possibilità di essere più protagonisti nel luogo in cui vivete.

  2. Diana Polce

    Siete GRANDI!!!!
    Grazie di cuore per la vostra chiarezza.

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