
La preghiera del mattino
D’Alema vs Draghi pare la prosecuzione della guerra tra Cina e Usa con altri mezzi

Su Formiche Corrado Ocone scrive: «Sarà stato pure il “bibitaro” del San Paolo (lavoro fra l’altro degnissimo), ma il dato politico rilevante è che il teorico dell’ impeachment presidenziale (meno di 4 anni fa) e l’autore della “fuga” oltralpe con Alessandro Di Battista alla ricerca di surreali liaison con i gilet gialli (2 anni fa), oggi sia un apprezzato e misurato ministro degli Esteri, fedele interprete del verbo draghiano. Come dire: da bravo e sveglio (“scetato”) napoletano, Di Maio ha appreso in svelta e oggi, pur restando quasi immobile, è il vero uomo forte di un Movimento ridimensionato ma ancora determinante». Come al solito Ocone è acuto nell’analisi e arguto nella scrittura. Sia consentito comunque sentirsi perplessi perché il Talleyrand di cui l’Italia oggi dispone è un po’ troppo alle vongole.
Su Dagospia si riporta questa frase di Natalia Aspesi (a proposito degli appelli per una donna al Quirinale): «Sì ho letto l’appello della Maraini e delle altre sui giornali. Ma che noiose che sono! Donne legate a dei vecchi schemi e non alla libertà». Ma come è arcaica la Aspesi! Si occupa ancora di quella cosa così obsoleta che è la libertà.
Su Dagospia si riporta un lancio Ansa che riferisce di un tweet della ministra federale austriaca per il Clima, l’ambiente e l’energia, Leonore Gewessler: «Se i piani della Commissione europea che includono il nucleare e il gas naturale tra le fonti sostenibili per gli investimenti a favore della transizione energetica “verranno attuati in questo modo, faremo causa”». E adesso ci toccherà solidarizzare con quella sòla di Ursula von der Leyen se verrà incriminata per uso improprio di energie?
Su Startmag Francesco Damato scrive: «L’obiettivo di D’Alema, in questo passaggio della politica italiana dominato dalla cosiddetta corsa al Quirinale, è stato ed è Mario Draghi. Di cui non piace a “Baffino” né l’idea che succeda a Sergio Mattarella né o soprattutto che egli si scelga per la successione a Palazzo Chigi il “funzionario” che, facendo il governo quasi un anno fa, con astuta preveggenza nominò superministro dell’Economia. Si tratta naturalmente di Daniele Franco. Questa – ha detto D’Alema – “non è democrazia”. Punto e basta». Scontro Draghi-D’Alema: trattasi di un altro episodio della lotta tra Stati Uniti e Cina per l’egemonia sul Pianeta?
Su Formiche Giuseppe Fioroni scrive che «ora, dunque, cosa significa l’annunciato ritorno di D’Alema e Bersani nelle fila del Pd? Sembra una formula di ripiegamento, senza una carica di stimolo e riflessione». Quel pasticcio che si chiama Pd è ben rappresentato da un ex andreottiano a cui piacerebbe tanto emarginare (per mancanza di riflessione e stimolo) quegli ex dirigenti del Pci che solo pochi anni fa hanno portato il grosso delle loro truppe, quelle indispensabili, a fare il Pd.
Su Huffington Post Italia Roberto Della Seta e Francesco Ferrante scrivono (rivolti a Enrico Letta): «Ti confessiamo – la nostra invidia per la posizione netta di due governi europei a guida socialista: quello spagnolo che si è detto contrario a inserire nella tassonomia verde gas e nucleare, quello tedesco che anch’esso rifiuta l’idea di qualificare come “green” l’energia atomica e che prevede sia di chiudere rapidamente le proprie centrali nucleari sia di azzerare entro il 2030 l’uso termoelettrico del carbone». E un bel “Roberto Cingolani boja” non ce l’aggiungiamo?
Sulla Zuppa di Porro si racconta di supposte manovre contro Vincent Bolloré che avrebbe riaperto la strada a un (una) gollista per l’Eliseo (Valérie Pércresse): «Che la politica in Francia non sia “un pranzo di gala” è noto. Sia George Pompidou sia François Mitterrand erano specialisti in operazioni per così dire riservate. Però se trovassero un qualche fondamento queste voci alle fine potrebbero danneggiare un Macron che proprio in Africa (con le inevitabili connessioni energetiche che colpiscono anche l’uomo comune) ha combinato parecchi pasticci». Solo gli ingenui (o quelli in malafede) ritengono che in una democrazia non agiscano molteplici soggetti (compreso il cosiddetto “deep state”) e non solo il popolo sovrano. Solo i cinici (e gli imbecilli) sottovalutano però la forza del “popolo sovrano”.
Sulla Zuppa di Porro Carlo Toto scrive: «La Lega proporrà al governo nel “Piano nazionale per la sicurezza energetica” che, oltre alle rinnovabili, preveda anche maggiore produzione di gas e, soprattutto, il ritorno alla ricerca sul nucleare pulito e sicuro di ultima generazione, che è già realtà e lo sarà fra pochi anni in numerosi paesi europei». Dopo essersi un po’ addormentata “la ragione” potrebbe tornare tra noi. Usando persino Matteo Salvini? Sì, addirittura usando Salvini.
Su Huffington Post Italia Claudio Paudice descrivendo il dibattito a Bruxelles sulla “transizione ecologica” scrive: «“Nella misura in cui contribuiscono alla transizione verso la neutralità climatica e non danneggiano in modo significativo l’ambiente”, secondo un funzionario di Bruxelles. “La Commissione vede il futuro mix energetico come un sistema energetico prevalentemente rinnovabile o comunque a basse emissioni di carbonio. Speriamo davvero che questa proposta aiuti a realizzare quel cambiamento di cui abbiamo bisogno e a incanalare i finanziamenti privati verso fonti di energia a bassa emissione”». C’era un vecchio professore di sinistra che sosteneva che l’uso del termine “nella misura in cui” esploso nel ’68 condannasse un’intera generazione all’irrilevanza culturale. Al di là comunque di questa considerazione, le dichiarazioni del “funzionario di Bruxelles” citate confermano la condizione da “Kakania” (così Robert Musil chiamava l’Austria degli Asburgo imperial-regia, Kaiser-Königlich), un luogo dove la volontà si spegne e regna la burocrazia con la sua retorica, dell’Unione Europea.
Su Strisciarossa Bruno Gravagnuolo scrive: «Dopo la sconfitta del 2018 e le dimissioni di Nicola Zingaretti, un vero chiarimento nel Pd non c’è mai stato». Ma “Partito democratico” e “chiarimento” non è un ossimoro?
Sulla Nuova Bussola quotidiana Rino Cammilleri scrive, in una ben argomentata analisi del ruolo nella recente storia d’Italia dell’ex presidente della Bce: «L’attuale presidente del consiglio, Draghi, è l’ennesimo salvatore della patria che ci viene paracadutato dall’alto senza passare per il vaglio delle elezioni popolari. Il popolo, tuttavia, è contento». È difficile contestare un’opinionista così acuto come Cammilleri, c’è solo da sperare che – come talvolta avviene – il diavolo non abbia fatto il coperchio adatto per la pentola che ha costruito e che questa volta “un tecnico” dall’”alto” (del Quirinale) riesca a ridare voce a una politica capace di esprimere anche “il basso”. E tutto ciò dopo che raffinatissimi “politici” abbiano preparato tanti governi “tecnici” appunto per neutralizzare “il basso”.
Sugli Stati generali Paolo Natale scrive: «A fronte dei problemi emergenti, dalla globalizzazione all’immigrazione di massa, dalle difficoltà economico-occupazionali a quelle socio-sanitarie, il Pd si limita a gestire il presente». Rigorosamente sfruttando le rendite di posizioni offerte del passato. Uno dei casi più emblematici di quel fenomeno che Karl Marx definiva «il morto che afferra il vivo».
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