Spiegato l’aumento degli indeterminati. Ma senza crescita il sistema reggerà?

Dicembre 2015 era l’ultimo mese a decontribuzione piena per le assunzioni a tempo indeterminato con contratti a tutele crescenti. A chi interessa capire?
Il Ministro del Lavoro Giuliano Poletti durante la conferenza stampa dopo il consiglio dei Ministri a Palazzo Chigi, 28 gennaio 2016 a Roma. ANSA/MASSIMO PERCOSSI

Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) – Primo marzo 2016. Lui. Lei. Due statistici. Sono i primi a scoprire come va. I dati li fanno loro. Milioni di informazioni elementari convogliate e standardizzate in un data warehouse. Finalmente, davanti al programma di analisi, scorrono sul monitor decine di grafici a linee e una cascata di test statistici. Non si vedeva nulla di simile dal 2007. Le diagnostiche Tramo/Seats, un software che una ventina di persone sa maneggiare in tutt’Italia, non lasciano dubbi: le assunzioni nei settori economici e nelle tipologie di impiego di maggior rilevanza, prime fra tutte quelle a tempo indeterminato, nel mese di dicembre 2015 hanno registrato picchi inverosimili. Sì, nella matrice dei regressori di quasi tutte le serie, gli automatismi statistico-matematici hanno generato una colonna di 0, con un unico valore 1 all’altezza di dicembre 2015, riportante l’intestazione “Additive Outlier” (valore anomalo additivo), con livelli di significatività statistica (test t) così elevati da sembrare inventati a tavolino. È una «anomalia».

[pubblicita_articolo allineam=”destra”]All’emozione subentra lo scrupolo. Dopo aver ricontrollato, i conti tornano tutti. All’unità. Iniziare ora a riflettere. Primo: dar conto dell’anomalia, come da manuale. Lui: era l’ultimo mese a decontribuzione piena per le assunzioni a tempo indeterminato con contratti a tutele crescenti: le imprese ci si sono buttate come desperate housewives sui saldi di fine stagione. Secondo: comparare i dati con altre fonti. Le statistiche Istat sulle forze di lavoro fino a dicembre hanno sì segnalato incrementi occupazionali, ma nulla a che vedere con gli incrementi dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato annunciati dal ministero. Sanno però che lo schema di rotazione del campione scientifico Istat può arrivare a dar conto di variazioni così brusche solo con un certo ritardo nel tempo. Lui: a gennaio 2016 gli occupati Istat fanno il botto, il campione ruota e saltano fuori i nuovi occupati che le stime di dicembre però non potevano rilevare. Lei controlla: sono usciti adesso, 70 mila occupati dovuti a 99 mila dipendenti permanenti.

Esatto, ma soddisfazione professionale a parte, sanno che in tutte quelle assunzioni c’è poco per i più giovani e che la disoccupazione non cala. Chissà che l’«anomalia» non continui anche con la decontribuzione al 40 per cento? Fosse vero. Ma senza crescita le imprese licenziano come assumono. E l’Inps come pagherà un simile conto?

Ma di una cosa sono certi. Dei titoloni di Repubblica. E che a nessuno interessa capire. Ma per loro non c’è altro lavoro che provare a capire.

Foto Ansa

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1 commento

  1. Non servono soloni della statistica per capire. A parte gli stratagemmi per fare i titoloni che di fatto regolarizzano persone già assunte, ma la ricetta per crescere è davvero semplice e lo sappiamo tutti: 1) meno tasse per le imprese 2) meno burocrazia 3) più giustizia 4) più innovazione. Occorre uno shock culturale – calato dall’alto – che faccia capire a tutti, ma proprio tutti, che non si fa impresa con la finanza. Si fa impresa creando prodotti innovativi che vuole il mercato. Altrimenti si gioca a monopoli. Se poi si riuscisse anche a combattere l’evasione fiscale…

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