Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti)
«Negli stati liberi del Nord medesimo, dove si fa tanto chiasso dai predicatori fanatici contro il peccato enorme della schiavitù, i neri liberati formano una classe inferiore e sdegnata, non possono restare nel medesimo albergo con bianchi; non possono ordinariamente viaggiare nelle medesime carrozze, non possono visitare famiglie bianche, e molto meno sperare di unirsi con esse in matrimonio. Diventano quivi dappertutto questi poveretti una razza disprezzata e schifata, come i Leprosi del Vangelo; sono poveri, malsani, miserabili, e muoiono a migliaia nella indigenza, e senza la consolazione della Religione in punto di morte». Così scriveva l’Osservatore Romano nell’ottobre del 1863 in un articolo, pubblicato in tre puntate, intitolato “Considerazioni di un cattolico del Kentucky sulla guerra civile americana”.
Lo si rilegge oggi fra le pagine di un sorprendente libro da poco pubblicato: Dixie – La storia italiana della Guerra Civile Americana, autore il saggista Paolo Poponessi. Un libro che fa il punto sulla partecipazione di migliaia di italiani – immigrati, figli di immigrati, esuli e volontari partiti appositamente dall’Italia – al più grande massacro fratricida della storia degli Stati Uniti. E che capita a proposito per chi voglia contestualizzare la campagna per la rimozione della bandiera confederata dagli edifici pubblici e di ogni prodotto commerciale ad essa collegato dagli scaffali di molti supermercati degli Stati Uniti dopo la strage razzista di Charleston.
L’articolo dell’Osservatore Romano
Dixie tratta principalmente la vicenda degli italiani nella Guerra di secessione, esumando materiale dagli archivi americani mai studiato fino ad oggi. Si scopre l’esistenza di reparti militari chiamati Garibaldi Guards o Garibaldi Legion, costituiti da italiani ma non solo, sia fra i nordisti sia fra i sudisti; di un centinaio di ufficiali di alto grado di origine italiana da una parte e dall’altra, alcuni dei quali provenienti dalle file dei garibaldini e di altri combattenti delle guerre di indipendenza italiane; di un contingente di 189 uomini ex soldati dell’esercito borbonico del Regno delle Due Sicilie trasferiti in America per combattere coi confederati. Ma nel libro si ritrova anche la chiave interpretativa del conflitto di 150 anni fa che la storiografia è andata gradualmente mettendo a fuoco: non una guerra per l’abolizione dello schiavismo, ma nella quale la questione schiavista ha rappresentato il casus belli per un regolamento di conti relativo a interessi economici e visioni politiche che fra Nord e Sud si erano divaricati nel corso degli anni. Da cui si deduce che l’odierna campagna di boicottaggio contro la bandiera confederata in quanto simbolo razzista che ispira stragi è una pura speculazione politica.
Le “Considerazioni di un cattolico del Kentucky” proposte dall’Osservatore Romano sfatano miti e luoghi comuni già allora diffusi. La crociata abolizionista del Nord viene riportata alle sue reali dimensioni: una causa perorata da una minoranza di predicatori protestanti, mentre la gran parte dei bianchi sono animati da pregiudizio razziale tanto quanto quelli del Sud. E le cause politiche ed economiche della guerra vengono indicate: il presidente Lincoln, espressione del Nord industriale, vuole procedere sulla strada di una centralizzazione del potere politico, contro la consolidata visione autonomista degli stati del Sud; il Nord, maggioritario nelle istituzioni politiche perché più popoloso del Sud (22 milioni contro 9), impone una politica protezionistica di alte barriere doganali per proteggere la sua nascente industria e costringere il Sud a comprare i suoi prodotti, mentre al Sud converrebbe una politica di libero scambio per importare dall’estero i manufatti coi soldi guadagnati esportando i prodotti agricoli. L’autore del testo – il cui nome resterà segreto e si saprà solo molti anni dopo – è il vescovo cattolico di Louisville monsignor Martin J. Spalding, che illustra anche il punto di vista della Chiesa cattolica: neutralità assoluta fra le due parti sul piano politico, disponibilità alla mediazione per la pace, orientamento a favore di un superamento graduale dello schiavismo, non deliberato da Washington ma secondo dinamiche locali.
La posizione della Chiesa cattolica
I primi due punti coincidono con la linea di Pio IX, accusato di essere filo-sudista ma in realtà impegnato a fare della Chiesa cattolica uno strumento di riconciliazione fra le parti in lotta. La stessa linea che i pontefici suoi successori adotteranno durante le guerre mondiali del XX secolo. Nella realtà storica, il razzismo contro i neri negli Stati Uniti divenne molto più forte dopo l’Atto di emancipazione di Lincoln e la fine della Guerra di secessione. Le politiche di segregazione razziale e gli atti di intolleranza contro i neri hanno conosciuto un crescendo fra il 1890 e il 1940. Uscita di scena l’aristocrazia terriera sudista che improntava i suoi rapporti con gli schiavi al paternalismo e alla cura da avere per i propri strumenti di produzione, la rappresentanza politica del Sud passò nelle mani dei bianchi delle classi meno agiate, che agirono in una logica di guerra fra poveri. Quello che sta succedendo nell’Europa d’oggi con gli immigrati, no?
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