
Chi era Reinhold Niebuhr, padre del “realismo cristiano”

Sul tema del realismo politico è stato scritto molto, ma molto rimane ancora da fare. Tanti sono infatti gli autori che racchiudono un nucleo realista e che però non sono ancora stati esaminati sotto tale luce. Assai interessante è, inoltre, il rapporto che intercorre tra realismo politico e cristianesimo. Si potrebbe anzi dire che sentano entrambi nel profondo un bisogno di «ritorno alla realtà», per dirla efficacemente con Luca G. Castellin. Storico del pensiero politico all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Castellin è prima di tutto un esperto del pensiero di quello che è considerato il padre nobile del “realismo cristiano”, Reinhold Niebuhr. A lui ha dedicato diversi lavori tra i quali una monografia, Il realista delle distanze. Reinhold Niebuhr e la politica internazionale (Rubbettino, 2014), e alcune raccolte di scritti, l’ultima delle quali, curata insieme a Giovanni Dessì, di recente pubblicazione (Realismo cristiano e potere politico, Scholé).
Di recente, Castellin ha anche scritto due significativi articoli sul pensiero di Niebuhr, in due volumi separati entrambi curati dal filosofo della politica Damiano Palano e pubblicati da Vita e Pensiero. Uno, Il mistero della realtà. Immanenza e trascendenza nel “realismo cristiano” di Sant’Agostino e Reinhold Niebuhr, incluso in Le forme della realtà. Una mappa dei realismi politici, l’altro, Un brav’uomo è difficile da trovare. L’antropologia del realismo cristiano in Reinhold Niebuhr, compreso in Il potere e la gloria. Antropologie del realismo politico. Da essi emerge una figura complessa, ma anche molto affascinante di cui parliamo con lui.
Prof. Castellin, anzitutto: chi è stato Reinhold Niebuhr?
È stato una figura cruciale per la società, la politica e la cultura degli Stati Uniti nel corso del Novecento, tanto da essere definito una «coscienza americana in tempi difficili». Formatosi nell’ambiente della Teologia liberale e del Social Gospel, maturò in seguito una visione profondamente realista della politica e della natura umana, fondata sull’antropologia cristiana, e divenne un feroce critico delle contraddizioni della modernità. È considerato il padre del “realismo cristiano”, un approccio che riconosce nell’uomo impulsi egoistici più forti di quelli altruistici, proponendo una visione anti-utopica ma non nichilista. Il suo pensiero, profondamente influenzato da sant’Agostino, cercava di coniugare giustizia e responsabilità, evitando tanto l’idealismo ingenuo quanto il cinismo disilluso. La sua eredità è rappresentata da un pensiero critico e dialettico, capace di leggere con lucidità le tensioni tra potere e morale, sullo sfondo di un orizzonte di speranza.
Ne Il mistero della realtà lei articola il tema del realismo cristiano muovendo da sant’Agostino e giungendo a Niebuhr: come può essere definito? Si tratta di un ossimoro o, al contrario, di una concezione piuttosto coerente?
L’espressione “realismo cristiano” può sembrare un ossimoro per l’apparente inconciliabilità tra gli ideali evangelici e le logiche del potere politico. Tuttavia, si tratta di una prospettiva coerente, fondata su un’antropologia cristiana che riconosce l’ambivalenza della natura umana: creata a immagine di Dio, ma segnata dal peccato. Questo approccio non nega i conflitti, l’egoismo e l’ambiguità della politica, ma nemmeno rinuncia a difendere e perseguire valori come la giustizia, la prudenza e l’umiltà. In tal senso, si può dire che il “realismo cristiano” non è cinico e nemmeno utopico: è “realistico” perché prende sul serio la condizione umana alla luce del peccato, ed è “cristiano” perché conserva la tensione verso il bene che contraddistingue ogni tentativo umano. Non si tratta di una giustapposizione artificiale tra fede e politica, ma di una sintesi che rifiuta tanto il perfettismo quanto il disincanto, cercando forme responsabili e limitate di ordine e giustizia.
In Un brav’uomo è difficile da trovare lei si focalizza sulla riscoperta che Niebuhr fa di Agostino. Perché è così importante e quali sono le sue coordinate?
La riscoperta di Agostino è fondamentale per la visione teologico-politica di Niebuhr. Considerato da Niebuhr il «primo grande realista» della storia occidentale, Agostino gli offre un’antropologia cristiana capace di sfuggire sia un’eccessiva confidenza nella ragione e nella bontà umana, sia un eccessivo disprezzo per il mondo. Niebuhr valorizza l’idea agostiniana di un uomo segnato dal peccato e spinto dall’amor proprio, ma che resta capace di bene, in quanto creatura di Dio. Da questa tensione nasce un realismo disincantato ma non cinico, che riconosce il conflitto e l’egoismo come elementi ineliminabili dalla politica, ma cerca comunque forme imperfette e provvisorie di giustizia. Edificato su una speranza escatologica, il pensiero di Niebuhr rilegge Agostino per proporre un realismo cristiano che rende l’uomo capace di agire nella storia senza però idolatrarla, dal momento che il significato ultimo è al di là di essa.
Per Niebuhr, l’antropologia realista di matrice cristiana invita l’uomo a rifiutare quelle che lei chiama «l’illusione pelagiana» e «la tentazione gnostica». Ci può spiegare brevemente questo punto cruciale?
Per Niebuhr, la riscoperta dell’antropologia cristiana agostiniana costituisce l’architrave di un realismo politico che rifiuta due derive moderne. La prima – l’«illusione pelagiana» – crede nel carattere redentivo del progresso storico, sottovalutando l’egoismo umano e idealizzando la ragione, la tecnica e la storia. Niebuhr, seguendo Agostino, denuncia tale visione come ingenua, poiché ignora la realtà del peccato e dell’amor proprio, come fonte di disordine individuale e sociale. La seconda – la «tentazione gnostica» – interpreta il male come necessità ontologica, generando un disprezzo per il mondo e per la storia. Anche questo approccio è respinto da Niebuhr. La storia, pur segnata dal male, resta un ambito in cui si può agire con responsabilità e speranza, in cui l’uomo può erigere una qualche forma di giustizia, seppur sempre imperfetta. Niebuhr propone così una via realista e cristiana alla politica: né utopica né cinica, ma aperta alla trascendenza e consapevole del limite umano.
I riferimenti precedenti a sant’Agostino ci conducono, volenti o nolenti, a papa Leone XIV, che si è definito suo «figlio». Cosa implicherà questo nell’azione del suo pontificato?
È sempre difficile fare previsioni. E, sinceramente, non voglio nemmeno sbilanciarmi troppo, al fine di evitare l’errore – o, forse, la malizia – di molti osservatori, che stanno cercando di “incasellare” il Santo Padre, anche se in pochi conoscevano davvero la figura di Robert Francis Prevost prima della sua elezione. Leone XIV, come egli stesso ha tenuto subito a ricordare, è davvero «figlio» di Agostino. Che cosa può voler dire tutto ciò? Soltanto tre brevi accenni: innanzitutto, il riconoscimento della presenza del conflitto in ogni condizione dell’esistenza umana; poi, la consapevolezza che la pace non è semplice assenza di guerra, bensì «tranquillitas ordinis», ossia una disposizione all’armonia e alla concordia che nascono soprattutto a partire dal cuore di ogni essere umano; infine, la convinzione che il fine ultimo della politica (che pur rimane un’attività secondaria) è sempre rappresentato dalla pace (che può essere raggiunta soltanto nell’amore di Dio).

Reinhold Niebuhr, Realismo cristiano e potere politico, a cura di Luca G. Castellin e Giovanni Dessì, Scholé 2025, 208 pagine, 17 euro.
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