Dopo l’arresto dei leader dei Los Zetas il Messico rischia un’altra guerra dei narcos

Di Redazione
17 Luglio 2013
Preso "El 40", capo del cartello del narcotraffico che ha terrorizzato il Messico negli ultimi anni. Ora si teme una nuova faida fra gli altri clan per il controllo della droga

Con la cattura del leader dei Los Zetas, Miguel Angel Trevino Morales, alias El 40, da parte delle forze speciali della marina messicana, il cartello dei narcos che da anni terrorizza con orrori e brutalità il paese sembra avvicinarsi alla fine. Una fine che, però, potrebbe portare a una nuova narco-guerra in Messico, come quella avvenuta fra il 2005 e il 2011 e che ha fatto almeno 70 mila vittime. A dirlo alla Cnn è Alejandro Speranza, ex dirigente di un’agenzia messicana di intelligence e ora direttore della sicurezza del Mexican Competitveness Institute.

IL DECLINO DEL CARTELLO. Secondo Speranza, l’arresto di Trevino, un killer noto per la sua brutalità (ha l’abitudine di “grigliare” i nemici), «è probabilmente l’inizio della fine degli Zetas come organizzazione coesa». Quello che finora è stato il punto di forza del cartello, l’essersi costruito sulla base di una struttura “in franchising”, con cellule locali indipendenti sparse per tutto il territorio e governate soltanto dai vertici centrali, potrebbe ora portare alla frammentazione del gruppo. Negli ultimi mesi, ricorda Speranza, i «Los Zetas hanno perso anche uno stratega militare chiave con Heriberto Lazcano, predecessore di Trevino, ucciso dai marines messicani l’anno scorso». Inoltre «molti dei responsabili di primo e del secondo livello sono stati uccisi o arrestati» e questo, secondo Speranza, «potrebbe portare a una frammentazione» definitiva del cartello.

CRIMINI E ORRORI. Fin dalle sue origini il gruppo dei Los Zetas, nato a Nueva Laredo, aveva contato sulla cooptazione di numerosi militari e disertori altamente addestrati. Membro di un apparato militare d’élite fu anche il fondatore del cartello, Arturo Guzmán Decena, ucciso nel 2002. Tuttavia, dopo la sua morte e con il passare degli anni, la “vocazione” militare e verticistica del gruppo è passata in secondo piano rispetto alle strategie del terrore messe in atto nel paese. I Los Zeta si sono trovati presto a incarnare l’orrore assurdo, «la violenza estrema, la completa assenza di scrupoli». Non solo occupandosi di traffico di droga, rapimenti, estorsioni, ma pubblicizzando i suoi crimini con esecuzioni di massa, torture e smembramenti. Il cartello di Nueva Laredo ha scatenato «una tremenda ondata di violenza in tutto nord-est del Messico», ricorda Speranza, che ha fatto 70 mila morti in una decina di anni, tanto da diventare «il nemico pubblico numero 1 in Messico». Dopo l’arresto di Trevino e la decimazione dei vertici del gruppo, il rischio, avverte Speranza, è che le bande concorrenti scatenino una nuova ondata di violenze per impossessarsi di Nueva Laredo e dei traffici attraverso la frontiera con gli Stati Uniti.

EL SICARIO, ROOM 164. È un resoconto dettagliato della brutalità che contraddistingue i narcos messicani, il documentario El Sicario, room 164. Il film di Giancarlo Rosi e Charles Bowden, premiato al Festival di Venezia nel 2011, è il racconta in prima persona di un sicario del cartello messicano. Quasi interamente ambientato in una stanza d’albergo a Ciudad Juárez, l’unico ad apparire nel documentario è il killer che, con il volto coperto da un cappuccio nero, ricorda con il solo aiuto di un notes e un pennarello la sua carriera criminale nel cartello: senza mai smettere di essere uno zeta, dalla sua infanzia all’ammissione nella polizia di stato, fino a quando raggiunto il limite di sopportazione degli orrori commessi si converte e decide di fuggire.

Articoli correlati

0 commenti

Non ci sono ancora commenti.