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Sala, svolta a sinistra con «strapotere bulgaro». Parla il dissidente Marcora

Intervista al consigliere che si oppone alla trasformazione della lista del sindaco in uno strumento in mano alla maggioranza: «Assurdo il cambio di nome del gruppo deciso dal Consiglio. Ricorro al Tar»

Pietro Piccinini
13/05/2020 - 2:00
Politica
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Beppe Sala nella centrale operativa della Atm

Bisognerebbe provare un attimo a immaginare che cosa succederebbe se un qualunque politico eletto in un qualunque partito di qualunque maggioranza – un tipo, per dir così, in odore di rottura o comunque in rivolta verso alcune scelte importanti del capo del governo espresso dalla maggioranza di cui fa parte – si trovasse improvvisamente spostato in un nuovo partito per obbedire a necessità di squisita geometria politica dettate dalla forza egemone del governo di cui sopra. Spostato non per libera scelta, bensì per decisione della maggioranza.

Sarebbe semplicemente uno scandalo, no? Un vulnus per la democrazia, come amano dire gli specialisti del diritto costituzionale più bello del mondo. Eccome se lo sarebbe. Peccato che una volta usciti dal caso di scuola e tornati nella realtà, si scopre che il politico in questione risponde al nome di Enrico Marcora, che il partito qualunque si chiama (si chiamava) “Noi, Milano” e che lo stesso ha la ventura di essere la famosa lista civica di un certo Sala Giuseppe, sindaco del capoluogo lombardo. E allora tutto assume una dimensione diversa. Non più scandalo o vulnus, ma una notizia in fondo trascurabile.

Dev’essere per forza così, altrimenti è davvero inspiegabile il silenzio pressoché totale calato dalla stampa “cane da guardia della democrazia” sul fatto che si è consumato lunedì 11 maggio al Consiglio comunale di Milano. Nemmeno i quotidiani locali ne hanno parlato, eccezion fatta per qualche microboxino invisibile. Solo il Giorno ha seguito la vicenda (qui una breve cronaca degli ultimi sviluppi), vicenda che si può sintetizzare come segue.

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Enrico Marcora

A febbraio il presidente del Consiglio comunale di Milano annuncia che il gruppo della lista Sala, “Noi, Milano. Beppe Sala sindaco”, composto da 5 eletti, ora si chiama “Alleanza civica per Milano”: la lista Sala, insomma, perde il nome del suo ispiratore. Legittimamente, il consigliere Marcora precisa che lui per coerenza politica non intende cambiare gruppo, per “Sala sindaco” si è candidato nel 2016 e con “Sala sindaco” intende terminare il mandato, e poi il partito mica può cambiarsi nome a maggioranza e costringermi ad accettarlo. Ne nasce una disputa con gli organi istituzionali, la questione non è chiaramente normata e non ci sono precedenti adatti a convincere tutti. E il Consiglio che fa? Decide che deciderà a maggioranza. Marcora resiste perché le scelte politiche delle persone non si mettono ai voti. Chiede anche un parere all’ex presidente della Corte costituzionale di Valerio Onida, che gli dà ragione. Niente da fare: il Consiglio va avanti per la sua strada, e siamo a lunedì. La questione finisce ai voti, la minoranza esce dall’aula (ancorché virtuale), la maggioranza approva, Marcora annuncia ricorso al Tar.

Consigliere Marcora, come ha vissuto l’operazione andata in scena lunedì?
Personalmente l’ho vissuta con grande perplessità e con la delusione di vedere calpestati la libertà e i diritti, non degli eletti, ma dei cittadini italiani.

Sui giornali di fatto non si è parlato del caso, neanche su quelli locali. Perché?
In effetti solo il Giorno ne ha parlato. Probabilmente le altre testate erano impegnate su notizie più… diciamo “appariscenti”.

Qual è il motivo di questa operazione politica?
Non ne conosco i motivi, ne conosco gli effetti: si è voluto cambiare il nome a una lista senza l’autorizzazione di tutti gli eletti.

Vuole dire che gli eletti della lista Sala hanno cambiato ragione sociale senza nemmeno sapere perché?
Mi è sembrato di capire che il sindaco non voglia più che la sua lista porti il suo nome.

E perché mai?
Non ne ho la minima idea.

Dalle poche informazioni circolanti, par di capire che Sala sia stufo di subire critiche proprio dalla sua lista. È così?
Sicuramente io sono una persona critica nei confronti dell’operato del sindaco. Quello che gli dà fastidio, probabilmente, è avere a che fare con una coscienza critica che non lo lascia in pace sulle attività che porta avanti.

Che cosa gli contesta?
Ad esempio abbiamo contestato apertamente il fatto che il Comune di Milano non abbia intrapreso alcuna iniziativa rispetto alla situazione del Leoncavallo, un immobile privato occupato dai centri sociali. Così come abbiamo contestato la nomina di Paolo Limonta ad assessore all’Edilizia scolastica. Limonta che rappresenta i centri sociali a Milano. Ci siamo anche opposti alla scelta del sindaco di far registrare all’anagrafe figli di coppie omosessuali nati all’estero con fecondazione assistita.

Sono belle contestazioni.
Quelli di Sala sono atti politici. Il sindaco deve rendersi conto che si tratta di atti politici, che in quanto tali possono non essere condivisi da persone libere, democratiche e di idee liberali come il sottoscritto, eletto nella sua lista.

Pensa che Sala si stia spingendo troppo a sinistra?
Certo.

Quindi Sala qualche motivo di ruggine nei confronti della sua lista ce l’ha.
Non nei confronti della sua lista, nei confronti di alcuni esponenti della sua lista e su alcuni argomenti.

Secondo lei l’operazione di lunedì si inserisce nella svolta a sinistra di Sala?
Sicuramente Sala ha compiuto una svolta a sinistra che io personalmente non condivido.

Ma perché cambiare nome alla lista Sala?
Penso che questa nuova lista più genericamente ispirata al “civismo di sinistra” sia uno strumento politico in mano ad altri, non a Sala, e che serva a smarcarsi dal nome di Sala.

Poi c’è la stranezza di un cambiamento di nome deciso in ultima istanza a maggioranza dal Consiglio comunale.
Uno strapotere bulgaro lesivo di quelli che sono gli elementi fondamentali della democrazia. La cosa più assurda è che questa situazione assolutamente non democratica si è venuta a creare per volontà di una giunta e di una forza politica che si chiamano “democratiche”.

Perché invece lei resiste? Ci tiene così tanto alla lista Sala?
Io insisto per dare un segnale. Perché i consiglieri hanno dei diritti e questi diritti vanno rispettati. Se al posto mio ci fosse stato un consigliere più debole, questi avrebbe visto sicuramente i suoi diritti calpestati.

Invece lei farà ricorso al Tar
È la mia intenzione.

Pensa di vincere grazie all’argomentazione di Onida?
Un parere dell’ex presidente della Corte costituzionale dovrebbe avere un peso importante. Non mi sbilancerei così tanto altrimenti.

Che cosa dice in sintesi Onida?
Onida dice che non si può cambiare il nome a un gruppo in assenza di unanimità. Se i consiglieri di quel gruppo sono quattro e uno non è d’accordo, si crea un nuovo gruppo con tre consiglieri e quello contrario resta nel gruppo in cui è stato eletto.

Si parla di lei come di un rappresentante di “quel centro che guarda alla sinistra”.
Io ho una posizione centrista. Poi, guardare a sinistra adesso proprio no. Se la sinistra è quella roba lì, meglio stare alla larga.

Foto Ansa

Tags: Beppe Salacentri socialicoppie gayenrico marcorafigli coppie gayleoncavalloMilanovalerio onida
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