
I signori giornalisti sono convinti di molte cose, soprattutto sono convinti che la storia raccontata dalla signorina Giuseppina Giuliano, in arte “la bidella pendolare”, in un modo o nell’altro abbia da insegnarci più di Tacito, Senofonte e la parabola di Soumahoro. A che pro altrimenti dedicare due giorni di salario all’analisi delle sue ormai memorabili trasferte da Napoli a Milano per «non perdere il posto», le sue sveglie alle 4 e ritorni alle 23 perché «costano meno due treni al giorno di un affitto»?
La bidella prima usata e poi debunkata
Giuseppina è stata lanciata a bomba contro l’ingiustizia del caro-affitti a Milano, il divario Nord-Sud, la tirannia del posto fisso, gli stereotipi sui napoletani, i percettori del reddito di cittadinanza dalle più grandi testate. Dalla Stampa al Corriere s’avanzava una strana bidella col senso dell’abnegazione, una eroina alla Carlotta Rossignoli ma senza laurea in tempi record, Loubutin e il physique du rôle da 20 mila follower e come lei destinata al debunking: in poche ore «i conti non tornano», «ecco i dubbi da chiarire», «fake news o verità?», il “caso di Giuseppina” divideva l’Italia.
Tariffari di Trenitalia alla mano, calcoli sull’A/R Napoli/Milano, offerte Young per gli under 30 e punti Cartafreccia compulsate da professionisti di ogni risma e factchecker improvvisati riempivano la rete e la stampa online, e poi «com’è che questa dice che viaggia su Trenitalia e poi si fa i selfie su Italo?» e da qui le indagini sulle tariffe Italo, ma anche sui costi delle case in provincia di Pavia, in Valsassina, nel Comasco, «c’è roba a meno di 600 euro».
Da bidella nullatenente a partenopea nullafacente
Nessuno ha verificato «costi, timbro del cartellino Pa o imprevisti tra ritardi e scioperi», tuonavano dalla piccionaia di Twitter cronisti di radio, giornali, autori televisivi uniti in un sol coro alle casalinghe di Voghera, tra cui si distingueva l’experience designer, «Mi è bastata una telefonata per scoprire che l’ha fatto (la trasferta Napoli/Milano, ndr) due volte e poi si è messa in congedo straordinario, retribuito. Nonostante le avessero offerto una sistemazione non distante dalla scuola».
E così al grido “altro che super bidella, super truffa al welfare”, i segugi del giornalismo hanno iniziato a togliere a capo, punti e virgole alla narrazione della bidella nullatenente per seguire quello della della partenopea nullafacente, «i certificati di malattia inviati al liceo sono più dei giorni di lavoro», «ha viaggiato solo due volte, poi si è messa in congedo».
Nonostante una insegnante del Boccioni insistesse che «quello di Giuseppina non è l’unico caso, i collaboratori scolastici sono in difficoltà per il carovita», qualcuno iniziava perfino a mettere mano a Costituzione e Codice civile, articolo 2087 sulla tutela delle condizioni di lavoro che oggi abbiamo scoperto recitare più o meno: Giuseppina non è un esempio, Giuseppina non segue un ritmo salutare, Giuseppina mente e se non mente quello che racconta – viaggiare 10 ore al giorno per andare al lavoro – il suo liceo non ne tutela né «l’integrità fisica» né «la personalità morale».
La bidella si debunka, il lattoniere su Onlyfans no
Il trasloco di Giuseppina dal trono del treno a quello dello scarico gratis s’è compiuto con tutte le regole e le variazioni portate dai social perché si approdasse tutti a dibattere di informazione di merda. Resta solo una domanda: se Giuseppina Giuliano afferma di viaggiare per dieci ore per non perdere un lavoro da 1.160 euro, allora c’è da farle i conti in tasca, c’è che è pazza, masochista, bugiarda, c’è che mente, che quella non è vita, il sacrificio uccide, il risparmio anche, la bidella pendolare che si alza alle 4 è puro stoytelling, marketing, narrazione.
Ma se Samuele smette di svegliarsi alle 5 per fare il lattoniere con papà e passa a guadagnare «21mila dollari al mese» facendo foto per gay su Onlyfans, o se Annalisa lascia il lavoro di graphic design perché si guadagna di più a caricare sulla piattaforma a pagamento foto fetish dei piedi e girare video lesbo invece va tutto bene?
Dove erano le armate della verità per la «licenziata da Gardaland»?
Se la poliziotta, la biotecnologa, la barista, l’infermiera, la bancaria, coppie di sposi, modelle lasciano il proprio lavoro per diventare «milionarie» grazie alla masturbazione di chi le guarda a pagamento (qui trovate solo alcuni dei centinaia di articoli dedicati dalle stesse testate indignate dalla storia della bidella pendolare alle “creator” di Onlyfans che prima facevano una vita da bidelle e ora invece guadagnano da Dio e sono libere di fare quello che vogliono) non si accalora nessuno?
Dove erano le armate dell’operazione verità quando Ilaria sostenne su tutti i mezzi di comunicazione che era stata «licenziata da Gardaland per colpa delle foto su Onlyfans» fornendo decine di versioni diverse su tempi, modi, fatti e guadagni?
I signori giornalisti sono convinti di molte cose, soprattutto sono convinti che il caso della bidella pendolare ci debba far riflettere sullo stato del lavoro, i giovani, il caro-affitti, e che sia esemplare anche di un certo modo di fare giornalismo. Quello della bidella pendolare da 1.160 euro, non i migliaia di casi dei coetanei che tra gli applausi delle redazioni vendono il corpo online per non fare la fine di Giuseppina.