
In Bolivia Evo Morales e il presidente Luis Arce stanno ripetendo lo stesso copione del Nicaragua. Se Ortega, dopo avere chiamato la Chiesa a mediare nel 2018, vedendo che denunciava i suoi massacri contro gli studenti si è vendicato, come Tempi vi ha raccontato nel dettaglio, oggi tutto il MAS, il Movimento al Socialismo a cui appartengono Evo ed Arce, è unito nel mantra del “colpo di stato” del 2019. Morales, dopo la frode elettorale da lui stesso perpetrata che causò una rivolta popolare, chiamò a mediare la Chiesa, oltre all’Unione europea e persino le Nazioni Unite.
Visto che il risultato della mediazione, come nel caso di Ortega, non fu a lui gradito – ci fu la certificazione della frode elettorale, con la successione alla presidenza ad interim dell’allora vicepresidente del Senato Jeanine Áñez, seguendo i dettami della legge come sancito dalla Corte Costituzionale – da allora la strategia per imporre la sua narrativa è quella di perseguitare chiunque gli ricordi che quella del “golpe” è una balla colossale.
La vendetta contro i vescovi che volevano la pace
La prima vittima fu l’ex presidente ad interim che, dopo avere passato il potere ad Arce nel novembre 2020, fu arrestata quattro mesi dopo e, da allora, permane reclusa in attesa di giudizio. Nel 2021, la Conferenza episcopale boliviana (CEB) aveva consegnato a Papa Francesco un rapporto sul ruolo della Chiesa tra ottobre 2019 e gennaio 2020 in cui «respingeva ogni accusa» nel «presunto colpo di stato».
Dopo la Añez, adesso è arrivato il momento della vendetta contro i vescovi che nel 2019 avevano promosso una soluzione pacifica alla crisi. Si tratta di monsignor Ricardo Centellas, allora presidente della CEB e oggi vicepresidente, monsignor Aurelio Pesoa, che è stato segretario generale episcopale e oggi lo presiede, monsignor Giovani Arana, allora vescovo ausiliare (oggi è vescovo) di El Alto nonché segretario generale della CEB. Infine padre José Fuentes, ex vice segretario generale della CEB e oggi rettore dell’Università cattolica della Bolivia San Pablo.
Le tensioni di Arce con la Chiesa in Bolivia
L’unico a salvarsi dalla “giustizia” del MAS di Evo e Arce, è un facilitatore chiave, monsignor Eugenio Scarpellini, allora vescovo di El Alto, ma solo perché è morto nel 2020. Tutti sono stati chiamati a testimoniare nel processo sul “golpe del novembre 2019”, lo stesso che ha già portato in carcere la Añez, dopo che Arce ha ordinato ai suoi obbedientissimi giudici di convocarli ed avviare un procedimento penale contro di loro. Lo scorso 30 gennaio, infatti, il procuratore generale ha ordinato al procuratore Omar Mejillones di convocare i tre citati vescovi più altri sette preti, tutti membri della CEB, accusandoli di aver partecipato al “golpe” in quella che è la prima azione di un governo boliviano contro la Chiesa cattolica dal ritorno della democrazia, 40 anni fa.
Arce contro la riapertura dell’Istituto Cattolico Normale
A testimonianza delle crescenti tensioni con la Chiesa cattolica, lo scorso 15 febbraio il presidente Arce ha negato la riapertura dell’Istituto Cattolico Normale, fatto chiudere nel 2010 da Morales ma «per decenni un punto di riferimento indiscusso per la formazione degli insegnanti in Bolivia. Nelle sue aule sono stati formati più di 12.000 insegnanti che hanno ricevuto un’eccellente formazione accademica», spiega monsignor Fernando Bascopé.
Il presidente dell’area Educazione della CEB ha denunciato che il rifiuto del governo «viola non solo il diritto della Chiesa di formare i propri insegnanti secondo le convinzioni professate dalla maggioranza dei boliviani», ma anche quello dei genitori che sono «responsabili dell’educazione dei propri figli» e hanno il diritto di «scegliere il tipo di educazione che riflette i loro valori». «È importante sottolineare – ha aggiunto il vescovo – che lo Stato non può negarci il diritto di riaprire la Normale se soddisfiamo i requisiti necessari per farlo». Anche perché il nuovo curriculum scolastico del MAS ha provocato le proteste di molti insegnanti e genitori, che lo hanno definito un «indottrinamento».
Bolivia contro la Chiesa, come il Nicaragua
Sono intervenuti anche gli ex presidenti Carlos Mesa e Jorge “Tuto” Quiroga, secondo i quali il governo del MAS «perseguita i vescovi che difendono la democrazia e i diritti umani» denunciando che Arce ed Evo stanno «emulando Ortega nella sua persecuzione contro la Chiesa».
Del resto la persecuzione contro la Chiesa non è nuova in America Latina. Prima e durante il periodo del Piano Condor, i regimi “civico-militari” di destra assassinarono, tra gli altri, San Óscar Arnulfo Romero, scagliandosi contro chiunque professasse le idee sorte dal Concilio Vaticano II. Oggi regimi sempre più autoritari quando non vere e proprie dittature ma di sinistra, i cosiddetti socialisti del secolo XXI, combattono la Chiesa, perseguitando vescovi, religiosi e laici cattolici, confinandoli alla morte civile o all’esilio, imponendogli il silenzio, impedendogli persino la via crucis, come accadrà quest’anno in Nicaragua, o incarcerandoli dopo averli condannati con una giustizia farsesca.