«Stefano Rodotà? La sua ambizione ha portato zizzania». Non era lui l’uomo giusto per fare il Capo di Stato, spiega Sergio Soave, analista politico di diverse testate, tra cui Avvenire e il Foglio. «È stato presentato come il salvatore della patria, ma la differenza fra lui e Napolitano è incolmabile». La vittoria per le istituzioni però è parziale. Il presidente della Repubblica è lucido ma anziano e avrebbe preferito non dover accettare questo eccezionale secondo mandato. «Che si sia arrivati a questo re-incarico emergenziale – spiega Soave – ha dimostrato l’incapacità in cui versa il parlamento. E oggi, sono le scelte politiche del centrosinistra a pesare sul paese».
Il centrosinistra sembra non averne azzeccata una, soprattutto durante le elezioni per il Quirinale. Colpa del Pd se si è dovuti ricorrere all’aiuto di Napolitano?
Il Pd ha sbagliato molto. Dalle primarie alla scelta di alleanza organica con Sel, la linea seguita da Pier Luigi Bersani e dai vertici di partito, è stata un disastro. In parlamento, l’alleanza con Nichi Vendola è durata “ben” quindici giorni ed è finita quando Sel ha negato il voto a Napolitano, preferendogli Rodotà.
Ora che succederà? Dopo il fallimento, parziale, del governo Monti, e le critiche piovutegli addosso, Napolitano riuscirà a mettere insieme un nuovo governo del Presidente?
Napolitano gode di una forza politica eccezionale e di un largo consenso. Chi lo tocca “muore”, come hanno dimostrato i casi di Antonio Ingroia, “costretto” a fare il magistrato ad Aosta, e Antonio Di Pietro, escluso dal parlamento, che si sono eliminati politicamente, per aver attaccato il Quirinale, su caso delle intercettazioni.
Bersani è l’ultima vittima della “maledizione” del Quirinale?
Pier Luigi Bersani è vittima di se stesso. Ha voluto sfidare Napolitano, volendo chiedere a tutti i costi la fiducia alle camere anche senza numeri. E naturalmente questa sua posizione non è stata incoraggiata da Napolitano. La tensione che ora c’è nella sinistra è l’esito di questo scontro. Una tensione radicale.
Questo cosa comporta per il paese? Può resistere a queste tensioni il nostro sistema politico?
Non lo so. Il paese è sottoposto alle fratture del centrosinistra, che dopo il centrodestra, con Fini, rischia lo sfascio. E questo porterebbe a esisti incerti. Certo è che il sistema istituzionale italiano non è capace di contenere queste tensione. Se vi fosse un modello politico e istituzionale come quello francese, o come quello tedesco, le cose non starebbero così.
Modello istituzionale francese. Si riferisce al presidenzialismo?
Napolitano si è sempre detto contrario al semi-presidenzialismo alla francese. Ma lo pratica di fatto. Quando ammonisce il parlamento, dichiarando che se i partiti non accetteranno di formare un governo di intesa si dimetterà, sta esercitando un potere enorme, assimilabile a quello dei sistemi presidenziali. Certo, in Italia, ha per ora solo una caratteristica emergenziale ed estemporanea.
Si può ancora governare senza presidenzialismo, “di fatto” o istituzionalizzato?
All’Italia, occorre, velocemente, una riforma istituzionale, del governo o della presidenza della Repubblica. Senza di essa, come dimostrano i fatti, anche quella elettorale sarebbe inutile, perché il sistema di governo parlamentare è allo stremo e la politica non è in grado di auto-riformarsi.