Anche in questo tempo di “mostri”, liberaci dal male

Di Antonio Simone
04 Novembre 2017
Ciò che è veramente insopportabile in questi tempi di “mostri” è la verginità morale dei commentatori, dei “giusti comunque”

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Avevo circa 16 anni quando mi occorsi che il forte desiderio di giustizia che mi accompagnava nella rivendicazione di un mondo migliore si scontrava con una altrettanto evidenza del mio vivere: ero capace di violenza. Si può vivere volendo giustizia e facendo ingiustizia. Mi accorsi del male come possibilità, anzi, come evidenza dell’essere uomo.

C’era e c’è nell’uomo (e nella donna) la convivenza del desiderio di un bene da costruire e l’evidenza del male come forma variegata di violenza nei confronti dell’altro. E questo indipendentemente dal grado di potere che ciascuno può rappresentare e dai diversi ruoli che si occupa, anche se il potere rende facilmente onnipotenti e quindi più fragili davanti al proprio male.

Anche san Paolo che avevo studiato a catechismo diceva: «Vedo il bene che voglio, faccio il male che non voglio» e a Messa recitavo il Padre nostro che chiede di «liberarci dal male».

Ciò che è veramente insopportabile in questi tempi di “mostri” è la verginità morale dei commentatori, dei “giusti comunque” dotati dalla natura dell’impossibilità di compiere il male.

[pubblicita_articolo allineam=”destra”]Denunciare le violenze TUTTE (sessuali, politiche, etniche, familiari) serve e si deve fare per ricordarci che il MALE è qui fra noi, siamo tutti capaci di compierlo in forme più o meno visibili, armati della propria supponenza, certi dell’essere quasi “DIO”.

Denunciare serve a limitare questa capacità umana deleteria e cercare di recuperare chiunque alla evidenza del male possibile fino alla pena riparatoria.

Denunciare serve per vedere se qualcuno o qualcosa può liberarci dal male.

Denunciare il male serve per vedere se esiste ed è possibile il perdono.

Su questa ipotesi si è costruita la storia della società occidentale intorno all’avvenimento cristiano: «Io sono la via, la verità, la vita». Ipotesi oggi dimenticata, negata, combattuta, ridicolizzata e, tra l’altro, poco proposta.

«È l’umanità che ha abbandonato la Chiesa o è la Chiesa che ha abbandonato l’umanità?» si chiedeva Eliot.
«Liberaci dal male» è il grido, dentro il proprio limite, dell’insopprimibile desiderio di felicità.

Fonte Ansa

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