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Banche del seme in crisi: colpa degli “ingrati” figli dell’eterologa

Rintracciare un padre biologico è per i guru della fecondazione assistita un «atto egoistico». Ma i nati in provetta non si rassegnano all'anonimato di chi li ha messi al mondo

Caterina Giojelli
13/09/2019 - 3:00
Società
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«Penso che sia un atto molto egoistico cercare di individuare un donatore sconosciuto. Soprattutto quando ti ha aiutato con cortesia e altruismo a ottenere il dono più grande del mondo: tuo figlio». Con queste parole il portavoce della Northwest Cryobank ha liquidato la vicenda di Danielle Teuscher, una trentunenne di Portland che voleva scoprire qualcosa sulle origini di sua figlia Zoe.

I “FIGLI” DEL TEST DEL DNA

Teuscher fa parte dell’enorme schiera di americani, nati o ricorsi a fecondazione assistita, che con l’avvento dei test dei dna fai-da-te stanno provando a dare un’identità al proprio padre biologico. Non senza conseguenze: a fine agosto una corposa inchiesta del New York Times aveva raccontato decine e decine di casi di persone che negli Stati Uniti e in Europa, attraverso i test genetici, hanno scoperto di essere figlie del medico che aveva condotto le procedure. È il caso dello specialista olandese Jan Karbaat, 56 bambini nati con i propri spermatozoi, o del medico dell’Indiana Donald Cline, padre di 61 bambini. Stati come l’Indiana, la California e il Texas hanno varato leggi ad hoc per punire i medici ma quando si parla di mercato – perché di questo si tratta, mercato di spermatozoi, ovuli, gameti – la truffa è sempre dietro l’angolo.

I TRENTADUE FRATELLI DI ELI

Eli Baden-Lasar, intervistato a luglio dal Corriere della Sera, ha giurato di essersi sentito come un prodotto industriale al centro di un perverso esperimento sociale quando ha digitato il numero del donatore di sperma utilizzato dalle sue due madri sul sito Donor Sibling Registry: il ventunenne americano ha scoperto che il numero di identificazione combaciava con quello indicato da altre 32 persone, 32 fratelli, tra questi, anche un suo ex compagno di scuola.

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FIGLI DI UNA «TRANSAZIONE FINANZIARIA»

Eli li ha incontrati tutti, «è stata la paura a motivarmi, volevo cercare di capire il sistema che ci ha creati», fotografandoli nel «tentativo di “curare” il malessere provocato dalla sensazione di essere il prodotto di una rapida transazione finanziaria». Storie come quelle di Eli sono sempre più frequenti e stanno disintegrando un’industria dominata fin dal suo esordio dall’anonimato dei donatori.

LA CURIOSITÀ DI TEUSCHER

Non era mossa da paura ma da curiosità Teuscher il giorno in cui si è connessa alla piattaforma 23andMe (uno dei siti più in voga insieme ad Ancestry.com per reperire tutti gli indizi di cui un utente ha bisogno per identificare un genitore biologico) per scoprire di più su sua figlia Zoe, concepita sei anni prima grazie agli spermatozoi acquistati presso una sede della Northwest Cryobank. Quando 23andMe l’ha “collegata” al padre della bambina, la donna ha immediatamente cercato di contattare la sua famiglia. Ma invece di una disponibilità a un contatto ha ricevuto una risposta brusca, un richiamo dalla clinica che le intimava di desistere minacciando multe da 20 mila dollari per «flagrante violazione» del suo contratto nonché la revoca dell’accesso alle “scorte” dello sperma del donatore che la donna aveva già acquistato programmando di dare a Zoe un fratello.

LA BALLA DELL’ANONIMATO

L’anonimato da pilastro è diventato il segreto di pulcinella delle banche del seme americane: 15 anni fa nessuno dei donatori che frequentavano il college avrebbe immaginato le implicazioni della diffusione dei test genetici che avrebbero spopolato fra i figli di una generazione espertissima di tecnologia. Secondo uno studio dell’Harvard Law School condotto nel 2016, il 29 per cento dei potenziali donatori di spermatozoi si sarebbe rifiutato di donare se il proprio nome fosse stato inserito in un registro. Lo studio sottolineava che proibire le donazioni anonime di spermatozoi avrebbe presto portato a un calo del numero di donatori (cosa che è già successa in paesi come l’Australia, la Nuova Zelanda e il Regno Unito) e a un aumento del compenso richiesto nel caso in cui il donatore accettasse di venire identificati. Da qui il moltiplicarsi degli abusi: meno gameti a disposizione e più cari significa più sfruttamento.

IL REGISTRO DEI FRATELLASTRI

Secondo Wendy e Ryan Kramer, fondatori del Donor Sibling Registry, lo stesso registro a cui si è rivolto Eli Baden-Lasar per entrare in contatto con i suoi fratellastri, i donatori non avranno mai la certezza di quanti bambini metteranno al mondo attraverso il loro seme: «Al mio donatore era stato promesso “non più di 10 bambini” e ne abbiamo raggiunti almeno 20 la scorsa settimana», ha assicurato Wendy Kramer, che dopo aver concepito Ryan con lo sperma acquistato alla California Cryobank è stata la prima a risalire all’identità del padre biologico nel 2005, «questa è un’industria che crea esseri umani, potremmo credere vi sia una maggiore responsabilità ed etica invece la mancanza di regolamentazione ha avuto conseguenze reali».

LE “CONSEGUENZE” DEL MERCATO

Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti, conseguenze di un mercato di ovociti, zigoti, embrioni, uteri, foraggiato da adulti che firmano contratti, per vendere gameti, acquistare gameti, far fruttare i gameti, regolamentare il commercio di gameti. E queste conseguenze si chiamano figli: non paghi di essere nati da sola “cortesia e altruismo”, le domande sull’origine intrinseche al prodotto di tali gameti – il «dono più grande del mondo» – stanno mettendo in crisi l’industria degli esseri umani.

Foto Khairil Azhar Junos/Shutterstock

Tags: Fecondazione Assistitatest dna
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