Antoni Gaudí è venerabile. «Sapeva che la Sagrada Familia era opera di Dio»

Di Giuseppe Beltrame
23 Aprile 2025
L'artista catalano ha dedicato la vita alla costruzione della basilica a Barcellona. «Gaudí si sentiva semplicemente un "collaboratore del Creatore", come fosse un bambino preso per mano dal Padre»». Intervista a Chiara Curti (Facultad Antoni Gaudí)
La facciata della Sagrada Familia (foto Ansa)
La facciata della Sagrada Familia (foto Ansa)

«Antoni Gaudí si sentiva semplicemente un “collaboratore del Creatore”, come fosse un bambino preso per mano dal Padre», spiega a Tempi Chiara Curti, docente della Facultad Antoni Gaudí a Barcellona e architetto collaboratore presso la basilica della Sagrada Familia, il capolavoro a cui il maestro catalano ha dedicato gran parte della sua esistenza.

Erano le 17.30 di lunedì 7 giugno 1926 quando l’architetto, in abiti dismessi, si recava alla chiesa di San Filippo Neri per la sua preghiera quotidiana. A un tratto, mentre attraversava la strada, un tram lo investì. I suoi primi soccorritori non lo riconobbero, così fu condotto all’Ospedale della Santa Creu, destinato ai poveri di Barcellona, dove in tre giorni morì. Poco meno di cento anni dopo, il 14 aprile 2025, Antoni Gaudí, già al tempo celebre in tutto il mondo per le sue opere, è stato proclamato “venerabile” da papa Francesco.

Una vista del soffitto della basilica della Sagrada Familia (foto Ansa)
Una vista del soffitto della basilica della Sagrada Familia (foto Ansa)

In un articolo sull’Osservatore romano di pochi giorni fa lei ha citato le parole con cui si chiude la prima biografia di Gaudí del 1929: «Visto al di fuori della fede, rimarrà sempre incomprensibile». Perché?
Questa virtù lo animava anche nei gesti più semplici della sua vita. Dal momento che l’opera di ciascuno in qualche modo è sempre il suo autoritratto, togliendo questo aspetto si perde completamente il significato di ciò che ha compiuto.

Però non è sempre stato così, anzi il suo cammino spirituale è stato un percorso in crescendo.
Esattamente. Gaudí non era di origine borghese, ma quando da giovane architetto si trovò ad avere a che fare con ricchi clienti dovette adeguarsi. Al tempo comunque l’ambiente gli piaceva, come testimoniano le fotografie d’epoca. Le cose cambiarono dal 1883, quando a 31 anni gli affidarono i lavori della Sagrada Famiglia. La grande responsabilità con cui prese in mano il cantiere accrebbe ogni giorno di più l'”altezza” della sua testa e del suo cuore. La svolta definitiva avvenne nel 1911, quando decise di non lavorare più a nessuna opera civile e di dedicarsi totalmente alla futura basilica. La sua opera e la sua fede diventarono una cosa sola.

Sagrada Familia Portale Natività Premio Ratzinger
La facciata della Natività della Sagrada Familia

Arrivò a questa presa di coscienza attraversando anche delle fasi molto dolorose, come la perdita della madre e del fratello nel 1876, e molti degli intellettuali del tempo non gli lesinarono aspre critiche per le sue scelte di vita.
La decisione di abbandonare la sua ambita posizione sociale e l’annessa possibilità di farsi sentire sulla scena pubblica attraverso i giornali e l’acclamazione dei salotti non fu compresa. Ma Gaudí fu perentorio, tra il 1911 e il 1914 lasciò completamente questo ambiente, ma non in favore di una vita solitaria. Dal 1925 decise di vivere nel quartiere della Sagrada Familia popolato da tantissimi operai, in una piccola abitazione attigua al cantiere.

A testimonianza di ciò una folla di 30 mila persone prese parte al suo funerale nel 1926, prima che fosse sepolto nella cripta della Sagrada Familia. A cosa è dovuta questa straordinaria partecipazione di popolo?
Il funerale è l’evidenza che tutte le calunnie che gli erano state riversate addosso in vita erano false. Non si trattava di una folla di “curiosi” accorsi per la morte di una personalità, erano lì perché lo stimavano. Le cronache dell’epoca raccontano di numerosi gruppi che si fermavano a cantare sulla via e a offrire fiori, furono raccolte più di diecimila firme sul libro a disposizione dei presenti il giorno delle esequie, oggi conservato nell’archivio diocesano. Moltissimi erano analfabeti, ma decisero di firmare lo stesso con una croce o copiando a modo loro la firma leggibile dalla prima riga.

La visita di Papa Benedetto XVI alla Sagrada Familia in occasione del viaggio apostolico in Spagna del 6 e 7 novembre 2010 (foto Ansa)
Papa Benedetto XVI di fronte al portale della Sagrada Familia in occasione del viaggio apostolico in Spagna del 6 e 7 novembre 2010 (foto Ansa)

Gaudí considera la Sagrada Familia «la missione che Dio gli ha affidato», come ricordato anche dal Dicastero delle cause dei santi. Dove lo si può vedere con più chiarezza nella sua architettura?
Sapeva di costruire un’opera non sua, ispirata da Dio e con uno stile indefinibile, altrimenti avrebbe utilizzato un unico stile. Questo si capisce meglio osservando la struttura di un’opera “laica” realizzata in concomitanza e in funzione della Sagrada Familia, la scuola costruita per i figli degli operai a pochi passi dal cantiere.

Di cosa si tratta?
Nel 1910 durante la Settimana Tragica che imperversò a Barcellona furono bruciate le scuole religiose e in seguito chiuse quelle laiche. A causa di ciò molte famiglie di operai dovettero dividersi per permettere ai figli di continuare le lezioni. Gaudí decise di progettare e costruire questa piccola scuola a sue spese per far sì che i lavoratori potessero veder crescere i loro bambini senza sottostare all’ideologia della rivoluzione. Per questo la pianta della costruzione ha la forma di tre cuori uniti tra loro. Qui è evidente la mano dell’architetto moderno, che conosce e padroneggia perfettamente le influenze dell’architettura del momento. Non a caso quando Le Corbusier, uno dei più grandi architetti del Novecento, fece visita a Gaudí, si innamorò subito di questa struttura, non guardando nemmeno la Sagrada Familia.

La scuola progettata da Antoni Gaudi, sullo sfondo si intravede la Sagrada Familia (foto archivio Sagrada Familia)
La scuola progettata da Antoni Gaudí, sullo sfondo si intravede la Sagrada Familia (foto archivio Sagrada Familia)

L’architetto catalano nel suo percorso di fede fu influenzato da carismi molto diversi tra loro.
Era un uomo affascinato dallo Spirito Santo, profondamente interrogato da coloro nei quali ne intravedeva l’azione. Seguiva assiduamente le lezioni magistrali sulla sacra scrittura dei gesuiti, ma stimava enormemente anche i monaci benedettini. Quando guidava i visitatori nella Sagrada Familia faceva leggere i testi di Anna Katharina Emmerick per comprendere meglio l’infanzia di Gesù. Era poi molto devoto a san Filippo Neri, di cui imitava persino lo humor, la capacità di essere così distaccato dalle cose da poter scherzare su tutto.

Questo fascino per la pluralità di carismi si può intravedere anche nella struttura della Sagrada Familia?
Certamente. Gaudí progettò dodici torri campanarie ognuna con un suono diverso, – copriranno tre ottave, si potrà suonare praticamente qualsiasi sinfonia -, ognuna di queste rifletterà un fascio di luce rivolto fuori dal perimetro della chiesa, che colpirà quindi una “parte” della popolazione. Le torri rappresentano gli apostoli, ogni fascio sarà quindi unico, come il carisma di ogni discepolo. Tutte, però, dall’altro lato rifletteranno una luce indirizzata verso il centro, dunque verso Gesù Cristo.

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Dopo anni di lavoro e studio della Sagrada Familia, cosa continua a stupirla quando entra nella basilica?
Molto spesso ho la fortuna di vederla vuota, in tutta la sua imponenza. La monumentalità della struttura è strepitosa, ma i visitatori rimangono il vero spettacolo. Sembra che Gaudí abbia voluto progettare un retablo – la tipica pala d’altare spagnola ricca di figure al suo interno -, dove gli stessi fedeli partecipano alla costruzione del suo progetto. Persone totalmente inaspettate iniziano a piangere, si raccolgono in silenzio, indicano ai bambini di guardare un angolo nascosto della chiesa o cominciano a cantare. È la ragione per cui Gaudí ha costruito questo capolavoro.

Antoni Gaudí (1852-1926)
Antoni Gaudí (1852-1926)

Perchè Gaudí inserisce moltissime figure in movimento all’interno della Sagrada Familia?
Solitamente quando si prega un santo quello è lì, fermo che ti aspetta. Vai, gli dici le tue richieste, magari un’elemosina, ed esci dalla chiesa. Al contrario lui fa in modo che non ci siano figure “attente” agli spettatori, ma che siano tutte indaffarate, come Maria che va in fretta a trovare Elisabetta. Così la vita dello spettatore si immedesima nella storia della salvezza, chi guarda non si sente in dovere di chiedere qualcosa, ma giustificato perché immerso nelle scene di vita vera. Ci sono bambini che muoiono, uomini che migrano, Gesù che nasce in una specie di cubo per fare il cemento. Questo è il grande insegnamento che ci dona la Sagrada Familia e mi lascia personalmente come architetto, ma chissà se saremo capaci di trarne frutto.

Quest’anno ricorrono i 142 anni dall’inizio dei lavori. Quando sarà completata la Sagrada Familia?
Speriamo mai.

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Perché?
Perché tutti possano prenderne parte. Il concetto di finito è molto vicino a quello di morte e la Sagrada Familia deve rimanere un’opera viva. È un po’ come per la paternità: noi finiamo, ma desideriamo che non accada lo stesso per i nostri figli, devono andare avanti per continuare a compiersi.

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1 commento

  1. Silvio Ciccarone

    Mi sono innamorato di Gaudì la prima volta che vidi la Sagrada Familia e da allora lo considerò uno degli unici architetti moderni degni di questo nome. A confronto di questa cattedrale, le chiese costruite dalle archistar sembrano dei magazzini mal riusciti, degli obbrobri usciti dal nulla interiore dei loro progettisti.